Marco Marzocca, Guzzanti e la sua vocazione

«Ariel è uno dei personaggi più amati, anche se adoro il “notaio”: ho ribaltato il concetto, il collaboratore domestico prende per il naso il suo datore di lavoro. Comico per scelta, mi sono laureato in Farmacia, ma il richiamo di teatro e tv è stato decisivo. “Distretto di polizia”, la mia fortuna e la mia storia d’amore, ma quanta riconoscenza per Corrado e Serena Dandini…»

 

Molti lo conoscono per essere stato, e ancora lo è, pandemia e apertura dei teatri permettendo, “spalla” di Corrado Guzzanti. Non c’è spettacolo che il popolare comico non affronti se non con Marco Marzocca. Romano, sessant’anni, laureato in Farmacia alla Sapienza di Roma, artista a tutto tondo. Con Guzzanti, fra tv e teatro, è protagonista con “Tunnel”, “L’Ottavo nano”, “Il caso Scrafoglia” e “Aniene”, dunque con “Millenovecentonovantadieci” e “…la seconda che hai detto!”. Altra botta di popolarità, l’agente Ugo Lmbardi in “Distretto di polizia”. Da solo o con il barese Stefano Sarcinelli e il romano Max Paiella, porta in scena “Ma è possibbole”, “Da giovidi a giovidi”, fino a “Due botte a settimana”, prima che il covid spettinasse i giochi e facesse segnare il passo. Al suo tour come a quello di decine di colleghi e compagnie teatrali.

Marzocca ha i tempi giusti, la battuta pronta. All’artista molti riconoscono qualità non comuni, fra queste misura e discrezione. Caratterista per vocazione, sa stare un passo indietro al protagonista, senza che questa scelta venga vista come una rinuncia al proprio carattere, alla propria cifra attoriale, sicuramente straordinaria.

Marzocca, artista che Serena Dandini e Corrado Guzzanti hanno spesso raccomandato. Meglio, segnalato, per non cadere nel divertente equivoco. La prima, autrice di trasmissioni di successo come “Tunnel” e “Pippo Chennedy Show”; il secondo per essere stato protagonista, si diceva, anche insieme allo stesso Marco, di sketch e trasmissioni rimaste nella storia di una tv che di colpo si sfilò giacca e cravatta.

 

Marzocca, comico per scelta. 

«Non ci posso far niente, il richiamo del palcoscenico è stato più forte di qualsiasi tipo di studio, nonostante abbia cominciato come farmacista».

 

Dovesse spiegarsi in una, due battute al massimo. 

«Amo la musica, il golf, la pasta, pescare a mosca, il cinema: tutti i generi, in particolare la fantascienza, ma soprattutto amo videogiocare».

 

Marzocca e i suoi cavalli di battaglia. 

«Devo la popolarità al notaio del Pippo Chennedy Show, poi al pupazzo Sturby, il bambino Mikelino, padre Federico, il filippino Ariel da Zelig Circus: ora che ci penso, cose ne ho fatte».

 

Come nascono personaggi così singolari e diversi fra loro. 

«Casualmente, dall’osservazione della realtà. Nulla è premeditato. Mai studiato a tavolino: ci ho provato, lo ammetto, ma il risultato è stato sempre una mezza delusione. Dunque, quello che mi colpisce nella vita e mi diverte, lo elaboro».

 

Dovesse darsi una definizione.

«Mi vedo come un pittore che guarda un paesaggio e lo interpreta, a modo suo evidentemente. Un comico, se mi lasciate passare il termine, scova una situazione, la elabora, infine la restituisce modificata. Sostanzialmente i personaggi che interpreto me li ha ispirati la realtà, volutamente esagerati o comunque modificati».

 

Marzocca, il suo punto di vista sul dilemma tv o teatro. 

«Teatro, tutta la vita, nemmeno a chiederlo. Le tavole del palcoscenico ti offrono il modo di prenderti tutto il tempo che vuoi ed esprimerti come ti pare. In tv hai vincoli, intanto perché ci sono tempi da rispettare e altri attori che, giustamente, reclamano il loro spazio. E, per dirla tutta, a volte c’è anche chi ti dice quello che devi e non devi dire».

 

Marzocca, monologhi e dialoghi trattati a colpi di forbici. 

«Siamo in Italia, dunque non è difficile che capiti anche questo. Ma se non fai televisione non ti conosce nessuno, nessuno viene a vederti a teatro, ergo: la tv sei costretto a farla».

 

Distretto di polizia, una delle sue soddisfazioni professionali.

«Enorme, poliziotto a parte, è un po’ come se recitassi il ruolo che ho nella vita. Gli sceneggiatori hanno voluto riprendere la mia vera storia. Ho sposato Liliana, una ragazza colombiana conosciuta in chat, esattamente come “Ugo” di Distretto”: insieme abbiamo tre figli, collezioniamo nazionalità: lei colombiana, americana e italiana; io, per ora, solo italiana e americana, anche se conto di pareggiare il conto».

 

La sua storia d’amore, singolare.

«Non erano i tempi delle chat di oggi, da “cuori solitari” e via discorrendo: più di venti anni fa su internet c’erano gruppi di discussione, io che ho amato sempre viaggiare sono entrato in uno di questi temi; io e Liliana abbiamo cominciato a chattare una, due, tre volte, ad orari impensabili, fino a quando non ha accettato il mio invito, raggiungermi in Italia, a Roma. C’era del tenero, ma da lì in poi è nata la nostra storia d’amore e tre figli. che parlano correntemente spagnolo, inglese e italiano…».

 

Un artista, si dice, sia legato a tutti i suoi personaggi, lei Marzocca?

«Ariel, il filippino è fra i personaggi più amati dal pubblico: ho ribaltato il concetto, ildomestico prende per il naso il suo datore di lavoro innescando una serie di divertenti incomprensioni. Però amo il “notaio”, quel tipo che sbuffa e smadonna. Mi ricorda i nonni che non ho più, così diciamo che quando lo interpreto penso spesso a loro e a tutti quegli anziani, amabilissimi brontoloni».