Tony Esposito, Enzo Gragnaniello in Puglia

Tributo a Pino Daniele, a Taranto e Molfetta. Dichiarazioni al sito di “Costruiamo Insieme”. «Noi napoletani siamo stati i primi ad emigrare», dicono i due artisti. «Abbiamo esportato fantasia, genio, spirito di adattamento; c’è chi ci ha dato tanto, adesso ci tocca restituirlo a chi ha bisogno»

«Chiederlo a un napoletano è come sfondare una porta aperta; noi del Sud, nei secoli, abbiamo fatto grande esperienza in materia di emigrazione: nonni e bisnonni si sono sottoposti a lunghi viaggi della speranza, sono andati all’estero per trovare lavoro, in avanscoperta per poi chiamare le famiglie; come noi agli inizi siamo stati “forestieri” negli altri Paesi, negli altri continenti, dobbiamo cominciare a farcene una ragione e dare una mano a chi non se la passa bene».

Tony Esposito, grande artista, al suo attivo numerosi successi, cinque milioni di copie vendute in tutto il mondo, rilascia volentieri dichiarazioni al nostro sito, “Costruiamo Insieme”. Di migrazione e come stiano in alcuni Stati africani, ne sa più di altri. In Puglia, prima a Taranto, poi a Molfetta, insieme al suo collega Enzo Gragnaniello e al maestro Renato Serio (nell’occasione dirige l’Orchestra della Magna Grecia), sta partecipando a un tributo in memoria di Pino Daniele, il cantautore napoletano scomparso nel gennaio 2015.

Esposito, dunque, sa di cosa parla quando gli chiediamo quale sia la sua posizione circa il fenomeno dell’emigrazione. Di sicuro, Esposito, ne sa più di qualche politico, che parla di un argomento così delicato senza conoscere a fondo le ragioni che portano molti ragazzi neri a scegliere come unica soluzione la fuga: dalle guerre, dalle persecuzioni politiche, dalla fame. Il popolare percussionista ha viaggiato per lavoro in continenti diversi. Lui stesso ha compiuto viaggi di studio, abbracciato la cultura africana, contaminandola con suoni che scaturiscono da qualsiasi cosa faccia “rumore”. «In alcuni Paesi del Nord Africa – riprende Esposito – da anni gli abitanti vengono sottoposti ad atti d’abuso da parte di poteri che agiscono contro le classi sociali più deboli; assistiamo a uno sfruttamento delle risorse da parte di multinazionali, la solita storia: poteri forti, lobbies, si impossessano di interi Paesi e giacimenti, sfruttano la mano d’opera con azioni spregiudicate, violente, si riempiono le tasche di denari e poi lasciano i Paesi vandalizzati più poveri di prima».

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ESPOSITO: SE A CASA DISPONGO DI SEDIE VUOTE…

Immigrati in Italia, anche in questo caso Esposito ha un punto di vista. «Siamo generosi per natura – dice l’artista di “Kalimba de luna” – dunque non ci tiriamo indietro, l’ideale sarebbe stato aiutare la gente che oggi fugge dall’Africa nei loro stessi Paesi, ma guarda caso, causa poteri forti di cui dicevo, non è stato possibile attuare una politica di aiuti e sviluppo in zone in cui la gente soffre la povertà; adesso è l’Italia che dovrebbe chiedere maggiore sostegno all’Europa per far fronte alla pressanti richieste di asilo causate principalmente da persecuzioni politiche». Infine, a conclusione del suo punto di vista su migranti e migrazione, un esempio. «Dico dell’Europa, perché fino a quando l’Italia disporrà di strumenti per l’accoglienza sarà possibile far fronte alla domanda; devono metterci in condizione, altrimenti il sistema rischia il collasso: a casa mia dispongo di quattro sedie, posso fare accomodare altrettanti ospiti, se però necessitano dieci sedie vado in crisi, li faccio entrare in casa e non so più dove farli sedere?».

Anche Gragnaniello ha il suo punto di vista riguardo lo stesso tema. L’artista di “Cu’ mme”, interpretata con Murolo e Mia Martini, al sito di “Costruiamo Insieme” dice che c’è un tempo per tutto. «Noi napoletani abbiamo esportato fantasia, ingegno, spirito di adattamento, abbiamo insegnato; adesso è giunto il momento di imparare, punto: non ci sono più le famiglie numerose di un tempo, ma a Napoli abbiamo sempre sposato la logica del “dove mangiano due, possono mangiare in tre, quattro”; stiamo più stretti, e che sarà mai…vuol dire che restituiamo quello che ci è stato prestato dal Cielo”. Napoli e l’altro Sud. «Una domanda la faccio io,adesso – osserva il cantautore – c’è chi se n’è accorto adesso, ma quando le multinazionali sfruttavano le risorse di Paesi che, in realtà, non sarebbero stati poveri, questi signori che oggi pontificano e parlano solo adesso di aiuti umanitari, dove stavano?».

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GRAGNANIELLO: MAI DIMENTICARE LE PROPRIE ORIGINI

Nonostante il successo, Enzo Gragnaniello, rispetto a Pino Daniele, suo compagno di scuola dalle elementari, non ha mai rinunciato a vivere nei quartieri spagnoli. «Lì sono nato, lì conduco una vita normale, se si può dire: mi sposto quando registro, faccio concerti; non bisogna dimenticarsi mai le proprie radici, chi siamo, da dove veniamo». Altra riflessione. «C’è crisi ovunque – dice Gragnaniello – ma molti di questi ragazzi si smarcano dall’assistenzialismo, fra questi chi sceglie di restare in Italia fa il possibile per trovare un posto di lavoro, comunque rendersi utile alla società; una volta deciso di ospitare questa gente, dobbiamo imparare a fare accoglienza: non conosco altro sistema per evitare che quelle risorse positive giunte sul nostro territorio, utili per riprendere a far camminare l’economia italiana non prendano altre strade».

Tributo a Pino Daniele, al teatro Orfeo di Taranto, dunque. Un’idea del maestro Piero Romano dell’Orchestra della Magna Grecia e Martino De Cesare. Un successo. Nel programma, l’orchestra della Magna Grecia diretta dal maestro Renato Serio, una band musicale, i tributi di artisti, si diceva, del calibro di Tony Esposito ed Enzo Gragnaniello. Insieme con la musica, la proiezione di momenti dal documentario “Il tempo resterà” di Giorgio Verdelli, giornalista e autore, premiato pochi mesi fa con il prestigioso Nastro d’argento per aver raccontato l’artista di “Napule è”, “Quando”, “’Na tazzulella ‘e café”, “A testa in giù”, “Yes I know my way” e altro ancora.

Esposito, cinque milioni di copie, dischi e album venduti in tutto il mondo (Kalimba de luna, Sinuè, As tu às, Pagaia). «Pino aveva talento da vendere; ci conoscevamo da ragazzini, più avanti mettemmo in piedi il supergruppo che tutti conoscono; con me, James Senese, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso e il compianto Rino Zurzolo; il mio produttore, diventò lo stesso di Pino: Willy David». Tante le idee di uno dei maggiori produttori artistici fra gli Anni 70 e 80. «Intanto – riprende Esposito – incontravo Pino, ridendo e scherzando, nascevano cose che lui memorizzava, c’era grande fermento; per un breve periodo apriva i miei concerti con le sue prime canzoni; altra tappa, quando aveva assunto popolarità, lo stesso Willy suggerì di metterci tutti insieme per suonarci con Pino, quasi un chiamarci a raccolta: lì nacquero cose importanti e un album fondamentale nella sua carriera, “Vai mo’”: Tullio portava il jazz, Joe il funk, io l’Africa…».

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PINO DANIELE, UN TALENTO DALLE ELEMENTARI

E poi c’è Gragnaniello, una voce, una chitarra. Sergio Bruni nel cuore. «Di Pino avrei sicuramente cantato “Cammina cammina” – spiega – sembra scritta per il mio modo di interpretare; “Senza voce”, invece, è una mia canzone che avrei visto bene coniugarsi con le sue corde; malinconica, quella sua voce, quasi da oboe gli dicevo talvolta io». Stesso quartiere. «Stessa scuola elementare, non mi sono ritenuto mai un collega di Pino, la nostra è stata amicizia vera, nata fra i banchi; la musica è arrivata dopo, anche se qualcosa addosso la sentivamo già; cosa ci avvicinava e cosa ci distingueva: io mi sento più da ballata, lui era soul e rhythm’n blues». Progetti personali. «Un album con il Solis Quartet, canterò poeti internazionali in italiano: Brel, Waits, Lou Reed e Morrison; sono stato invitato, la cosa mi piace, io canto e basta».

Infine, Giorgio Verdelli, autore di trasmissioni di successo, vincitore del Nastro d’argento con il docufilm “Il tempo resterà” dedicato a Pino Daniele e ritrasmesso di recente su Raidue. Nel progetto firmato a quattro mani da Piero Romano direttore del’Orchestra della Magna Grecia, e Martino De Cesare, Verdelli è stato una sorta di “regista di palco”. «Pino, non solo un cantautore – dice Verdelli – è stato inventore di un linguaggio, come lo sono stati Battisti, De André e Dalla; collocabile fra Weater Report, Roberto De Simone e Sergio Bruni; ha reso il napoletano un linguaggio universale, “cool” si dice, così da trasferirlo al mondo dei giovani».