Piero Bitetti, consigliere comunale
«Si candidano a fare lavori che gli italiani non considerano. Problemi di sicurezza al Nord, ma con etnie dei Paesi dell’Est. Taranto, città dell’accoglienza. Favorevole, talvolta qualcuno non considera che si tratta esseri umani in fuga da zone di guerra e da persecuzioni politiche». La politica amministrativa, le carenze organiche e le distanze dal PD. «Sbagliata la gestione dei temi cui i cittadini volevano risposte»
Questa volta sul tema dell’accoglienza ascoltiamo Piero Bitetti, consigliere comunale, già assessore e candidato alle più recenti consultazioni regionali nelle quali ha registrato un personale successo. Prima di porgli domande sulla sua attività in Consiglio comunale a sostegno del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, un paio di domande su uno dei temi che stanno a cuore a “Costruiamo Insieme”, la cooperativa sociale che si occupa, fra le altre cose, di accoglienza.
Taranto, dunque, Città dell’accoglienza, il punto di vista di Bitetti
«Il tema–accoglienza non è basato su scelte locali, queste sono assunte da organi al di sopra dei Comuni e del nostro stesso Paese; parliamo, pertanto, di indicazioni discusse, concordate e approvate in sede di Parlamento europeo; Taranto è fra le città maggiormente interessate al fenomeno dell’immigrazione per la sua posizione geografica; fatta questa debita premessa, dal punto di vista umano sono favorevole all’accoglienza: stiamo parlando di esseri umani in fuga da zone di guerra e da persecuzioni politiche; qualcuno parla anche di sicurezza: le autorità preposte al controllo del territorio insieme con chi si occupa di accoglienza, stanno svolgendo un lavoro importante; non mi sembra siano stati registrati episodi clamorosi, al contrario di quanto, invece, accade al Nord, dove dall’interno di etnie provenienti dall’Est scaturiscono vere organizzazioni dedite a furti, rapine e spaccio di sostanze stupefacenti».
Nonostante l’informazione, circolano imprecisioni.
«Mezzi di informazione, in modo strumentale, disorientano l’opinione pubblica sul costo degli immigrati: l’impegno economico non è dei Comuni italiani, tantomeno del nostro Paese, bensì dell’Unione europea; a noi spetta esclusivamente attivarci affinché la macchina dell’accoglienza funzioni in modo esauriente; vero è che esistono italiani in situazioni di disagio, ma di questo non possono farsene totale carico a Bruxelles; si parla anche di lavoro sottratto ai nostri giovani, poi si scopre che gli italiani certe attività non le vogliono svolgere; pertanto la presenza e la voglia di lavorare degli extracomunitari può perfino diventare un’opportunità per un Paese come il nostro».
Un primo bilancio sul lavoro fin qui svolto dall’Amministrazione comunale condotta dal sindaco Rinaldo Melucci della quale lei fa parte
«In politica non ci sono tempi brevi, il sindaco si è insediato a giugno, amministra Taranto da poco più di nove mesi; oggi possiamo dire che è stata messa in campo una serie di atti, tanto per il Consiglio quanto per la Giunta, così da poter operare scelte che potranno fornire le prime indicazioni: c’è solo bisogno di tempo; la macchina amministrativa necessita di sostegno: i dipendenti del Comune di Taranto sono meno di 900 unità, mentre la pianta organica ne prevede 1.726; parliamo, dunque, di un sistema dimezzato rispetto a quanto previsto per Decreto ministeriale; una situazione, questa, che complica la gestione giornaliera di qualsiasi attività, cui va aggiunto un altro aspetto preoccupante: una parte dei dipendenti impegnata quotidianamente, infatti, è sulla soglia della pensione».
Una macchina amministrativa, dunque, non ancora a pieno regime
«Il lavoro fin qui svolto dai dipendenti comunali è lodevole; pensiamo, però, a quale sarebbe il quadro amministrativo con il personale a pieno organico, dunque nuove risorse e nuove energie; i servizi legati alla digitalizzazione, per esempio: con l’attivazione a pieno regime, questi dovrebbero fornire più speditamente risposte ai cittadini, ma al momento le figure professionali di cui la “macchina” necessita non esistono».
Quanto è stata coraggiosa la sua scelta di lasciare un partito come il PD
«La decisione è stata sofferta, non vedevo più chiarezza in quella classe dirigente – ormai inesistente – abituata a svolgere attività di piccolo cabotaggio rispetto ad aspettative ben più importanti; non c’era confronto sui temi essenziali, avvertivo forzature, non avvertivo più quella serenità necessaria per fare politica.
Non vivo di politica, ma la faccio per passione, mi piace sentirmi uomo libero e non mi andava di sentirmi bloccato in meccanismi non condivisibili; dopo l’uscita dal PD, le mie prime riflessioni sul cosa fare: non era semplice assumere una decisione, comunque sofferta e candidarmi per conto mio; prima di sciogliere gli ultimi dubbi, la consultazione con un po’ di amici che mi convinsero a partecipare alle ultime Amministrative, prima come candidato sindaco, successivamente nel ballottaggio a sostegno del sindaco Rinaldo Melucci, espressione di una volontà popolare».
Quali condizioni potrebbero riportarla a casa PD?
«Breve premessa. Sono entrato in politica per fornire un contributo per migliorare la qualità della vita della mia città, successivamente mi sono appassionato a questa attività: fare scelte oculate per vivere meglio; per fare ciò bisogna impegnarsi nei piccoli come nei grandi temi – dal rifiuto distrattamente gettato per terra alla politica di sviluppo – e questo lo si può fare stando all’interno di un partito che può farsi portavoce di istanze a livello nazionale; sono le scelte prese alla base e riportate al governo a cambiare le sorti di un territorio come il nostro: il PD deve avere il coraggio di fare anche scelte impopolari, ma chiare; queste devono essere spiegate alla gente: se si chiedono sacrifici per guidare il Paese in una direzione piuttosto che in un’altra, i cittadini devono essere informati». Non esplicita, Bitetti, ma il ravvedimento su certe politiche da parte del PD riavvicinerebbe le posizioni del consigliere comunale al partito del quale in un recente passato ne aveva fatto parte.
Una città industriale, quali prospettive potrebbe avere?
«La risposta è legata alla storia di una città che in un momento di grande crescita del Paese vantava redditi pro-capite fra i più alti; Taranto era sedicesima in Italia in fatto di popolazione: uno studio elaborato negli anni Settanta prevedeva, in prospettiva, addirittura una popolazione attestata sui 360.000 abitanti, mentre oggi questa città conta 200.000 abitanti; rinunciare di colpo a uno dei principali asset dell’economia locale, cioè l’industria, credo sia controproducente: se scegliamo di sviluppare temi come turismo e cultura, abbiamo bisogno di tempo, non è facile attivare un processo culturale; esistono ancora famiglie abituate al concetto del posto fisso; con una simile mentalità diventa difficile fare accettare uno sviluppo in chiave turistica: le piccole e medie imprese interessate ad impegnarsi nel settore turistico basano i propri investimenti su un’altra mentalità piuttosto che sull’assicurare un reddito fisso».