Il saluto di “Costruiamo Insieme” al Maestro Franco Sannicandro.

Ciao Franco,
compagno di tante avventure, di tanti progetti fatti e da fare anche nella tua Città, Bitonto, alla quale hai guardato sempre con forte senso di appartenenza pur essendo, per natura un cittadino del mondo che con il mondo ha sempre voluto confrontarsi.
Ho continuato fino a chiamarti al telefono fino a qualche giorno fa. Ho pensato che fossi in giro in chissà quale luogo con la tua arte e con le tue opere accompagnato dall’instancabile voglia di conoscere, di “mescolarti”, di condividere.
Quella stessa passione che ti ha portato subito a cercarci, a voler progettare con noi percorsi che guardavano oltre l’accoglienza, guardavano con attenzione alle persone, a quei migranti che vivevi come risorsa, come una “miniera dalle infinite potenzialità” cercando una sintesi alla tua voglia di interagire, di costruire forme nuove per comunicare, per parlare agli altri: “Ognuno ha un modo suo di trattare la materia, ti manipolarla, di tirare fuori da essa un messaggio attraverso una forma che diventa linguaggio universale”.
Non sapevo!

Foto Sannicandro articolo - 3

Eppure, eri a due passi da me, in ospedale, mentre ti credevo in giro per il mondo a portare opere e cultura.
La tua arte fatta di mescolanza di stili e di culture fuori da ogni stile e cultura, sopra ogni logica stereotipata mi ha innamorato dal giorno in cui ho avuto il piacere e l’onore di conoscerti a Giovinazzo, non nella tua città.
Giovinazzo, Istituto “Vittorio Emanuele”.
Tutte scale e, scale grandi, quanto la maestosità dell’Istituto.
Ricordo che le segretarie avevano fissato un appuntamento con il Maestro Sannicandro ma non sapevo delle tue difficoltà fisiche. Eppure, quelle scale le hai salite tutte, gradino dopo gradino, per arrivare al mio ufficio.
E per cosa? Metterti a disposizione per i progetti di integrazione dei “matti e dei tossici” che avevo messo in campo con il più matto di tutti, Rocco Canosa, che ha fatto un pezzo grande della psichiatria anzi, no, della salute mentale, che è altra cosa.
E ne abbiamo passate di ore al telefono e nel mio ufficio fra concretezza e filosofia, storia e arte ma guardando sempre alle persone, a quelle definite “Socialmente deboli”.
E ci siamo riusciti, in una cosa nella quale non ci credeva nessuno!

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E poi ci siamo risentiti perché volevi integrare i migranti, nella tua città, Bitonto e avevamo iniziato a progettare insieme perché ci univa la bellezza delle differenze e delle culture.
Adesso, hai lasciato un vuoto incolmabile in un contesto che sente ma non ascolta.
Un vuoto che risucchia come un vortice dentro il niente.
Maestro, così ti vogliamo salutare.
Maestro di vita e, poi, d’arte!
Si, perché attraverso l’arte hai restituito la vita a chi, ormai, la sentiva persa, andata, finita. E volevi continuare quest’opera di integrazione, di restituzione di speranza, anche con i migranti, quelli ospitati nella tua Città.
Le lacrime di questo momento sono il segno della nostra debolezza di fronte alla grandezza della tua persona e del tuo messaggio.
Quel messaggio che porteremo sempre dentro “Essere duri senza mai perdere la tenerezza” che non è nostro ma che abbiamo sposato.
Noi continuiamo, ma tu ci manchi!