Il viaggio di Viera tra fede e lavoro

«Chi mi ha salvato la vita poi mi ha mandato via». La storia di Coulibaly Hamed Viera è una storia di amore e intolleranza, raccolti in un’unica vita. Anzi due. La sua e quella di suo zio: l’uomo che lo ha accolto, accudito e cresciuto quando Viera ha perso i genitori e poi per differenze religiose lo ha allontanato costringendolo a intraprendere un viaggio che dalla Costa d’Avorio lo ha portato fino a Taranto.

«Mio padre – racconta il 17enne – non l’ho mai conosciuto. Sono nato ad Abidjan, sulle rive dell’Oceano Atlantico Meridionale. Non ricordo nulla di quella città: avevo due anni quando mia mamma è morta e ho lasciato l’oceano e sono andato a vivere a Daloa, la terza città ivoriana. Dopo la morte di mia mamma è stato mio zio a venirmi a cercare e a portarmi nella sua casa. Mi ha accudito e mi ha mandato a scuola». Era felice Viera, non immaginava quello che una volta adolescente sarebbe accaduto. «La famiglia di mio zio è musulmana e non ha mai accettato che io fossi di religione cristiana: mi è stato chiesto più volte di convertirmi, ma io non ho mai voluto abbandonare la mia fede».

Viera è stato prima in Burkina Faso e poi in Niger fino a quando ha raggiunto le coste della Libia: «da lì mi sono imbarcato per raggiungere l’Italia: eravamo oltre 130 su quella barca, sono stati momenti terrificanti».

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È giunto a Taranto qualche mese fa, ospite della cooperativa Costruiamo Insieme: «Qui sto bene, sono tutti generosi con me, ma non voglio approfittare della gentilezza: ho voglia di costruirmi il mio futuro, non voglio stare con le mani in mano». Con la cooperativa ha iniziato a frequentare un corso di formazione: «mi piace perché mi aiuta a imparare la lingua e anche un mestiere: faccio teoria e pratica di edilizia e costruzioni e sento che quel lavoro potrà permettermi di avere una mia vita».

Vorrebbe rimanere in Italia Viera: «mi trovo bene qui, ma ti ripeto che voglio impegnarmi per lavorare: voglio crescere e dimostrare che anche io posso fare qualcosa di utile a questo Paese. Magari qualcosa di piccolo, ma anche le piccole cose servono per andare avanti».