Tommaso Depalma, sindaco di Giovinazzo

«Esistono immobili e professionalità che potrebbero fare al caso nostro. Il “Vittorio Emanuele”, in pieno centro cittadino, sarebbe utile al progetto. Tre migranti su mille abitanti, siamo al di sotto della media, ne ospitiamo appena una trentina. I ragazzi imparerebbero un mestiere e che l’Italia è un’occasione da non lasciarsi sfuggire»

Nella serie di “faccia a faccia” svolti da “Costruiamo Insieme” con i protagonisti del nostro territorio, abbiamo incontrato Tommaso De Palma, sindaco di Giovinazzo. Con lui abbiamo affrontato una serie di problemi, partendo dall’accoglienza e proseguendo con l’importanza di allargare l’offerta sempre in tema di ospitalità ad enti o soggetti con una esperienza consolidata.

Cominciamo con le Politiche migratorie affrontate dal Comune di Giovinazzo.

«Il nostro è stato fra i primi nove comuni pugliesi ad aderire convintamente alla politica di accoglienza. Fra quanti risiedono a Giovinazzo e quanti, invece, sono stati solo di passaggio, penso siano stati in molti ad essersi ampiamente integrati all’interno del nostro contesto; oggi, per esempio, vedo con soddisfazione che molti di questi ragazzi vengono al Comune, in Sala giunta, per studiare, imparare l’italiano e, dunque, accelerare il processo di integrazione».

Sindaco De Palma, esiste una ipotesi di programmazione in tema di Centri di accoglienza?

«Atteso che siamo ciclicamente chiamati in Prefettura, il tema centrale è la scarsa sensibilità dei titolari di immobili a non mettere ciascuna proprietà a disposizione della causa: questo, dunque, uno dei temi principali.

All’interno di questo tema, molto umilmente ho riferito allo stesso prefetto che nel centro di Giovinazzo esiste un gigante da diciottomila metri quadrati, l’istituto “Vittorio Emanuele”, che, non totalmente ma in piccola parte, potrebbe essere adibito ad uso-foresteria riprendendo uno schema abitativo già esistente; per decenni proprio questo immobile ha accolto famiglie e ragazzi indigenti ai quali è stata fornita educazione e scolarizzazione, con l’insegnamento di un mestiere attraverso i laboratori. Se intendiamo fare sul serio politica di integrazione multidisciplinare, ecco che per i migranti l’Italia può essere un’occasione importante».

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Imparare a parlare l’italiano e un mestiere utile alla comunità della quale diventerebbero parte integrante, ci sembra un buon inizio.

«Sempre se questi scegliessero la permanenza, diversamente il problema non si porrebbe. Mi auguro che le istituzioni a livello sovracomunale – il “Vittorio Emanuele” non è di proprietà del Comune, bensì della Città metropolitana – possano essere protagoniste di uno degli esempi in cui un patrimonio pubblico fa di un’esigenza un’opportunità; questo processo potrebbe essere, infatti, occasione per risanare una quota di un immobile che si dibatte fra mille difficoltà; per questo sarebbe auspicabile fare sistema, mettere in connessione: chi, meglio di un prefetto o un sindaco della Città metropolitana, o soggetti della Regione Puglia, possono intervenire nella vicenda? Sarebbe l’occasione per mettere a disposizione fondi, e ce ne sarebbero, a cominciare dal welfare».

Non ipotesi, ma occasioni concrete, sindaco De Palma.

«Parlo di cose fattibili, avendo toccato con mano che esistono Fondi regionali per iniziative simili; è necessario pertanto che chiunque abbia la proprietà di questo bene, si sieda a un tavolo e ragioni con chi sottolinea questa esigenza, vale a dire il prefetto; mi sento di assicurare che la comunità di Giovinazzo e il sottoscritto, in qualità di sindaco, non si metteranno di traverso, attivandosi a contribuire mediante le quote previste per legge; vorrei ricordare che a Giovinazzo la media attuale è di tre migranti su mille abitanti, dunque la nostra città dovrebbe avere una dotazione naturale di sessanta migranti; gli ospiti, al momento, oscillerebbero fra le venti e le trenta unità, e una simile proposta non mi sembra una cosa campata in aria: insomma, se tutti ragionassimo così, potremmo fare di un problema una soluzione».

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Immobili, riutilizzo o recupero, in disuso o abbandonati. Volendo fare sintesi.

«Non con l’attuale prefetto, ma in una precedente riunione mi permisi di dire qualcosa che a qualcuno sembrò quasi una bestemmia: provai, in quella circostanza, ad allargare leggermente il compasso della discussione sugli immobili di proprietà della Chiesa: Giovinazzo ospita due Istituti di suore, con enormi spazi inutilizzati – in uno di questi, una minima parte, è stato impegnato nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, e un ex Convento di frati cappuccini, già asilo, oggi inutilizzato; allora, mi chiedo: queste volumetrie non fanno parte di quell’idea di accoglienza? Ma, attenzione, che queste proprietà appartengano al Vaticano piuttosto che alla Repubblica, il territorio che i migranti vivono non è il nostro stesso? E mi chiedo ancora: possibile che nell’individuazione delle volumetrie non si possa compiere uno sforzo e risolvere un problema di dominio pubblico piuttosto che demandarlo ai privati?».

A proposito di privati, il Comune ha provato a sensibilizzare i proprietari di immobili.

«Tasto dolente. I privati le case non le mettono a disposizione dei residenti, di famiglie bisognose, nonostante il Comune a fine 2017 si facesse carico di contributi significativi per combattere la crisi abitativa; attenzione, non è un fatto discriminatorio, le case non le affittano ai migranti e neppure ai residenti. Nonostante gli appelli, ad oggi non un solo proprietario ha messo a disposizione una sola casa disponibile; preferiscono farsi carico di tasse, piuttosto che darne disponibilità».

Infine, sindaco De Palma, fare sinergia con enti gestori con esperienza maturata in questi anni. Ci sarebbe disponibilità da parte del Comune da lei rappresentato?

«E’ un tema gestito dal vicesindaco e assessore al welfare, Michele Sollecito; personalmente, in qualità di osservatore riscontro risultati interessanti in ordine all’integrazione del “prodotto finale”, detto in modo rispettoso: vedo questi ragazzi a proprio agio, partecipano alle attività sociali, a partite di calcetto – per fare un esempio – nelle quali si misurano sportivamente con i nostri ragazzi, come fossero normali cittadini; questi elementi sono indicatori che dicono quanto il progetto di integrazione stia funzionando. E quando le cose funzionano, piuttosto che di sindaco e giunta, il merito è di tutti i soggetti in campo. E di questo sinceramente posso ritenermi soddisfatto».