Leogrande, 40 anni, giornalista-scrittore tarantino, è scomparso per un improvviso malore. Forte il suo impegno dalla parte dei più deboli, dai migranti ai braccianti stranieri sfruttati nelle campagne del Sud.

Alessandro Leogrande, non c’è più. Giornalista e scrittore, se ne è andato improvvisamente a 40 anni. La notizia della sua morte, che ha sconvolto amici, colleghi e lettori che lo seguivano, l’ha data il padre Stefano. Aveva collaborato con i giornali “Corriere del Mezzogiorno” e “Internazionale”. Era vicedirettore della rivista “Lo Straniero” di Goffredo Fofi, oltre ad un instancabile cronista di attualità, politica, cultura. Tarantino trasferitosi a Roma, aveva posto con impegno e coraggio l’accento su temi come le migrazioni contemporanee, le nuove mafie, il caporalato nelle campagne del Sud.

Nel ricordo del padre Stefano, non solo il dolore insopportabile di sopravvivere a un figlio, a un figlio così, ma anche la lucidità nel ricordare la sua qualità intellettuale. «Alessandro, per me – scrive il padre – era bellissimo. Alessandro era la Gioia, che entrando in casa , ci coinvolgeva e travolgeva, roboante e trascinante; ma era anche il lavoro fatto bene, analitico e profondo; tutto alla ricerca della verità; ed era anche la denuncia; fatta con lo stile dell’annuncio, che, nonostante tutto, un mondo migliore, è ancora possibile. Ho sempre percepito, orgogliosamente, che la Sua essenza fosse molto, ma molto migliore della mia. Oggi questo padre si sente orfano».

Aveva scritto, si diceva, reportage narrativi sulle nuove mafie, le migrazioni contemporanee, i movimenti di protesta e lo sfruttamento dei braccianti stranieri nelle campagne italiane.

Come scrittore aveva esordito con “Un mare nascosto” (2000), storia che si svolge nella città di Taranto, cui seguono, tra l’altro, “Uomini e caporali”. “Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud” (2008), “Fumo sulla città” (2013) e “La Frontiera” (2015). Con Il naufragio. Morte nel Mediterraneo aveva vinto il Premio Ryszard Kapuściński e il Premio Paolo Volponi. Per minimum fax ha curato l’antologia di racconti sul calcio “Ogni maledetta domenica” (2010).
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Appena qualche giorno fa, Alessandro Leogrande, aveva pubblicato con Andrea Segre e Dagmawi Yimer una lettera aperta per disertare il bando per “migliorare le condizioni” dei campi di internamento in Libia per rifugiati e profughi.

«Martedì 29 novembre – aveva scritto Leogrande con Andrea Segre e Dagmawi Yimer – a mezzanotte scade il termine per partecipare al bando con cui il governo italiano finanzierà progetti di «primissima emergenza a favore della popolazione dei centri migranti e rifugiati» in Libia. Le Ong italiane possono accedere a un finanziamento totale di 2milioni di euro, destinati a migliorare gestione e condizione di tre “centri migranti e rifugiati” dove “risiede parte della popolazione migrante mista in Libia”. Si tratta a nostro avviso di un bando offensivo e vergognoso per almeno tre motivi: Quei centri non sono «centri migranti e rifugiati» ma sono veri e propri «campi di concentramento», come ampiamente documentato da ormai decine di media e organizzazioni di tutto il mondo. La definizione che il bando governativo ne dà (appunto «centri migranti e rifugiati») è talmente inesatta e ipocrita da usare il termine rifugiati in un Paese dove questa categoria non può esistere, perché non riconosce la Convenzione di Ginevra.

L’intervento è previsto in «centri» dove (lo dice il bando stesso) la capacità di effettiva sorveglianza delle autorità ufficiali libiche è «in molti casi limitata», perché in realtà sono “gestiti da milizie locali”.

Le Ong italiane non hanno alcuna possibilità di agire in quei campi se non previo accordo con le milizie stesse, che ne gestiranno modalità di azione e relativo budget. Il tutto serve a un’operazione d’immagine per raddolcire o addirittura coprire le conseguenze disumane e raccapriccianti delle misure di blocco e respingimento dei migranti messe in atto da Italia e Europa a partire da agosto scorso, costate per altro 100 volte di più di queste misure di «primissima emergenza». Tutto ciò è inaccettabile».

Di questo e altro ancora avrebbe voluto parlare Alessandro Leogrande il prossimo 3 dicembre a Roma, al Forum “Per cambiare l’ordine delle cose”, a cui hanno aderito più di 700 persone da oltre 120 città d’Italia.