Il giornalista Franco Di Mare lo rivela a Fabio Fazio in diretta tv (Nove)
Durante il collegamento, l’ex direttore di tg in Rai, si mostra in con un tubicino. «E’ un respiratore che mi permette di essere qui: mi sono preso il mesotelioma, un tumore molto cattivo e ora lotto per i miei diritti». I suoi ex colleghi si sono dileguati, non rispondono al telefono. «Spariti tutti, non capisco l’assenza dal punto di vista umano: davanti a comportamenti simili trovo solo un aggettivo: ripugnanti»
La notizia, si dice in casi simili, circolava da tempo, ma nessuno aveva voluto essere il primo a segnalarla. A meno che non fosse stato il diretto interessato, il giornalista, Franco Di Mare, napoletano, sessantotto anni, volto popolare della tv.
E così è stato. Nei giorni scorsi, facendosi forza, ha accettato l’invito di Fabio Fazio. Per parlare della sua condizione drammatica, di un male grave che lo ha assalito e lo starebbe annientando, tanto che per combatterlo Di Mare ha manifestato il suo status. «Sono collegato a un respiratore che mi permette di essere qui, in diretta tv: purtroppo mi sono preso il mesotelioma, un tumore molto cattivo: questo tubicino che mi corre sul viso», ha indicato il giornalista al conduttore di “Che tempo che fa”, trasmissione in programmazione sul NOVE, in modo che anche i telespettatori se ne accorgessero.
Il mesotelioma, dicono gli esperti, sarebbe legato alla presenza dell’amianto nell’aria. Si prende attraverso la respirazione di particelle di amianto, senza rendersene conto. Lo racconta Di Mare, con grande coraggio. «Una fibra d’amianto – prosegue lo sfortunato giornalista – è seimila volte più piccola di un capello, seimila volte più leggera: una volta liberata nell’aria non si deposita più per terra; ha un tempo di conservazione lunghissimo, può restare lì in attesa anche trent’anni, e, purtroppo, quando si manifesta, di solito è troppo tardi».

INVIATO IN GUERRA…
Di Mare è stato inviato di guerra con la Rai. Per la tv pubblica ha seguito i più importanti conflitti degli ultimi anni: Bosnia, Kosovo, le due Guerre del Golfo, Afghanistan. Poi i ruoli in veste di dirigente, da vicedirettore di Raiuno a direttore di Raitre, fino a diventare direttore generale dei programmi.
Uno degli aspetti più imbarazzanti della vicenda, l’assistenza. L’istituto Inail spiega che la pratica di malattia professionale per Franco Di Mare non sarebbe “bloccata” secondo quanto riferito in alcuni articoli apparsi sulla stampa. A dicembre, l’Inail ha preso atto che si trattava di “persona non tutelata” secondo le normative Inpgi, l’Istituto nazionale di Previdenza dei giornalisti: le malattie dei professionisti dell’informazione – spiega –titolari di un rapporto di lavoro subordinato sono tutelate a partire dal 2024, vale a dire dopo la fine del periodo transitorio di passaggio dalla tutela dell’Inpgi a quella dell’Inail, che ha accorpato a sé il rapporto previdenziale dei giornalisti.
Roberto Sergio, amministratore delegato Rai, ha espresso sui social la sua solidarietà. «Non ero a conoscenza fino ai resoconti stampa dello stato di salute del collega e delle sue reiterate richieste, gli sono vicino umanamente».

«MA LA PARTITA NON E’ FINITA»
Severo, invece, l’intervento di Di Mare, a proposito della sua ex azienda. «Tutta la Rai dopo la scoperta della malattia – ha dichiarato il giornalista – si è dileguata: posso capire che esistano delle ragioni di ordine sindacale, legale, ma io chiedevo alla Rai lo stato di servizio, che è un mio diritto. Ho chiesto: “Mi fate un elenco dei posti dove sono stato? Perché così posso chiedere cosa si può fare?”. Sono spariti tutti. Quello che capisco meno è l’assenza sul campo umano. Quelle persone a cui davo del tu, sono sparite, si negavano al telefono, a me: davanti ad un atteggiamento del genere trovo solo un aggettivo: ripugnante».
Poi la chiusura che dà una grande emozione. «Ho avuto una vita bellissima – ha concluso Franco Di Mare – le mie memorie sono piene di vita: non voglio fossilizzarmi attorno all’idea di morte, voglio legarmi all’idea che c’è la vita. Mi è dispiaciuto tanto scoprirlo solo ora. Non è ancora tardi perché, come diceva il tecnico Vujadin Boskov: partita finisce quando arbitro fischia: il mio arbitro non ha fischiato ancora».