Saman, diciotto anni, pakistana, uccisa per “disonore”

Una conversazione intercettata dai carabinieri di Reggio Emilia inchioderebbe il papà della ragazza. Il presunto omicida sarebbe stato aiutato da parenti nel far sparire il corpo della ragazza. Non le avrebbero perdonato il rifiuto di un matrimonio già combinato e una foto postata sui social (mentre abbraccia il fidanzato scelto liberamente)

Foto 24emilia.com

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«Ho ucciso mia figlia e non me ne frega niente di nessuno». Svolta nell’omicidio della ragazza pakistana, scomparsa nella notte del 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara: una chiamata incastrerebbe il padre. La giovane si era ribellata a un matrimonio combinato. Rinviati a giudizio genitori, lo zio, accusato di essere l’autore materiale dell’assassinio, e due cugini.

«Ho ucciso mia figlia e non me ne frega niente di nessuno». Così al telefono, il papà di Saman, la ragazza diciottenne ammazzata e sepolta con l’aiuto di familiari. Intercettato dagli uomini del Comando dei carabinieri di Reggio Emilia mentre parla ad un parente, l’uomo confessa quanto accaduto per sollevarsi dal disonore provocato dal comportamento della figliola, promessa sposa fin da piccola ad un parente residente in Pakistan. La ragazza non aveva accettato la costrizione. Non solo, non “autorizzata”, si era innamorata di un ragazzo che incontrava quando poteva, fino a postare su un social la sua felicità con una foto mentre bacia il suo fidanzato scelto liberamente.

Essere ammazzati per aver rifiutato un matrimonio combinato dai familiari e per aver pubblicato su un social – come usa fare i ragazzi – una foto, mentre amorevolmente bacia il suo fidanzato. Saman Abbas non c’è più, soppressa dicono gli inquirenti, in un efferato omicidio al quale hanno partecipato anche parenti.

AMMAZZATA DAL DISONORE

«Per me la dignità degli altri non è più importante della mia – diceva il papà di Saman nella telefonata intercettata fatta al parente che sta ad ascoltarlo – ho lasciato mio figlio in Italia, ho ucciso mia figlia e sono venuto qui (in Pakistan, ndc), non mi frega di nessuno».

Questa conversazione finisce agli atti del processo che avrà inizio a febbraio a carico dei familiari della diciottenne scomparsa nella notte del 30 aprile dello scorso anno da Novellara e che Procura e Carabinieri di Reggio Emilia, sostengono sia stata assassinata perché rifiutava di sposare un cugino in patria, minacciando i genitori di volersene andare di casa.

Poi la foto di quel bacio social per le vie di Bologna diventato virale. Uno scatto d’affetto tra Saman e il suo fidanzato, da lei postato sui social tra il finire del 2020 e l’inizio dello scorso anno. Secondo le indagini fu l’elemento che provocò la rabbia dei familiari della ragazza pakistana. Lo scatto risale al periodo in cui la ragazza viveva in una comunità protetta. Secondo la deposizione del cugino, sentito dai carabinieri di Reggio Emilia, il padre di Saman, Shabbar, e la madre della ragazza, Nazia, erano imbarazzati tanto da «lamentarsi continuamente per quanto stesse accadendo».

Foto Blasting News

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FINALMENTE UNA SVOLTA

La svolta nelle indagini e l’imputazione di omicidio e concorso in omicidio. Nel febbraio del prossimo anno, a Reggio Emilia andranno a processo i tre familiari della povera Saman, tratti in arresto all’estero, tra Francia e Spagna, nei mesi scorsi: uno zio, due cugini, gli stessi genitori, Shabbar e Nazia, entrambi ancora latitanti in Pakistan.

Le intercettazioni del padre. “Per me la dignità degli altri non è più importante della mia (…) – diceva Shabbar al parente nella telefonata intercettata – Io ho lasciato mio figlio in Italia (il fratello minorenne di Saman ora affidato a una comunità protetta, ndr). Ho ucciso mia figlia e sono venuto, non me ne frega nulla di nessuno”. Lo stesso familiare, sentito dai carabinieri il 25 giugno di quell’anno, ha riferito che il padre di Saman lo aveva chiamato per intimargli di non parlare di lui.

«Io sono già rovinato – le parole del papà di Saman, secondo il racconto del parente reso ai carabinieri della stazione di Reggio Emilia – avete parlato di me in giro, non lascerò in pace la vostra famiglia: io sono già morto, l’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore».