Palermitana, aveva solo chiesto i suoi diritti

«Ho fatto pulizie domestiche in nero, ho studiato, mi sono diplomata, sono stata assunta: quando ho chiesto rispetto mi hanno mandata a casa; nonostante avessi detto che avevo bisogno di quei soldi…». Una lettera “inviata” a Giorgia Meloni: «Noi giovani vogliamo lavorare, senza essere trattati come schiavi!»

 

C’è un giornale on-line che in brevissimo tempo ha polverizzato i numeri di testate importanti, sostenute da brand storici, dunque con la strada spianata, anche in termini di contribuzioni. Sede a Napoli, gruppo editoriale Ciaopeople Media Group, direttore Francesco Cancellato, il giornale è fanpage.it.

In poco più di dieci anni, non solo si è guadagnato un importante numero di lettori, ma nel tempo ha conquistato qualità e, soprattutto, fiducia. Non sapremmo, infatti, come chiamare la grande disponibilità, specie da parte dei ragazzi, a raccontare le proprie storie di disagio giovanile proprio a fanpage.it.

La scorsa settimana abbiamo scritto di Domenico Dolce, della provocazione dello stilista ai giovani che, a suo dire, «non hanno voglia di lavorare e pensano che io, nella mia Sicilia, venga con valigie piene di soldi da distribuire ai ragazzi in cerca di reddito».

Questo tema ha fatto arrabbiare un po’ di ragazzi che hanno risposto per le rime a Dolce che con Stefano Gabbana è il titolare di una delle Maison più importanti al mondo. Non solo giovani delusi, piccati, come se stendessero un braccio per chiedere anche un modesto contributo pur di sopravvivere. Sul tema è intervenuto anche il Corriere della sera che, attraverso una sua popolare collaboratrice, ha risposto punto su punto alla provocazione dello stilista.

 

 

CONFESSIONE ON-LINE

Fanpage.it, come spesso accade, ha fatto in qualche modo da attrattore, registrando il disappunto e pubblicando alcune delle lettere, delle considerazioni di questi ragazzi il più delle volte abbandonati ai social e alle proprie illusioni.

Una di queste “confessioni” è stata pubblicata in questi giorni. Protagonista Ilaria, appena venti anni, più di qualche esperienza “in nero” alle spalle – “da queste parti il più delle volte funziona così…”, spiega – assunta di recente, ma subito dopo licenziata. A causa di una delle frasi che di solito fanno imbestialire i datori di lavoro: “Vorrei che rispettasse i miei diritti”. Ilaria, licenziata in tronco.

«Sono una ragazza di 20 anni – racconta al giornale on-line la ventenne palermitana – vivo nella mia città; diplomata in amministrazione, finanza e marketing già da un anno, ho sempre amato studiare, ma ho dovuto rinunciare all’università per problemi economici». Ecco già il primo intoppo, gli studi universitari. Dopo la rivoluzione sociale a cavallo fra i Sessanta e i Settanta, quando lo studio era in qualche modo accessibile a tutti, oggi siamo tornati ai tempi in cui studia o, comunque, si laurea chi può permettersi tasse universitarie, l’affitto di una stanza lontano da casa, una spesa seppure modesta, comunque insostenibile per molte tasche.

 

 

FORZA E CORAGGIO

Ilenia, forte. «Ho deciso di lavorare per essere indipendente: come risaputo, qui a Palermo se vuoi lavorare devi lavorare in nero; lavoro in nero da quando ho 16 anni, faccio la donna delle pulizie facendomi pagare 8 euro all’ora, che ormai non sono neanche troppi: in questo arco di tempo ho conosciuto maniaci, famiglie benestanti, universitari…».

Prima un titolo di studio. «Da quando mi sono diplomata ho cercato in tutti i modi possibili di trovare un altro lavoro che mi valorizzasse, quello per cui valeva la mia dignità, ho sempre voluto il meglio per non fare la fine dei miei genitori che mi hanno cresciuta in strada non facendomi mancare mai nulla. Ho fatto centinaia di colloqui in questi mi sono sentita dire: “La cerchiamo con esperienza”, “Non hai la patente”, “Sembri una bambina, non va bene per il negozio”. Per non parlare di tutte le altre candidature che non sono mai state prese in considerazione».

 

 

DIRITTI NEGATI E BENSERVITO

Diritti negati e benservito. «Quest’oggi sono stata licenziata perché ho chiesto e non preteso dei diritti sul lavoro, mi hanno umiliata per il lavoro che svolgo, al punto che ho pensato di pregarli per non licenziarmi per bisogno. Questa sera ho deciso di scrivervi per sfogarmi, chiedere alla Meloni cosa stia facendo per noi giovani. Noi giovani che continuiamo a illuderci per uno stipendio che possa garantire le nostre future famiglie, noi giovani che continuiamo a illuderci di poter realizzare i nostri sogni, ma i sogni con un contratto da stage per 6 mesi per poi mandarti a casa perché non servi più, come li realizziamo?».

Questo, Ilenia, proprio no. «Ho pensato persino a suicidarmi perché comincia a pesarmi troppo la questione del “lavoro” mi sono stancata di soffrire, di illudermi di arrivare dove è proprio impossibile arrivare. Ho preso in considerazione l’idea di andare al nord ma ho un cane di taglia piccola che in casa non accetta nessuno. Cara Meloni, sono divisa a metà tra la voglia di vivere e la voglia di non voler più soffrire, ho rinunciato agli studi per essere indipendente, per non dipendere mai da un uomo. Spero che questo messaggio possa arrivare a lei, non parlo solo per conto mio perché sono sicura che la maggior parte dei giovani si trova nella mia stessa situazione. Noi giovani vogliamo lavorare ma non vogliamo essere schiavi di nessuno!».