Ben e il paradigma delle storie incompiute!

Oggi capisco meglio lo stato d’animo di una persona che vede la sua casa distrutta da un terremoto e, guardando all’orizzonte, non vede il futuro.

L’orizzonte che ho guardato era negli occhi di ragazzi “deportati” per l’ennesima volta, che quando iniziano a costruire sono costretti a ritornare nella dimensione di un presente che non prevede un futuro, triturati nei gangli di logiche disumanizzanti fino al punto da spingerli a rifiutare soluzioni di accoglienza.

Quando ad una persona distruggi la prospettiva di vita che aveva iniziato a costruire lo “imballi” in uno stato di mortificazione che ha poche vie di uscita, soprattutto quando porta addosso il marchio di migrante, straniero, altro e diverso.

A soli 22 anni, poco più dell’età dei miei figli, un ragazzo si è suicidato a Castellaneta, in Puglia, piuttosto che tornare a casa ed essere incapace.

L’associazione mentale con i miei figli viene dal fatto che ogni genitore investe sul futuro dei propri figli: io pago l’Università (“anche gli operai vogliono il figlio dottore!), dall’altra parte del mondo ci sono famiglie che investono tutti i loro beni sui figli per pagare un viaggio verso il nulla, forse anche verso la morte.

In assenza di un futuro ipotizzabile in casa propria, il futuro si idealizza in altri luoghi dentro una sorta di tentativo di sopravvivenza del pensiero che non è altro che una traslazione dei desideri.

Spesso, questa traslazione coincide con un intreccio di desideri: “Tanto vorrei che mio figlio stia bene e abbia un futuro, quanto vorrei che il suo benessere ricada su di me e su di noi!”. 

Un investimento che vincola fino ad uccidere!

Ma non è di questo che voglio parlare anzi, non ho voglia di parlare, di scrivere di pensare.

Ho ancora i piedi bagnati dalle lacrime dei “deportati” e degli operatori dei CAS.

E mi viene spontaneo riproporvi la lettura di una delle storie rimaste incompiute, una delle tante spezzate dal “sistema”: la storia di Ben.

Ben, le biciclette e un futuro da riparare (1^ parte)

Ben, le biciclette e il futuro da riparare – 2parte