Epifania, ovvero, “apparire dall’alto” o “manifestarsi”.
Mutuato dall’antichità, questo termine è stato associato alla visita dei Magi a Gesù in quella grotta di Betlemme che è ancora oggi per la cristianità e per l’umanità in genere un grande simbolo di speranza, forse il più grande: il primo incontro pubblico, “ufficiale” del Cristo che si fa uomo per portare un messaggio di liberazione in tutti i sensi, non solo dal peccato.
Liberazione, meglio “libera-azione”, un messaggio straordinario che lascia l’uomo dentro una dimensione di libero arbitrio, uno spazio senza confini oltre quelli strettamente necessari dell’inizio e della fine.
In queste ultime settimane abbiamo ricordato che un Dio (quello in cui io credo) si è fatto uomo nella necessità di parlarci un po’ più da vicino preso atto che da lontano abbiamo qualche problema a recepire, l’avvento di un nuovo anno che segna uno sparti acque per le questioni fiscali e ci ricorda che il tempo inesorabilmente scorre e invecchiamo anche male, il riconoscimento ufficiale che una via di uscita esiste.
Ma nella pluridimensionalità odierna bisogna pur collocarsi in qualche modo perché, seppure liberi di scegliere, consapevolmente o inconsapevolmente, vivi dentro uno schema che scegli o ti sceglie, che ti piace o che subisci, che ti consente di muoverti o ti incatena senza che l’intreccio del ferro sia visibile.
Io ho vissuto tanti Natali in pochi giorni, per fortuna diversi fra loro.
Ma riporto solo due situazioni per sintetizzare un discorso che potrebbe non avere mai fine.

La bellezza della convivenza e della condivisione.
Sembrerà cosa da poco, magari una gara da scuola elementare, ma quella che a me piace definire la festa dell’albero (che ha poco a che fare con il Natale) e che ha visto l’intera comunità di Costruiamo Insieme unirsi e condividere, anche a distanza, un momento di gioia e di incontro è piaciuta molto per lo spirito che la ha animata.
Scegliere il tema, costruire gli addobbi, partecipare alla materializzazione di una tradizione che non ti appartiene, farsi parte attiva di quella vita nuova auspicata mantenendo salde le proprie radici, vedere uomini e donne che hanno attraversato un intero Continente confrontarsi in maniera partecipativa su un “progetto” importante come il più bello degli alberi di Natale possibile, a me ha restituito un senso ed una convinzione: le cose non accadono per caso e non vanno guardate, devono essere viste e bisogna avere la capacità e lo stomaco di sporcarsi le mani per arrivare alle viscere delle stesse per godere del profumo come della puzza.
E poi, chi ha deciso che il profumo non puzza?
Per me, questo è Natale! E sono felice perché, a differenza di altri, lo festeggio tutti i giorni con persone che non so e non mi interessa sapere quale religione professano.

Natale all’ipermercato.
Mentre un numero inquantificabile di persone si sposta nel mondo in cerca di cibo, qualcosa da mangiare, anche arbusti o erbe varie, la fila alle casse dell’ipermercato e i carrelli pieni di roba (che in gran parte sarà buttata) sembra la scena di un film horror.
Io, previdente come sempre, mi metto in fila con una risma di carta sotto il braccio.
Si, ho finito la carta ed è il 24 dicembre!
“Possibile? Devo solo pagare solo questa!”.
Davanti a me una signora. Non uno, ma due carrelli pieni di roba e, davanti a noi una ventina di persone.
In risposta alla mia affermazione, placidamente la signora incappottata si gira e mi risponde “Ma è Natale!”.
Dal profondo della mia spontaneità e con la garbatezza che mi ha insegnato Nicole ho risposto alla signora che, forse, era il suo modo di vedere il Natale e degli altri che erano in coda. Non il mio!