Nati nelle nostre acque, i grampi nascono, crescono e tornano a “casa”
Culla dei cetacei, grazie al lavoro e allo studio della Jonian Dolphin Conservation. Nel mondo leggiamo e assistiamo ad autentiche mattanze, qui trovano rifugio delfini e altri mammiferi. Rispettiamo il mare e gli spazi di questi delfinidi che, a modo loro, manifestano affetto e riconoscenza
Meno male che c’è il Golfo di Taranto, gli studiosi della Jonian Dolphin Conservation (JDC), il Cielo ce li conservi. Ultima notizia: la presenza di grampi, qualcosa di simile ai delfini, già segnalata qualche mese fa: delfinidi, ma senza quel curioso e divertente muso dei “cugini”.
La mattanza, ennesima, contro i delfini, nelle isole Fær Øer, Nazione costitutiva del Regno di Danimarca (per motivi legati alla tradizione) e la caccia estesa alle balenottere nelle acque del Giappone (per motivi di carattere economico), sono notizie che nel fine-settimana per chi ama la natura, ci gettano nello sconforto. Ma l’uomo è così: si spaventa del cambiamento climatico, degli orsi che muoiono nel loro habitat naturale per via dei ghiacciai che si sciolgono; delle bombe d’acqua che scatenano alluvioni, seminano terrore e morte. “Colpa nostra”, ammette qualcuno. Ma siamo sempre al di sotto nella media e fino a quando non ci sarà chi farà rispettare regole che possano salvare il pianeta, il destino è segnato.
Hai voglia a firmare petizioni, a lanciare appelli: il così educato e civile Giappone, che fa lunghe file a teatro, in metropolitana (dove se una “metro” arriva con un ritardo di mezzo minuto, da un altoparlante c’è chi si scusa…), allo stadio, dove dopo aver assistito a un evento, fatto uno spuntino, raccoglie cartacce, borse e cibo di risulta, pulisce spalti e spogliatoi e lucida anche, proprio non vuol saperne. Le balene vanno cacciate, questione di danaro; anzi, adesso, che hanno avuto l’autorizzazione ad ammazzare anche le balenottere, il Cielo ce ne scampi.
MATTANZA CONTINUA…
E che dire delle Fær Øer, dove ogni anno pescatori a bordo di imbarcazioni spingono verso morte certa centinaia di delfini, socievoli e giocherelloni per antonomasia? In una insenatura ad attendere queste povere bestie, centinaia di “complici” che armati di tutto punto compiono una carneficina. Non esistono colpi proibiti: i delfini vengono giustiziati, fatti a pezzi. E’ l’usanza: per tradizione quello specchio d’acqua deve tingersi di rosso. Ma si può? In un’epoca nella quale sono diminuite drasticamente le corride, non si ammazza più per fare spettacolo, possibile che Paesi che si sentono così forti, non possano essere fermati?
I nostri appelli saranno regolarmente ignorati, figuriamoci. Non è, né sarà mai ignorato, invece, l’impegno di Carmelo Fanizza e i suoi colleghi della JDC, che in questi giorni ci hanno deliziato con un’altra delle loro notizie: questa estate, ci informano, il Golfo di Taranto si è confermato come la “culla dei cetacei”. Non solo per le colonie stanziali dei delfini più comuni, come la stenella striata e il tursiope, ma anche per i grampi, i simpaticissimi delfinidi caratterizzati dall’assenza del muso.
La conferma arriva dall’attività di monitoraggio svolta dalla Jonian Dolphin Conservation, l’associazione di ricerca scientifica che da quindici anni studia e tutela la presenza dei cetacei nel Golfo di Taranto e nel Mar Ionio Settentrionale.
Negli ultimi mesi nel Golfo di Taranto i ricercatori della JDC hanno avvistato due cuccioli di grampo appena nati che nuotavano vicino alle loro mamme, Cometa e Falco; nei cetacei sono le madri a prendersi cura dei cuccioli, uno per volta generalmente, allattandoli ed insegnando loro a nuotare e cacciare per tre o quattro anni.
UNO STUDIO COSTANTE…
Ma come fanno i nostri studiosi a conoscere e approfondire la loro conoscenza su questi ospiti ormai di casa nelle nostre acque? «Grazie a un algoritmo messo a punto dallo Stiima- CNR di Bari – spiega Francesca Santacesaria, assegnista di ricerca Uniba e responsabile attività di ricerca della JDC – riusciamo a riconoscere i cetacei: sui loro corpi, e più in particolare sulla pinna dorsale o caudale, presentano dei segni caratteristici, dei marker naturali come cicatrici o tacche sui margini, che rappresentano delle vere e proprie impronte digitali: ad ogni animale è assegnato dalla JDC un nome che permette di identificarlo in futuro».
«Questa tecnica – riprende Santacesaria – si chiama foto-identificazione: ci basta una fotografia per capire se si tratta di un individuo “nuovo” o se abbiamo lo già incontrato in passato; in questo caso, confrontando le foto con quelle della nostra banca dati, possiamo anche risalire alla sua storia e studiarne le migrazioni; di ogni sinolo cetaceo riusciamo così anche a seguire la crescita di anno in anno, analizzare la struttura sociale e gli spostamenti del gruppo cui appartiene».
Ogni giorno i due catamarani della JDC escono in mare con a bordo i soci dell’associazione coinvolgendoli nelle attività di citizen science che, tra l’altro, prevedono proprio l’osservazione dei cetacei incontrati, raccogliendo così dati fondamentali per la loro tutela e la loro “identificazione”.
…DA QUINDICI ANNI
Così questa estate i ricercatori della JDC hanno osservato, oltre ad alcuni cuccioli new born, anche il ritorno nel Golfo di Taranto, dopo cinque anni di assenza, di tre grampi il cui primo avvistamento avvenne nel 2013: sono Erard, Svirgolo e Jonathan, tre maschi che hanno mantenuto un forte legame nel tempo.
Tra gli individui osservati quest’anno ci sono anche Alessandro e Mario, due giovani grampi maschi individuati per la prima volta nel 2018, quando, appena nati, nuotavano al fianco delle loro mamme, Dalmata e Surf.
In questi anni, Alessandro e Mario sono sempre stati molto carismatici e si sono fatti riconoscere per il loro comportamento esuberante. Ancora piccolissimi nuotavano con la mamma, curiosi si avvicinavano alle imbarcazioni degli studiosi. Giocavano con altri cuccioli e, perché no, “disturbavano” i maschi adulti tentando di attirare la loro attenzione. Grazie alla foto-identificazione, gli studiosi seguono la loro crescita e, ogni anno, ritrovarli e trovarli diversi, più grandi, più marcati, ormai indipendenti dalle mamme, fa emozionare. Parola di studiosi.