Un quattordicenne durante una gara offende un direttore di gara donna

Il giovanotto ha tirato giù i pantaloncini e mimato un gestaccio. L’“arbitressa” era già stata oggetto di insulti sessisti da parte dei genitori dei giovani calciatori. L’intervento dell’olimpionico Daniele Scarpa. «Non riduciamo lo sport a uno sfogatoio o un’arena!». Squalifiche e scuse.

L’episodio è stato di quelli che hanno fatto discutere per giorni interi. E non solo fra Venezia, Mestre e il circondario. Se ne è parlato in tutta Italia. Cassa di risonanza tv, radio, social e stampa. Il tempo di un caffè sorseggiato al bar, sia chiaro. Certo, ci sarebbe da scandalizzarsi, considerando il gesto incivile di un ragazzetto di quattordici anni che si cala i pantaloncini davanti al direttore di gara, una donna. Ma da noi, il più delle volte, invece di diffidare i protagonisti di simili messinscene, questi episodi diventano battute, sketch, dirette televisive pomeridiane.

Scusate, abbiamo lasciato il piccoletto con i calzoncini ancora calati all’altezza delle ginocchia. Riprendiamo la cronaca. Anche il papà di questo burlone in erba una decina di anni fa ebbe una pesante squalifica. E anche in quell’occasione, il soggetto era un arbitro. Un maschietto, beninteso, questo per dire che in famiglia non si fanno scrupoli. Quando c’è da tirare fuori gli attributi, non ci pensano su due volte. Vero che il fischietto lo fanno trillare le “giacchette nere”, ma vuoi mettere la competenza di un calciatore dopolavorista che sferra calci, perde una gara nemmeno fosse la finale dei Mondiali?

Ma veniamo alla storiaccia dei giorni scorsi. Durante una gara riservata al categoria “Giovanissimi”, l’arbitro, Giulia Nicastro, ventidue anni, è vittima di insulti sessisti. Il piccoletto non si erge ancora a protagonista, anche se già avverte che ha il pubblico dalla sua parte e se gli passasse la mosca davanti al naso, per l’“arbitressa” sarebbero guai seri. I primi insulti partono da un gruppo di genitori, sempre loro, quelli che di solito vedono per se stessi e per il proprio figliolo un futuro nel dorato mondo pallonaro e, se non andasse proprio così bene, come tronista in tv, prima; da “ospite” in una discoteca trendy, poi.

Per l’intera durata della partita fioccano epiteti di vario genere. Il colpo di scena è, però, nell’aria. Il giovanotto ha fiutato la prima pagina dei giornali locali e incassato un applauso dalla gradinata. E’ il momento di diventare un “eroe”. Il piccolo calciatore, classe 2004, società del Treporti, contesta. Attenzione, non un calcio di rigore, la massima punizione, bensì un misero calcio d’angolo. Invece, come da regolamento, di invitare il suo capitano a rivolgersi con rispetto alla “direttrice di gara” per tornare sui sui suoi passi a proposito dell’assegnazione di quel corner, prende una scorciatoia: si abbassa i pantaloncini davanti alla donna ventiduenne, e fa riferimento a pratiche sessuali che evidentemente già conosce.

Espulsione. Squalificato lui, il giovanissimo praticone che conosce il linguaggio del corpo, multata la società. Come minimo. Applausi dagli spalti al coraggio del piccoletto, in quel pomeriggio di metà settimana per quell’atto eroico.

Ma non tutto viene per nuocere. L’Italia sarà pure un Paese in questi anni sfamato a gossip e tv, ma è ancora abitato da gente di buon senso. Prendiamo il campione olimpionico Daniele Scarpa. Non uno qualunque, bensì uno che ha vinto medaglie al massimo livello. Bene, Scarpa invita il padre del quattordicenne a incontrarlo. Il genitore accoglie l’invito e rivolge le sue scuse a tutti.

Scuse anche dalla società di calcio Treporti. Il sindaco della cittadina vicino Venezia, una donna anche lei, fa sentire al “direttore di gara” la solidarietà della città. Nel frattempo spunta un vecchio referto arbitrale: anche il padre del quattordicenne che si è calato i pantaloncini dieci anni fa subì una pesante squalifica per aver contestato il direttore di gara.

Cavallino Treporti, comune della Costa veneziana di tredicimila abitanti famoso per i campeggi sulla spiaggia, può dirsi riabilitato. L’ex campione olimpico, il canoista Daniele Scarpa (un oro e un argento ad Atlanta 1996) è riuscito a tenere insieme una comunità per giorni si è interrogata su quanto accaduto. “L’episodio deve essere l’occasione per aprire una riflessione sul valore educativo dello sport”, ha dichiarato il campione promotore del Progetto Desirée contro il bullismo nello sport.

«Non è solo un problema del ragazzo – ha detto Scarpa – oppure di cosa succede nei campi da calcio, ma di tutti noi: purtroppo il valore educativo dello sport sta venendo meno anche in altre discipline. Sono un appassionato di basket, ma non nascondo che a volte mi vergogno di sentire quanto urlano i tifosi nei confronti dell’arbitro, spesso nonostante abbiano accanto figli minorenni: loro, quando cresceranno, si comporteranno allo stesso modo. Il rettangolo di gioco non deve essere uno sfogatoio: lo sport in genere deve essere un’arena educativa con arbitro, regole e giocatori, non un Colosseo dove si alza o abbassa il pollice».

Per discutere di questi temi, Scarpa ha già invitato a Venezia il presidente del Coni, Giovanni Malagò, con l’obiettivo di promuovere la carta dei fair play. «E ricordare – conclude l’olimpionico medagliato – che lo sport ha soprattutto un valore sociale. Mi auguro che il presidente Malagò, sensibile a questi temi, accetti l’invito».

Fine della storia. Se non fosse che, come spesso capita a un Paese dalla memoria corta e dalla visione lungimirante, tutto finisce a tarallucci e vino, con la benedizione dei media che fanno da moralizzatori prima e da pacieri poi. L’arbitro ha avuto i suoi cinque minuti di celebrità, ha ricevuto il plauso della Sezione arbitri di appartenenza, lo solidarietà del Coni che proporrà l’arbitressa a una medaglia e una promozione sul campo. Popolarità anche per il sindaco della cittadina, intervistato dalla tv nazionale. Papà e mamma del ragazzetto hanno fatto la figura dei genitori inflessibili. Unico ad aver fatto il suo, Scarpa. L’atleta non ha rilasciato solo interviste, ma si è attivato con un progetto contro il bullismo. E questa è materia di consolazione. Insomma, non tutto il male…