Paolo Baldieri e il coraggio di cambiare mestiere

«Mi sono ritirato a trentadue anni, fra Roma e Lecce le mie soddisfazioni professionali. Non avevo più stimoli, mi sono ricostruito una vita. D’accordo con mia moglie e i miei figli ho lasciato la capitale e trasferito in Salento. Affascinato da Paolo Rossi, poi da Falcao e Conti, ma soprattutto dalla pesca e dal caffè e dal gelato…». Storia di un’ala veloce come poche, leale con se stesso e gli altri

Essere onesti con se stessi, poi con chi ti sta intorno. Questo è stato in campo e fuori dal perimetro di gioco Paolo Baldieri, attaccante, fulmine di guerra di una Roma scudettata, poi di un buon Lecce, una squadra e una città che col tempo lo hanno sedotto del tutto. Dopo aver abbandonato il calcio, si è dedicato al suo passatempo preferito, la pesca, poi alla compravendita immobiliare, infine il commercio. Come a dire “non si vive di solo calcio” e, se si sta bene con se stessi, ci si può meglio relazionare anche con gli altri. Lascia prima la Roma, poi la città. Come accade il più delle volte ai calciatori professionisti, in questo caso porta con sé l’intera famiglia. Moglie e figli, nonostante fossero legati alla capitale dove lo stesso Paolo aveva compiuto i primi palleggi da promessa a professionista, lui nativo di Ladispoli. Bella, esemplare la sua storia raccontata in rete, ai siti new.italia-24.com, ilposticipo.it, goal.com e via di questo passo. Una storia utile a chiunque, specie quando per dieci brillantissimi anni sei stato sotto i riflettori e ad un certo punto si «spengono le luci e tacciono le voci». Insomma, c’è vita anche dopo i trenta. E se hai la testa sulle spalle, come Baldieri, le cose vengono più facili anche quando riponi la maglietta nel cassetto.

L’onestà, innanzitutto. «A trentadue anni non mi sentivo più utile alla causa, o meglio non ero più completamente soddisfatto». Sarà stata una velocità che cominciava a battere appena un colpo a vuoto, un calcio che cominciava a cambiare, Paolo incassa un «Ma sei matto?» dalla moglie. In realtà avrebbe potuto giocare ancora due, anche tre anni, magari limitando il suo raggio d’azione. «Volevo essere sempre al top, nella Roma di Liedholm, non ero titolare, ma quando entravo davo fastidio agli avversari, non ce n’era per nessuno, ero così veloce che i difensori diventavano matti».

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QUELLA VOLTA PAOLO ROSSI…

Poi, dopo il fascino esercitato da un piccolo-grande Paolo Rossi che all’Olimpico fulmina la “magica” con tre sberle, la voglia di provarci. «Il bello di non vivere proprio nella capitale, ma in una cittadina ad un soffio dalla Città eterna, è quello di disporre spazi, campetti, giocare anche tre partite in un solo pomeriggio: così è stato, dunque Liedholm, gli allenamenti con Falcao, Conti e Di Bartolomei, i migliori insegnanti di calcio».

A Lecce diventa una bandiera, ricambia l’affetto dei tifosi salentini. «Tanto che finita la carriera, dopo aver giocato qualche annetto qua e là, decido che Lecce doveva diventare il mio quartier generale: rispetto alla capitale, trovo questa città a misura d’uomo, la mia famiglia ha condiviso».

Scelta coraggiosa, racconta Baldieri. «Volevo dedicarmi alla pesca, cosa che ho fatto per tre anni: farlo con la canna è una sfida ad armi pari e poi ti aiuta a riflettere, in una sola parola, a crescere. Mi dedico alla compravendita di immobili, una volta ristrutturati li rivendo, poi il mercato registra una flessione e penso al commercio».

E IL CORAGGIO DI CAMBIARE GIOCO

(Wikipedia)

(Wikipedia)

Uno che è veloce nel gioco e nel pensiero, ci mette un amen a cambiare “fascia”. Mercato immobiliare a singhiozzo? Bene, ecco un esercizio nel quale si può gustare un bel gelato, sorseggiare un buon caffè. «Ricomincio – spiega Baldieri – sono il primo a dare l’esempio, a ordinare io tavoli, a scaldare la macchina del caffè, a far partire la macchina per fare un gelato che sia il top”. Ossessionato dalla perfezione e dall’onestà. Il gelato e il caffè devono essere il meglio, come quando scendeva sulla fascia con i colori giallorossi della Roma in una ventina di gare importanti e oltre un centinaio con quelli del “suo” Lecce. “I miei figli hanno condiviso la mia scelta, mi seguono, sono fiero di aver insegnato loro che il lavoro e l’onestà pagano: per arrivare al massimo mi allenavo scrupolosamente, quando ho pensato che non potevo più fare strappi e dare metri ai difensori, mi sono guardato intorno, dato un periodo di riflessione e ricampionato il mio futuro, non più con le scarpette, ma con la testa e con il cuore: il commercio e la città giusti».

Oggi Baldieri è un commerciante attivo, rispettato, stimato. Un esempio per i suoi ragazzi, ma anche per la sua clientela con la quale si ferma a parlare di quello che è stato il calcio e quello che poteva essere. Uno che si è cucito sul petto uno storico scudetto di cose da raccontare deve averne a non finire. E poi, se finissero le storie di calcio, ci sarebbero ancora quelle di vita. La pastura, la canna, gli ami da usare, gli immobili, le case una consulenza che non si nega a nessuno. E il gelato. «Se il cono e il gusto sono invitanti, ci sta un peccato di gola…».