Alain Elkann e il breve racconto estivo pubblicato su Repubblica

Viaggio Roma-Foggia. Il giornalista-scrittore si imbatte in moderni “lanzichenecchi”, ragazzi con smartphone e tatuaggi. Il Comitato di Redazione si dissocia, i quotidiani da QN a Il Fatto, proseguendo con il cliccatissimo Open, criticano l’articolo classista. Poi gli interventi, ironici, di giornalisti e scrittori. Insomma, caro papà di John e Lapo, la sua non si può dire sia stata una buona idea

 

Compovtamento vipvovevole. Come a dire: comportamente riprovevole, ma pronunciato in modo chic. Alain Elkann, giornalista, papà di John e Lapo, sposato per qualche anno con Margherita Agnelli, figlia di Gianni, l’Avvocato, ha combinato un pasticcio. Ha scritto un pezzo, folle, su alcuni «ragazzacci» incontrati in prima classe su un treno Roma-Foggia e da lui definiti «lanzichenecchi» (boriosi mercenari senza arte e né parte menzionati pure nei Promessi sposi di Manzoni) chiedendo che il suo scritto fosse pubblicato su Repubblica (quotidiano che fa parte di uno dei gruppi controllati dal figlio John): detto-fatto. Intanto per ribadire il concetto «lei non sa chi sono io», della serie: «come ti demolisco, se voglio, in due minuti». Figlio di banchieri, sposato con una delle eredi della famiglia italiana più potente, stavolta è voluto uscire dal seminato. Nel senso che fino all’altro giorno, ci pare intervenisse spesso su politica internazionale, ebraismo (papà banchiere e rabbino) e grandi sistemi (non a caso aveva con sé una copia del Financial Times), ma non ci pare avesse scritto articoli di cronaca bianca, come, invece, gli è capitato l’altro giorno. Quando qualcuno sa di detenere il potere, non c’è niente da fare, non riesce a trattenerla: deve farla, foss’anche fuori dal vaso. Sennò a cosa serve essere nato in una famiglia ricca, essersi imparentato con Agnelli, avere un figlio potente e uno più “sportivo”.

 

 

APRITI CIELO

Così, il Quotidiano Nazionale sintetizza, per stralci, l’intervento di Elkann su Repubblica.  Domandandosi, intanto, dove egli abbia vissuto fino ad oggi. Il giornalista e scrittore, si stava recando a Vieste, ospite della kermesse letteraria “Il Libro Possibile”: su Repubblica fornisce una «grottesca rappresentazione dei passeggeri che erano con lui sul treno “Italo” da Roma a Foggia». Il giornalista definisce, si diceva, «giovani lanzichenecchi senza nome» alcuni ragazzi che si stavano recando nel capoluogo dauno: «t-shirt, cappellino da baseball, scarpe Nike – scrive su Repubblica e QN, fra gli altri, lo riporta sulle sue colonne – «tutti con un iPhone in mano», guarda che novità. «Nessuno portava l’orologio; avevano tutti braccia, gambe o collo con tatuaggi». A Roma, senza tanti giri di parole, avrebbero tagliato corto con un sonoro «…e ‘sti c***i?».

Lui invece, indossava «un vestito di lino blu e camicia leggera e aveva una cartella marrone di cuoio con dentro il Financial Times, il New York Times e Robinson, il supplemento di Repubblica». Stava anche finendo di leggere un libro di Proust. Il tutto mentre i ragazzi, altra grande novità, parlavano ad alta voce. «Come fossero i padroni del vagone, non curanti di chi stava attorno». Capita nel mondo dei più giovani.

Sfiora quasi il ridicolo, QN, quando Elkann afferma di aver temuto di aver sbagliato treno: «Non sapevo che per andare da Roma a Foggia si dovesse passare da Caserta e poi da Benevento». In effetti, sotto Roma, che Italia è?

 

 

RAGAZZI TATUATI

Quasi scandalizzato, poi, sente «i giovani parlare di ragazze e di come abbordarle in spiaggia. Sicuramente con toni e termini evitabili, ma nulla di clamoroso. «Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo». Evidentemente questi ragazzi non sanno che per affascinare una ragazza è sufficiente telefonare a un fioraio di Interflora e inviare due, tre dozzine di rose. Diamine, chi, oggi, non ha in tasca una card o un biglietto da 500 euro?

Invece delle rose a dozzine, questi ragazzi «parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla». Infine, Elkann: «Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani ‘lanzichenecchi’ senza nome».

Nessuno lo ha salutato, accidenti, ci pensate, come si fa a non riconoscere Alain Elkann? E a non salutarlo, chiedendogli – se non si fosse arrecato troppo disturbo – di portargli la borsa fino a destinazione.

Questo, a sprazzi, l’articolo che ha scatenato numerose reazioni sui social, tutte molto critiche nei confronti della ricostruzione tracciata da Elkann. Fra queste, anche quello del Comitato di redazione di Repubblica, praticamente un autogol.

 

E IL CDR DI REPUBBLICA?

«Questa mattina – scriveva ieri il CdR – la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro – concludono nella nota – siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà».

Scrive Franco Bechis su Open: «Il papà dell’editore di Repubblica, John Elkann, è stato disturbato in treno da un gruppo di adolescenti maschi e chiassosi che ad alta voce discutevano di calcio, di musica e di come rimorchiare le ragazze con linguaggio tutt’altro che forbito ed evidente noncuranza per altri viaggiatori più avanti negli anni e nelle letture che avrebbero voluto passare in ben altro modo quel tempo assai lungo che separa le stazioni ferroviarie di Roma Capitale e di Foggia.

Dal viaggio disturbato è nata una lettera piccata del viaggiatore suo malgrado non solitario, Alain Elkann. Ed essendo il papà dell’editore John scrittore di un certo successo Repubblica ha pensato di accogliere il manoscritto non confinandolo nella scontata rubrica delle epistole, ma nobilitandolo nelle pagine di cultura dell’edizione cartacea di lunedì 24 luglio, fingendo la pubblicazione di un “breve racconto di estate”».

 

 

IL FATTO E’ CERTO

Riprende a sua volta, Il Fatto Quotidiano. «Siamo nel 2023 e ancora facciamo viaggiare Alain Elkann sui treni con i poveri ma che ca**o di paese siamo?”, “La pvima classe pullula di popolani”: le reazioni social all’articolo dello scrittore. Davide Turrini sul Fatto, aggiunge: «L’intemerata classista di Alain Elkann contro i “lanzichenecchi” è diventata presto virale. L’articolessa finita su Repubblica, in cui il papà del padrone del quotidiano medesimo descrive con fastidio un gruppo di adolescenti seduti in prima classe di fianco a lui sul treno Italo, che lo ha portato da Roma a Foggia, ha suscitato su Twitter reazioni di dilagante ilarità come di riflessioni argute e costruttive».

Infine, lo scrittore Paolo Nori, approfitta un po’ come si faceva nella redazione di Cuore con i libri di Eugenio Scalfari: «delle circostanze per pesare Vita di Moravia, di Alain Elkann: pesa 810 grammi». “La durezza del vivere”, account del giornalista Sergio Giraldo, ha accostato i nobili fastidi del casato piemontese grazie ad un semplice ma evocativo cambio di consonanti: «Alain Elkann mentve si appvesta a salive sul tveno pev Foggia, nonostante la pvima classe pulluli di popolani».