Dibattito a più voci in difesa delle fasce deboli
Interventi autorevoli. Studenti, extracomunitari, collaboratrici familiari dell’Est. Una risposta ad ogni domanda. L’impegno del CPA, Centro per l’istruzione agli adulti e la disponibilità del “Pacinotti”.
Si torna a parlare di sociale, a più voci, alla luce del progetto promosso nei giorni scorsi, quando ancora non circolava il decreto della Presidenza del Consiglio sulla sicurezza sanitaria e sulla conseguente chiusura delle scuole in via precauzionale. Nei giorni scorsi, in occasione della Giornata mondiale della giustizia sociale organizzata nell’Aula magna dell’Istituto scolastico “Pacinotti” di Taranto si è svolto un interessante dibattito che aveva per tema “Uguaglianza, rispetto, libertà, onestà (URLO)”. Presenti tutti gli attori utili al dibattito. Da rappresentanti di Asl, Unicef e Regione, medici, legali, una sociologa, un teologo, un assistente sociale, coordinatore di un Centro di accoglienza. C’è anche una componente sindacale, che non guasta mai, considerando che i ragazzi, le fasce deboli hanno sì bisogno delle indicazioni giuste, ma anche di assistenza. Il poco sì, ma garantito, che non a caso viene liquidato con la locuzione “minimo sindacale”.
Non mancano i ragazzi, gli studenti delle scuole superiori invitati dal CPA, il Centro provinciale per l’istruzione agli adulti, diretto da Oronza Perniola, e con sede in corso Vittorio Emanuele II a Taranto, che organizza il convegno a più voci. Introducono ai lavori, i docenti scolastici del CPA, Alessandra Picaro, ideatrice del progetto, e la vicepreside Daniela Meli. E, non ultimi, anzi, tutt’altro che ultimi, in quanto attivi anche nel corso del dibattito, ragazzi extracomunitari, provenienti da Paesi africani, e donne dell’Est, impegnate nei lavori domestici e nell’attività di badanti. Fra i diversi interventi, fioccano slide, video e domande. Ai quesiti, dopo il loro intervento, rispondono i diversi ospiti messi in relazione fra loro per animare il confronto.
Fra questi, Giuseppe Stasolla, presidente del Comitato consultivo misto Asl Taranto; Marco del Vecchio, dottorando di ricerca; Ignazio Galeone, assistente sociale, coordinatore CAS; Tiziana Magrì, referente Neet Equity Unicef; Agnese Curri, referente regionale Save the children; Carmine Iannelli, psicanalista; Consuelo Manzoli, docente di Storia e Teologia delle religioni; Francesca Negro, Segreteria territoriale Fai-Cisl Taranto e Brindisi. In veste di moderatore, Claudio Frascella, giornalista in rappresentanza della cooperativa “Costruiamo Insieme”.L’incontro scorre in fretta. Ci sarebbero diversi punti di domanda cui dare risposta. Il dibattito si anima quando gli studenti, interessati ai temi dell’incontro, trascurano per un paio di ore cellulari e social. E’ uno dei ragazzi più attivi ad intervenire e parlare di uguaglianza. Nelle sue considerazioni, più volte indirizza lo sguardo ai ragazzi extracomunitari che partecipano anche allo scambio di vedute. “Siamo uguali – dice lo studente – fare oggi un distinguo sul colore della pelle, mi pare una follia; anacronistico, per dirla con quelli che parlano bene: spesso mi sono sentito più vicino per vedute sociali, fratello – per vicinanza – a un ragazzo africano, che non ad uno dei miei compagni di classe, con i quali non sempre certe idee coincidono: forse sbaglio, o magari sbaglia un compagno, motivi di educazione, mi pare più intransigente, ma l’importante è aprire un dibattito piuttosto che chiudersi a ricco”.
A ruoli praticamente invertiti, interviene un extracomunitario. “In Italia mi trovo bene – dice il ragazzo africano, molto applaudito – cercavo accoglienza, ma soprattutto rispetto, cosa che ho trovato in ognuno dei miei insegnanti, dei miei compagni di classe: vi invito a fare tesoro di una parola che ha un peso enorme quando ti viene a mancare; qui, come nel resto d’Europa, tante volte sorvolate, date per scontato che è una cosa che vi spetta: il rispetto; prima di arrivare qui, in Italia, essere accolto, aiutato a studiare, a frequentare le aule di una scuola e fare i primi corsi di formazione, ho passato i miei guai, fra guerre civili e fughe dalla prigionia: non molti sanno che con grandi sacrifici e lavoro molti miei fratelli neri, impegnati come me nei campi, hanno staccato il loro biglietto per l’Italia su uno di quei gommoni sui quali stavamo stretti come sardine a rischio della vita”.
Chiede consiglio a uno dei relatori, il giovane africano. Si scambiano i rispettivi numeri telefonici. Un intervento di una badante, chiede informazioni legali. Anche in questo caso, il tema principale della discussione viene rimandato ad un incontro in uno studio legale. Materia delicata l’inquadramento di una delle tante donne che vengono dai paesi dell’Est. “Facciamo lavori – dice la donna – che non sempre i figli dei nostri assistiti vogliono fare; ci trattano bene, ma vorremmo una maggiore tutela”. E qui arrivano domande delicate su permessi di soggiorno o “assunzioni” sulla parola, il più delle volte suggellate da una stretta di mano”.
L’incontro meriterebbe maggiore approfondimento e non è detto che sia necessario un altro evento simile, una “giornata mondiale”. La giustizia sociale è uno dei cardini della democrazia, è messa in campo quotidianamente. Pertanto, ogni giorno, e non in occasione di un evento, è buono per tornare a riparlarne in modo più approfondito.