Dal buio alla luce
Il G20 si è concluso in Germania ed è cominciata la passerella dei Capi di Stato per le conferenze stampa di rito.
È stato un G20 «interessante», fitto di incontri bilaterali, durante il quale si è discussa anche la questione dell’immigrazione sulla base di un fatto di Diritto: Tutti gli Stati hanno diritto a difendere i propri confini!
Questione liquidata in poco più di un’ora che ha visto l’Italia confinata in un angolo per lasciare spazio ad altre e più importanti questioni.
Chi non avrebbe abbandonato quel tavolo, paventando altri importanti impegni istituzionali, come ha fatto il capo del Governo italiano?
L’Italia è sola e abbandonata anche dai Paesi che credeva essere vicini, primi fra tutti quelli europei. La giocoliera parolaia Merkel si sfila, dice di averne già tanti di immigrati omettendo di dire che anche grazie al loro contributo la Germania ha potuto raggiungere una stabilità economica che gli consente di decidere, mutuando dalla meteorologia, quando fa caldo e quando fa freddo.
Macron, neo eletto Presidente della Francia, passato sulla stampa internazionale come la giovane promessa per la ricostruzione di una vera idea di Europa, al primo importante passaggio si piega di fronte all’urto dell’onda xenofoba e nazionalista e chiude le sue frontiere con una mossa da politicante: bisogna distinguere fra migranti economici e profughi!
La differenza è sottile, ma è scritta nei trattati internazionali che non hanno alla base il senso della vita o le persone. Sono trattati che guardano in prospettiva, una prospettiva economica, mera speculazione.
Per fare un esempio, chi metterà (o ha già messo) le mani sull’enorme business della ricostruzione della Siria?
Le guerre sono un investimento tanto è vero che ieri Trump e Putin sono stati chiusi per due ore in una stanza per concordare una tregua e impugnare il coltello per dividere la torta: prima gli affari, i miliardi di dollari da spartire! Se avanza un po’ di tempo, penseremo alle persone!
Quelle che dovranno tornare, forse, perché in quelle aree, in quelle città persone ce ne sono davvero poche. I più fortunati sono scappati, i meno fortunati sono rinchiusi nei campi profughi in Libia e Turchia in condizioni disumane, quelli sfortunati sono rimasti sotto le bombe e le angherie dell’ISIS e dei vari eserciti o milizie schierate sul campo di battaglia.
Ma gli amici sono amici, soprattutto se in ballo ci sono interessi economici importanti. Se poi la gente lascia il proprio Paese per fame o perché vengono violati i diritti riconosciuti dalla comunità internazionale, per il solo fatto che fuggono da dittature violente e criminali, si pongono paletti all’accoglienza e si fanno distinzioni.
Ma chi lascerebbe il proprio Paese per andare incontro all’incertezza?
Sarà forse che chi decide di mettere a rischio la vita pensa di poter approdare in terre più civili, dove una persona viene considerata come persona e non come un numero o una quota da distribuire?
Nonostante le critiche, le difficoltà a gestire quella che hanno voluto diventasse una emergenza, l’Italia risponde. Magari è debole sugli scenari internazionali o forse è semplicisticamente il primo luogo di approdo.
Ma è capace di tirare fuori tutta la sua capacità di accogliere.
Passare dal buio alla luce non è difficile: a Torino il Prefetto ha risposto alle aziende che chiedevano di assumere migranti ancora non in regola con i documenti concedendo la protezione umanitaria.
Anche un gruppo di ospiti delle nostre strutture hanno scritto ai Prefetti dichiarando di voler svolgere lavori di pubblica utilità volontariamente. A Torino addirittura gli imprenditori hanno chiesto al Prefetto di essere messi nelle condizioni di assumere i migranti: «Questi ragazzi hanno imparato un mestiere e sono diventati risorse fondamentali per le nostre imprese. Chiediamo solo di poter proseguire il percorso intrapreso».
I primi 30 permessi sono stati concessi.
È un modello ripetibile in tutte le realtà dove sono ospitati migranti che, come abbiamo già scritto, sono portatori di saperi, di conoscenze, tante volte di professionalità che, ormai, in Italia non forma nessuno: quei talenti tenuti a parcheggio che diventerebbero una risorsa per una economia nazionale che aspetta di potersi rilanciare.
Il Presidente dell’Inps Tito Boeri, nei giorni scorsi, ha spiegato quanto sia fondamentale il contributo dei lavoratori stranieri nelle casse dell’ente previdenziale.
Milioni di italiani riscuotono la pensione grazie a questa risorsa aggiuntiva.
E nessuno dica che ci tolgono il lavoro!
Sarebbero falsi, ipocriti, bugiardi!
Nel mercato globale, tanto caro all’occidente, chi ha competenze e le mette in gioco lavora, al di là della provenienza e dal colore della pelle.
Basta creare le condizioni attraverso pratiche condivise e collaborative evitando di lasciare i Prefetti a gestire le emergenze senza lasciare un attimo alla possibilità di programmare e costruire percorsi possibili.