Maria Paola, uccisa da un odio ottuso e violento

«Prima dell’orientamento sessuale, del colore della pelle e del conto in banca viene la persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio», ha detto il parroco prima dell’estremo saluto alla povera ventiduenne. La ragazza amava Ciro, un trans, ma il fratello Michele non se ne capacitava. «Volevo darle una lezione, non ucciderla, ma era stata infettata!», la sua tesi difensiva. «Incapace di controllare pulsioni aggressive e dotato di accentuata pericolosità sociale», ha dichiarato il gip.

«Volevo darle una lezione, non ucciderla, ma era stata infettata!». Michele Gaglione, trent’anni, prova a giustificare un gesto scellerato, estremo, un omicidio, dopo che in altre occasioni aveva minacciato furiosamente la sorella, Maria Paola, ventidue anni, che ai suoi occhi si era macchiata di un reato “inammissibile”: innamorarsi di un trans, Ciro Mazza, trent’anni anche lui minacciato più volte da Michele.

Lezione, ragazza “infetta”. Michele un docente di vita, un medico che aveva compiuto diagnosi e cura. Maria Paola infetta. E da che, da chi? Evidentemente dalla voglia di vivere la vita, l’unica di cui Maria Paola disponeva, quella stessa vita che un atteggiamento ottuso e violento le ha strappato per sempre. Uno che in corsa colpisce una ruota, saprà che un’azione simile non potrà mai portare niente di buono. Maria Paola, forte e determinata al punto da lasciare casa per seguire Ciro, aveva sfidato la famiglia, e il fratello dal carattere violento che vive alla maniera di quei racconti nei quali il “guappo” si fa un film, si vede rispettato nel quartiere e guai a chi gli ride alle spalle. Non sia mai: vuoi mettere un idiota che sghignazza al confronto della felicità di una sorella?

E, invece, è andata così. Nella caduta rovinosa sull’asfalto, la povera Maria Paola ha completato la sua corsa verso la libertà, finendo contro un tubo dell’irrigazione che le ha reciso la gola. Voleva «darle una lezione», il fratello Michele. Una giustificazione folle, che rende più drammatica l’intera vicenda. Una vicenda che ha posto l’accento su quanto sia importante una legge contro l’omofobia. Uccisa dal fratello maggiore che non accettava la sua relazione con un ragazzo trans. Come se il maschietto di famiglia fosse un ducetto, avesse diritto di vita o di morte sui suoi sottoposti.

QUEL MALEDETTO VENERDI’…

Quella del maledetto venerdì non era stata la prima aggressione. Il primo tentativo pieno di violenza e minacce per impedire una relazione tra due persone che si amavano, che avevano deciso di condividere sogni, desideri e, perché no, le difficoltà di tutti i giorni che una vita “diversa” agli occhi di un quartiere e, soprattutto, del fratello che non ci dormiva la notte, non era “cosa normale”. Prima di quello sciagurato inseguimento in moto, Michele Gaglione si era presentato a casa di Ciro per imporre la logica deviata. Prepotenze e minacce, ha spiegato Ciro, dopo essere sopravvissuto all’inseguimento: «Il fratello di Maria Paola – spiega Ciro – la ragazza che amavo, venne a casa mia, dicendomi che se non avessi lasciato la sorella mi avrebbe tagliato la testa, mi avrebbe ammazzato: non denunciai per paura». Anche questa, secondo la logica violenta da quartiere sarebbe una “lezione”. Dire a qualcuno «ti taglio la testa», secondo Michele, è una lezione.

E, invece, altro che lezione. Le campane della parrocchia di San Paolo Apostolo di Caivano l’altro giorno suonavano non appena è giunto il feretro di Maria Paola, morta nella notte dell’undici settembre.

La mamma di Maria Paola arriva portata a braccia da familiari e amici di famiglia, amiche della stessa ragazza che giace in quella piccola bara bianca. Carabinieri e volontari filtrano l’accesso alla chiesa, che accoglie più o meno centocinquanta persone dentro, più o meno altrettanti fuori. Il parroco, don Maurizio, benvoluto in un rione nato con una legge dopo il terremoto dell’Ottanta, una palestra di emarginazione e disperazione, invita più volte ad abbandonare l’odio.

«Siamo in chiesa, qui l’odio deve tacere!», dice aprendo la concelebrazione. «Lasciamo fuori i nostri pensieri – il suo invito –  adesso è il momento di pregare». Nell’omelia chiede perdono a Maria Paola perché «non siamo stati capaci di custodire la tua fragile e preziosissima vita». Resta sul piano teologico: vita, morte, resurrezione. Invita a «rispettare la vita fin dal concepimento», e a ricordare che «prima dell’orientamento sessuale, del colore della pelle e del conto in banca viene la persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio».

DON MAURIZIO: «FERMATE L’ODIO!»

Ciro, il fidanzato transessuale di Maria Paola, non c’è. Prima della cerimonia, scortato dalla Polizia si è recato all’obitorio a salutare la salma. Per suo conto viene affisso davanti alla chiesa un poster con quattro foto nelle quali è ritratto con la sua ragazza che non c’è più. «Il mio cuore con te, il nostro amore oltre le nuvole, correvamo verso la nostra libertà!», recita fra le altre cose quell’elaborato. Non c’è Michele, che avrebbe provocato la morte della ragazza facendo perdere l’equilibrio allo scooter sul quale viaggiava a calci, e forse speronandolo. La famiglia Gaglione ha inserito il suo nome nel manifesto a lutto. Per ora è in carcere, ma, dice il suo avvocato, «appena possibile si recherà al cimitero: a tale proposito faremo un’istanza».

Finita messa, accompagnato il feretro nell’auto che condurrà Maria Paola nel suo ultimo viaggio, e la gente è andata via, tra voli di palloncini ed applausi alla bara, Don Maurizio scende sul sagrato per lanciare un nuovo appello a «fermare l’odio». «Sono il parroco di tutti – dice – queste due famiglie abitano una di fronte all’altra: dovranno riconciliarsi».

Durante l’omelia il parroco aveva usato un’altra frase molto toccante. «Scusaci Paoletta, ti chiediamo perdono per non essere stati capaci di custodire questa tua fragile e preziosissima vita».

Michele avrebbe voluto assistere ai funerali. Il gip di Nola, Fortuna Basile, intanto aveva confermato la custodia cautelare in carcere nei confronti di Michele, «incapace di controllare le proprie pulsioni aggressive e dotato, quindi, di una accentuata pericolosità sociale».