Jibril, etiope, trentasette anni, l’impegno contro il coronavirus

«Ho telefonato alla Croce Rossa italiana: quale può essere il nostro contributo nella lotta al Covid-19? Una spesa solidale, mi hanno risposto. Con i miei connazionali ho riempito carrelli con generi alimentari e prodotti per l’infanzia. La mia fuga dalla guerra, l’arrivo in Italia, l’ospitalità e un lavoro da magazziniere. Sposato, ho tre figli, amo questo Paese»

Cinque carrelli pieni di beni alimentari e prodotti per l’infanzia. Al di là del peso reale della “spesa” per quanti ne hanno bisogno, è il gesto che colpisce. «Abbiamo un debito con l’Italia, non vogliamo saldarlo con le azioni di volontariato che io e i mei connazionali stiamo svolgendo in tutta Italia a causa del coronavirus, intanto perché sentiamo l’obbligo di aiutare il prossimo che ha bisogno di assistenza; faremo altro ancora, di sicuro questo è uno dei contributi che sentiamo di fare con il cuore».

Jibril, etiope, trentasette anni, in Italia da una quindicina di anni, è uno dei maggiori promotori nel sostenere, con tanto di mascherina, qualsiasi iniziativa si tenga in tutta Italia. Potenza dei social, intanto, se tiene continui contatti con i suoi connazionali diventati nel tempo italiani a tutti gli effetti. E, allora, Jibril, racconta il suo arrivo in Italia, anche per lui uno sbarco. Come per molti dei nostri ragazzi, fra operatori e ospiti del Centro di accoglienza “Costruiamo Insieme”.

«Sono arrivato su un barcone quindici anni da – lo ricordo bene, chi può dimenticarlo… – anche io, come tanti miei connazionali e tanti altri fratelli africani, ho messo le gambe in spalla e sono fuggito: sono scappato dalla guerra; l’Italia è sulle ginocchia, ma si sta riprendendo: questo Paese non merita quello che le sta accadendo, e non lo dico per compiacere i miei amici italiani negli anni diventati davvero tanti».

CINQUE CARRELLI…

Jibril ha consegnato alla Croce Rossa la “sua” spesa solidale. Una colletta fra connazionali, consegnata con tanto di mascherina agli addetti alla raccolta di beni di consumo da consegnare ad anziani, famiglie in difficoltà.

Ancora a proposito di quel viaggio per l’Italia. «Quando mi trovato in mezzo al Mediterraneo, dopo aver attraversato il Sudan e la Libia, abbiamo avvistato una imbarcazione con a bordo personale della  Croce Rossa italiana; è grazie a loro che il mio viaggio di speranza ha cominciato a prendere una piega fortunosa: così, a me e i miei compagni di viaggio, ci hanno accompagnato a Lampedusa. Da lì in poi, ognuno ha scelto la sua destinazione». Sicilia, Calabria, Puglia e, ancora, Roma e Milano, per quanti avevano scelto destinazioni italiane. Jibril, ha compiuto un percorso importante, si è guadagnato fiducia e lavoro, tanto da aver messo su famiglia. «Adesso lavoro come magazziniere – racconta il trentasettenne etiope – sono sposato e ho tre figli: dobbiamo tutto all’Italia». Non facciamo populismo, ma anche l’Italia deve molto a Jabril e quanti, come lui, hanno amato a prima vista l’Italia e hanno deciso di mettere le proprie radici in questo Paese.

E così la sua comunità in questi giorni di emergenza Coronavirus ha chiamato la Croce Rossa per chiedere cosa potesse fare lui, insieme con connazionali e fratelli africani, per manifestare una sentita vicinanza a quanti si stessero dibattendo nella paura da Covid-19. E, allora, ecco la “spesa solidale”. Cinque carrelli di beni alimentari a lunga scadenza e prodotti per l’infanzia. Non solo un gesto simbolico ma un’azione concreta di solidarietà, per restituire intanto la gratitudine di una comunità allargata verso la “sua” Croce Rossa, che tanto ha fatto per lui, per loro e quanti come loro sono diventati italiani “a tempo pieno”.

SOLIDARIETA’ INFINITA

«In questi giorni, siamo in prima linea tanto sul piano sanitario quanto su quello sociale per garantire a tutti il diritto alla salute, alla cura, alla dignità», ha spiegato Luigi Maraghini Garrone, Presidente della Croce Rossa di Milano. «La solidarietà della comunità etiope, in particolare, ci commuove e ci incoraggia a compiere ogni giorno un passo in più; per fare ciò, abbiamo attivato misure eccezionali per rispondere prontamente ai bisogni della gente e garantire la tutela di operatori e delle persone che soccorriamo; stiamo affrontando un momento di forte stress operativo e ogni contributo è, dunque, fondamentale a sostegno del nostro impegno». La città con la maggiore concentrazione di etiopi in Italia è Roma (2.368), seguono Milano (598) e Parma (343).

Ancora a proposito di Etiopia, il Primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed, ha dichiarato lo stato di emergenza come misura per contenere la pandemia di Covid-19 nel Paese. Il provvedimento è stato reso noto dall’ufficio del premier . «Considerando la gravità del Covid-19,  il Governo dell’Etiopia ha messo in atto uno stato di emergenza», ha dichiarato l’ufficio di Ahmed. Nelle scorse settimane il Primo ministro aveva annunciato la chiusura di tutti i confini dell’Etiopia, mentre alle forze di difesa nazionali è stato ordinato di bloccare il movimento delle persone lungo tutti i confini, ad eccezione che per i beni essenziali in arrivo nel Paese. E’ bene ricordare che ad Abiy Ahmed Ali, promotore dello storico accordo di pace con l’Eritrea, lo scorso anno è stato meritatamente assegnato il Nobel per la pace.