Migranti e immigrati, stime poco incoraggianti
Al Sud, ragazzi via di casa. In valigia diploma o laurea per cercare migliore fortuna. Uno studio invita a contromisure immediate. Intanto non c’è ricambio, flussi dai Paesi africani segnano il passo. Si teme che altre regioni del Meridione si svuotino.
Più numerosi i pugliesi che emigrano al Nord che i migranti, invece, che si fermano in Puglia. E’ un documento nel quale la Cgil Puglia svolge un’attenta analisi in base ai dati del “Benessere equo e sostenibile” resi pubblici dall’Istat. Risultato doppiamente allarmante se si pensa che la Puglia starebbe meglio delle altre regioni meridionali.
A questo va aggiunto un altro aspetto: peggiora la qualità del lavoro e si fa sempre più largo il rischio di un declino demografico: si chiaro, non c’è soltanto il calo delle nascite, ma anche un’emigrazione dei giovani più istruiti verso il Nord. Giovani che hanno titoli di studio superiori al lavoro che svolgono. Di questo passo, fra qualche anno, se a qualche politico venisse in mente di suonare provocatoriamente qualche citofono, potrebbe non avere alcuna risposta.
Dunque, Sud fermo. Quasi 3 milioni gli occupati persi in confronto del Centro-Nord: una distanza che in circa venti anni registra una fuga più che preoccupante. Per dirla tutta: con un gap simile qualsiasi provvedimento potrà essere adottato a breve, il gap sarà irrecuperabile. I numeri dell’emigrazione dal Meridione verso il Nord sono in costante crescita, e buona parte di questi sono giovani e laureati. Un risultato non certamente compensato dall’immigrazione, visto che gli ingressi nel nostro Paese sono sempre meno.
DISTANZA SUD-NORD
Disarmante l’analisi sul Sud Italia. Dalla metà del 2018 l’occupazione presenta, scaturisce dall’attenta analisi, “una marcata inversione di tendenza, con una divaricazione negli andamenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord”. In breve, leggendo il dato secco, si scopre che gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 “sono calati di 107 mila unità (-1,7%), mentre nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%)”.
Tra il 2002 e il 2017, spiega il rapporto, sono emigrati dal Sud verso il Nord oltre 2 milioni (132.187 nel solo 2017). Elemento maggiormente preoccupante: le persone che due anni fa hanno lasciato casa e famiglia per cercare fortuna al Nord, più di sessantaseimila sono giovani. Come a dire che il futuro di terre come Sardegna, Sicilia, Calabra, Puglia, Campania che se ne va.
Aggravare la situazione il dato migratorio secondo cui il saldo interno, compresi i rientri, spiega lo studio, “è negativo per ottocentocinquantamila unità. Nel 2017 sono andati via 132 mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70 mila unità”. La ripresa dei flussi migratori è la vera emergenza meridionale allargatasi negli ultimi anni anche al resto del Paese.
ITALIA AL RALLENTY
Il progressivo rallentamento dell’economia italiana, si legge nello stesso rapporto, riapre la frattura territoriale che arriverà a segnare un andamento opposto tra le aree, facendo ripiombare il Sud nella recessione da cui troppo lentamente era uscito decretando l’inversione di tendenza rispetto a una risalita dell’economia che negli ultimi anni c’è stata ma a ritmi lenti, molto lenti. E gli effetti si vedranno. L’Italia farà registrare una sostanziale stagnazione, con incremento lievissimo del Pil del +0,1%. Al Centro-Nord dovrebbe crescere poco, di appena lo +0,3%. Nel Mezzogiorno, invece, l’andamento previsto è del – 0,3%.
«Continuiamo a registrare dati che non ci lasciano tranquilli – ha detto il segretario generale della CGIL Puglia, Pino Gesmundo – c’è sempre un divario tra Nord e Sud sulla occupazione di giovani lavoratori che hanno titoli di studio superiori al lavoro che svolgono. Bisogna insistere su politiche di sviluppo del governo nazionale per il Mezzogiorno, utilizzare meglio i fondi strutturali che ci consentiranno di superare il divario, se consideriamo che utilizziamo solo il 27% dei Fondi Fesr. Quindi, dialogo e collaborazione sono indispensabili per lo sviluppo».
Infine, altro tasto dolente, le donne del Sud non sono sufficientemente garantite: sia per la qualità del lavoro sia per i servizi di supporto alle famiglie. Sarà pertanto necessario, anche a livello locale, avviare un percorso di sviluppo duraturo e stabile capace di produrre buona occupazione, stabile e soddisfacente.