Cataldo e Marco, ex ilva, dal siderurgico alla ristorazione

«Con la buonuscita abbiamo aperto un locale in pieno centro. Lavoriamo in cinque, senza la pressione di orari e in testa l’idea che quella fabbrica provoca dolore. Con i vicini grande affiatamento, una signora ci ha assistito per tutto il periodo dei lavori. Enel e AQP hanno rallentato, ora va meglio. Il nome dell’attività, non volendo, ce lo hanno suggerito i nostri ex colleghi…»

La prima frittura «alla signora di sopra». Non ha un nome, l’inquilina del primo piano, in testa alla loro attività, “A casa vostra”, ma che il cielo la benedica, è stata lei, «la signora di sopra», a dare per prima una mano a due giovani imprenditori, ex dipendenti dell’ex Ilva.

Perché loro, Cataldo Ranieri, cinquant’anni, e Marco Tomasicchio, quarantaquattro, titolari dell’attività di ristorazione con sede in via De Cesare a un fiato da via D’Aquino, prima del passaggio Ilva-Arcelor Mittal, avevano già assunto la loro decisione. «Saggia o no – dice Marco – lo dirà il tempo, sta di fatto che abbiamo preso coraggio a due mani e all’azienda ci siamo quasi indicati come “esuberi”: se c’è l’occasione di andare via a condizioni ragionevoli, lo facciamo di corsa, stanchi di un lavoro che non sentivamo più nostro».

«Ero diventato il ritratto dell’incupimento – dice Cataldo – già triste di primo mattino, prima di andare al lavoro: dopo la mia attività politica, all’interno di quella che era l’Ilva, nessuno più mi rivolgeva parola, eppure la lotta con “Liberi e pensanti” l’avevo fatta anche per loro, i miei colleghi; a quel punto, con Marco e le nostre rispettive famiglie, abbiamo fatto una scelta precisa, rivoluzionato la nostra vita e investito la buonuscita nella cucina tradizionale: “A casa vostra”, appunto».

Un menù che tiene conto di almeno tre intenzioni: “primo” mare, “primo” terra e “alla poverella”. «Tutto a prezzi ragionevoli – puntualizza Cataldo – lo scopo di questa attività è tirare fuori uno stipendio per ciascuno di noi, lontani dalla fabbrica di veleni…».OPERAI - 1NIENTE PIU’ SIDERURGICO

Cataldo, dente avvelenato. «Non voglio più parlarne – prova a prendere le distanze da un tema che, si vede, gli sta ancora a cuore, eccome – io e il mio socio abbiamo voltato pagina, guardiamo al futuro: avremmo dovuto aprire lo scorso marzo, poi il Covid-19 ha fatto slittare l’apertura a venerdì 19 giugno: prove generali con familiari e amici stretti, se non altro per ottimizzare i tempi fra cucina e tavoli». I tavoli, colori e sedie assortite. Proprio come da brand dell’attività. La gente si riconosce in quei complementi d’arredo. «Queste sono le sedie che aveva mamma in cucina!» dice, infatti, una signora; «Il tavolo con qualcosa che sa di formica, puro stile Anni Settanta!», esclama un altro signore. «Abbiamo in qualche modo capovolto il mondo – dice ancora Marco – invece di abbellire le pareti, abbiamo abbellito il soffitto: chi alza la testa si accorgerà che avvitato al soffitto c’è un tavolo con quattro sedie, il tutto allestito a testa in giù; anche un pendolo è capovolto, un giradischi, il resto lo scopriranno sera dopo sera quanti verranno a trovarci». Un po’ di autopromozione non guasta.

Una bimba regala ad uno dei due titolari un disegno colorato. Un quadretto, con l’intero staff e una scritta: “Buona fortuna!”. «Questo lo appendiamo – parola di Cataldo – la bambina ci ha commosso, era venuta insieme con mamma e papà a trovarci; loro, i piccoli, che hanno una sensibilità non comune rispetto ai cosiddetti grandi, deve avere afferrato il senso che il nostro locale è una scommessa: presumo che da qui sia scaturito un augurio del quale sentiamo il bisogno…».

A proposito di staff. Di solito in cinque, oltre a Marco e Cataldo, Claudio lo chef, Adele suo “aiuto” e Luigi, una vera scoperta dei due neoristoratori, diventano in sei nel fine-settimana. “A casa vostra”, originale il nome dell’attività. «Diciamo che ce lo hanno quasi suggerito i nostri ex colleghi di stabilimento – dicono Marco e Cataldo – quando dicevamo che l’acciaieria doveva chiudere e lo Stato avrebbe dovuto fare opera di riconversione, la risposta dei nostri compagni di reparto era più o meno la stessa: “Se chiude l’Ilva, che facciamo, veniamo a mangiare a casa vostra?”, ecco la ragione sociale, bell’e pronta».

AFFETTO E CURIOSITA’

L’affetto della gente che si affaccia in quel locale nel quale aveva sede un altro brand storico della città, il Bar Principe, è sincero. Non è solo curiosità. A Taranto si dice, di solito, «Avete fatto bello!»: dice poco e dice tutto, i tarantini sono di poche parole. E di molti fatti, spera la squadra del locale nel quale si ospitano solo piatti di cucina tradizionale, come da insegna esterna. «Avevamo visto altri locali in centro – spiega Aldo – quello dove ha sede la nostra attività, aperta la saracinesca, ci aveva spaventati: c’era da buttare giù tutto e rifare l’intero impianto, a norma: Acquedotto ed Enel, quanta burocrazia, hanno rallentato l’apertura e, forse, è stato meglio così; avessimo aperto in pieno Covid-19, avremmo potuto chiudere prima di aprire; invece, eccoci qua, da venerdì scorso pronti alla sfida in questo secondo tempo della nostra vita».

Gli altri locali forse erano anche accoglienti, ma quell’immobile rimesso in sesto con accorgimenti vintage, intrigava i due titolari. «Siamo tornati in via De Cesare – concludono i due soci – ci siamo rimboccati le maniche: amiamo le sfide, così abbiamo rifatto tutto di sana pianta, affidandoci a professionisti per le cose che non erano di nostra competenza: ma che incoraggiamento i vicini!».

E “la signora di sopra”? «“Ragazzi se avete bisogno di acqua, non abbiate timore, chiedete!” – concludono i due titolari, Cataldo e Marco – così impastavamo e, all’ora di pranzo, ancora a lavoro, prendevamo coraggio e salivamo dalla signora, al primo piano: “Signora, non ci mandi al diavolo, ci serve un po’ d’acqua, l’AQP non ci ha ancora allacciato l’utenza!”. E lei, “E che problema c’è? Volete accomodarvi a tavola?”. Diciamo che sederci e pranzare sarebbe stato davvero troppo. Così, la prima “frizzòla” di pesce fritto è stato per lei». E che questo sia di buon auspicio…