Intervista al dott. Emilio Serlenga, Centro trasfusionale SS. Annunziata

«Lavoriamo a stretto contatto con Ematologia e le associazioni del territorio. L’importanza di interfacciarsi con l’Admo. Taranto soffre, ma reagisce a epatite, talassemia e patologie neoplastiche»

 Ospite gradito della rubrica “Assistenti e assistiti” a cura della Cooperativa Costruiamo Insieme, il dott. Emilio Serlenga, direttore del Centro trasfusionale dell’ospedale SS. Annunziata di Taranto.

Qual è l’attività principale del suo reparto?

«Il Centro è un reparto  importante per la sua attività svolta a trecentosessanta gradi in quanto rivolta a svariate tipologie di utenza; oltre alla normale raccolta di sangue, infatti, è nostro compito garantire anche la sua erogazione. E’ nostro impegno collaborare con i reparti di trapianto di midollo, nello specifico con quello di Ematologia – diretto dal dott. Patrizio Mazza – per ciò che attiene il prelievo di cellule staminali da sangue periferico; e, ancora, a seguito delle ultime delibere regionali, siamo diventati polo di reclutamento per il prelievo di sangue per la tipizzazione di midollo osseo, oltre ad essere fortemente coinvolti in tutte le procedure previste per il risparmio del sangue».

Il rapporto fra sangue donato e sangue richiesto?

«Nonostante gli sforzi compiuti insieme con le associazioni di volontariato, in Italia, e nello specifico al Sud, esiste una sottile distanza fra quantità di sangue donato e quantità richiesta per le trasfusioni. Su richiesta a livello nazionale, il Centro trasfusionale ha, inoltre, l’obbligo  di impegnarsi nella fornitura di plasma da scomposizione del sangue intero e da  aferesi per la trasformazione industriale in plasmaderivati, ancora oggi fortemente carenti nelle regioni del Sud.  Ciò si ripercuote sul risparmio nel Sistema sanitario, obbligato ad acquistare all’estero quel plasma non prodotto attraverso la donazione. Detto questo, lo stesso direttore del Centro nazionale sangue, ildott. Giancarlo Maria Liumbruno, ha dichiarato che nel 2017 l’Italia ha risparmiato qualcosa come un miliardo di euro nell’approvvigionamento di plasmaderivati rispetto all’anno precedente grazie all’incremento della produzione di plasma da donazione, dato che rende l’idea sulle cifre che circolano nel settore».SerlengaLa mole di lavoro fra personale medico e paramedico.

«Con l’aiuto delle diverse associazioni che ci sostengono, preleviamo almeno ventimila unità di sangue: il problema è che ne eroghiamo quasi altrettanto; consideriamo, inoltre, che fra il sangue prelevato e quello effettivamente a disposizione, c’è sempre uno scarto legato alle eliminazioni di unità per la loro non idoneità, per problematiche spesso legate al nostro territorio: la Puglia, infatti, è una delle regioni con un numero elevato ancora oggi di portatori sani di epatite B ed epatite C. Corriamo, insomma, il rischio di annullare per positività – in quanto esistono donatori nuovi – un gran numero di unità prelevate che avrebbero dovuto essere, invece, disponibili per le trasfusioni. Taranto, inoltre, ha un elevato numero di pazienti che hanno la  talassemia – trasfusione dipendente – che richiede un quantitativo di sangue pari al 20-25% del sangue prelevato; con questi numeri andiamo spesso in difficoltà, ma non nascondiamo che il nostro obiettivo è diventare totalmente autonomi».

Puglia, si soffre di epatite B e C, da cosa dipenderebbe?

«E’ una condizione preesistente alla Medicina trasfusionale; dal punto di vista epidemiologico, la percentuale di casi di epatite B e C in Puglia, e in gran parte del Sud Italia, è notevolmente superiore rispetto all’Italia in generale, a sua volta superiore rispetto agli altri Paesi europei».

Cosa si è fatto nel frattempo. 

«In Italia, il test diagnostico di epatite C è stato introdotto nel 1990, mentre in Inghilterra per fare un confronto la stessa prova d’esame è diventata obbligatoria solo qualche anno fa. Da noi il problema andava gestito con una diagnostica accurata, mentre in Inghilterra questa necessità non era ancora considerata: per gli inglesi, oggi, questa prassi è diventata necessaria anche in seguito ai flussi migratori, storicamente importanti, anche dalla stessa Europa verso il loro Paese».
Serlenga 3La domanda di trasfusioni a Taranto rispetto alla media nazionale.

«E’ complicato parlare di “domanda” a livello locale. Non esiste un indicatore certo: si può, infatti, avere una richiesta minima di sangue a Taranto e, allo stesso tempo, una domanda di ricovero di pazienti con la stessa necessità, ma provenienti dal resto della Puglia. Per quanto riguarda i pazienti tarantini, però, possiamo dire che il numero di richieste è sostanzialmente nella media nazionale, forse con appena qualche punto sopra, avendo il reparto di Ematologia molto impegnato; il Pronto soccorso, per esempio, è chiamato a far fronte a un elevato numero di incidenti stradali. E infine, ma non ultime, le problematiche ambientali: queste costringono i pazienti con patologie neoplastiche, non ematologiche, a subire terapie fortemente invasive, debilitanti, che spesso necessitano un supporto trasfusionale».

Utenza, rapporto con le associazioni di volontariato del territorio e timori da sfatare a proposito dei prelievi.

«Da quando sono a Taranto, ho sempre trovato un punto di contatto con le associazioni. Attivate positivamente nel rapporto con i giovani, le stesse si sono aperte anche all’interlocuzione con l’associazione Admo, essendo Taranto una delle città più attive in campo nazionale per la tipizzazione del midollo osseo. Abbiamo tutti lo stesso obiettivo: contare su donatori in buona salute, per quanti, meno fortunati, potranno giovarsi del loro gesto di solidarietà. Un donatore in buona salute diventa un esempio positivo per gli altri. Ancora oggi, però, abbiamo un rapporto popolazione/donatori inferiore rispetto alla media. Ribaltare il trend negativo è possibile solo con una collaborazione onesta e sincera. E nelle associazioni del territorio sono riuscito a trovare interlocutori seri».