Il villaggio, il carcere e l’amore
A volte capita che, seduto davanti al computer alle prese con il racconto di una storia di vita appena raccolta, fissi il foglio bianco senza sapere da dove iniziare anche se tutto ciò che hai ascoltato continua a girare nella testa e hai dieci pagine di appunti.
Questa è una di quelle volte, uno di quei giorni in cui ti accorgi di non essere di fronte a una storia qualsiasi e che l’abitudine a parlare e leggere del degrado civile e sociale, della disumanizzazione dei processi che ci ingoiano quotidianamente porta allo scoperto limiti profondi, sovrastrutture delle quali, inconsciamente, restiamo vittime.
Quella di Rosemary ed Edoardo, ospiti del CAS Bitonto, è una storia d’amore che due mesi e cinque giorni fa ha dato alla luce Brithness, una bellissima bambina che non smette di fissarmi . Tiene le manine strette a pugno mentre è fra le braccia del papà.
Lui camerunense di 24 anni, lei nigeriana di 20. Si sono conosciuti in Nigeria dove Edoardo lavorava come commerciante giunto dal Camerun in un mercato e Rosemary in un laboratorio tessile. Tra i due è scoppiato un amore così profondo e indissolubile che li ha portati fino in Italia per vedere realizzati i loro sogni. In realtà, il loro progetto iniziale era diverso: quando si accorgono di aspettare un figlio, Rosemary ed Edoardo decidono di trasferirsi in Camerun, di tornare nel villaggio natale di lui per mettere su famiglia e trascorrere una vita insieme. Ma, giunti a destinazione, le cose non sono andate come si aspettavano: “Se vuoi sposarti devi prendere una di qua e cacciare subito lei!” ha detto a Edoardo la sua famiglia con l’appoggio dei Saggi del villaggio.
Rifiutati dalla comunità, ma trasportati dalla forza dell’amore, i due sono scappati e hanno raggiunto a bordo di un camion la Libia dove li aspettava la permanenza in un campo profughi. In quel campo ci sono rimasti circa sei mesi e, nel frattempo, Edoardo ha lavorato come piastrellista e muratore per mettere insieme i soldi per il viaggio verso il futuro, la partenza verso l’occasione buona per scappare da quell’inferno. Un giorno entra in contatto con una organizzazione che pianifica i viaggi, trafficanti di uomini pronti a tutto. Nel porto, dopo aver pagato 2400 dinari, vengono fermati dalla polizia libica e arrestati: due mesi di carcere e tanti soldi persi.
Ecco, Brithness nasce in un carcere libico. Senza assistenza sanitaria, nessun ospedale, nessun medico.
Edoardo, che nel frattempo non ha smesso di cercare una via di fuga, riesce a ricontattare i trafficanti: questa volta “bastano” 1200 dinari per imbarcare la famiglia su un gommone. Alle 2 di notte il gommone prende il largo. Loro tre sono a bordo: è il primo viaggio di Brithness. Alle otto della mattina una nave delle ONG li rintraccia al largo. Sono salvi. Brithness, il loro tesoro, è salva. La visione di quella nave sembra spalancare le porte del loro futuro. Sbarcano in Sicilia, a Trapani. Dopo le procedure di rito e un altro lungo viaggio giungono al CAS Bitonto un mese circa fa.
“Ora siamo tranquilli, ma soprattutto fiduciosi –dice Edoardo- e il mio unico pensiero è quello di creare le condizioni per far vivere bene la mia famiglia. Ho sofferto abbastanza e ora credo che le cose possano cambiare”. Rosemary aggiunge: “Non voglio andare in un altro Paese. Vogliamo restare in Italia perché è un Paese accogliente e le persone sono brave. Ora dobbiamo pensare anche a Brithness, a tutto ciò di cui avrà bisogno. E qui non le mancherà nulla”.
Ci salutiamo, la bimba deve mangiare. Non so descrivere l’intensità degli sguardi fra Rosemary ed Edoardo, la loro intesa, il loro essere famiglia nonostante condizioni precarie. Eppure e liberi da pregiudizi e sottomissioni. Questa volta ha vinto l’amore. Speriamo succeda più spesso!