Italcementi avvia la pratica per la chiusura delle attività

Tramonta un altro pezzo di storia dell’industria a Taranto. Era arrivata nella Città dei Due Mari negli Anni Sessanta, con l’ex Italsider e la Belleli. L’ultimo anno dicigs straordinaria. L’azienda: nessuna alternativa allo stop. Il sindacato: ricollocazione nelle bonifiche. La disamina del Sole 24 Ore.

 

Tramonta un altro pezzo di storia industriale di Taranto: chiude la ex Cementir. La notizia di una chiusura annunciata la riporta il Sole 24 Ore. Oggi Cemitaly, facente parte del Gruppo Italcementi, la Cementir arrivò nella Città dei Due Mari negli Anni Sessanta insieme all’ex Italsider (oggi ArcelorMittal) e alla Belleli, l’industria delle piattaforme petrolifere off shore dismessa vent’anni fa. Al Ministero del Lavoro Italcementi ha confermato che lo stabilimento chiude e che seguirà l’avvio della procedura di licenziamento collettivo che il gruppo aveva aperto per le 51 unità di Taranto nel luglio scorso. L’ex Cementir era già completamente ferma già da tre anni e il personale, inizialmente più di 100 unità, cinque anni fa era sceso a circa 70 per arrivare infine agli attuali 51 dipendenti.

Al ministero del Lavoro sindacati degli edili e azienda, prosegue il quotidiano di Confindustria, hanno concordato un anno di cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività che decorre dal 16 settembre. Sono già in cassa i dipendenti Cemitaly. I sindacati spiegano che la cigs per cessata attività serve ad attenuare gli effetti della chiusura. Previsto, inoltre, un esodo incentivato per chi nel frattempo volesse risolvere definitivamente il rapporto di lavoro e la possibilità che, a fronte di posizioni di lavoro aperte da Italcementi in altri stabilimenti in Italia, gli addetti di Taranto, se lo vorranno, potranno candidarsi. Una candidatura che possono manifestare anche nei 24 mesi successivi alla conclusione del nuovo anno di cassa integrazione.

 

LE PARTECIPAZIONI STATALI…

Cementir era arrivata a Taranto con Partecipazioni Statali e la strategia dell’intervento pubblico. Per tanti anni, aveva prodotto una specifica tipologia di cemento usando la loppa, materiale dell’industria siderurgica. L’ex Cementir è, infatti, situata accanto all’acciaieria. In seguito a un sequestro di anni fa che riguardò proprio il parco loppa dell’ex Ilva, le venne preclusa questa possibilità.

Cemitaly, arrivata nel 2018, aveva evidenziato che già cinque anni prima lo stabilimento di Taranto era in una condizione di prolungato fermo produttivo. Spenti i tre forni per la produzione, il sito era diventato solo un centro di macinazione. Questo per tre ragioni: grave crisi di mercato e di prodotto, difficoltà di reperimento di loppa d’altoforno dal vicino stabilimento ArcelorMittal e impossibilità nel reperire altrimenti la materia prima a costi sostenibili. Già nell’ottobre 2018, Cemitaly aveva annunciato il licenziamento dei dipendenti, allora sessantasette. Licenziamenti poi bloccati e convertiti con la cassa integrazione straordinaria.

Perché non c’è nessuna alternativa allo stop, lo spiega il Sole 24 Ore. Nel periodo di cigs, scrive il quotidiano, prorogata inizialmente sino a dicembre 2020 e poi tramutata in cig Covid che termina il prossimo 15 settembre, Cemitaly ha valutato la possibilità di una ripresa, ma per l’azienda non sono state riscontrate le condizioni. Cemitaly ha sostenuto che non sono possibili soluzioni alternative ai licenziamenti e non risulta percorribile la possibilità di conversione del sito ad altre produzioni di cemento in ragione sia dell’articolazione più generale del gruppo, che della situazione in cui attualmente versa il mercato del cemento.

 

POI IL GRUPPO CALTAGIRONE

Oltre a dismettere lo stabilimento, Cemitaly restituirà all’Autorità portuale anche la calata 4 ripristinata. Dopo essere stata nelle Partecipazioni Statali, l’ex Cementir era passata al gruppo Caltagirone che, anni fa, aveva anche annunciato un piano di rilancio con investimenti per il sito. Le vicende dell’Ilva, a partire dal sequestro dell’area a caldo del luglio 2012, unite all’involuzione del mercato, portarono però Caltagirone a fare un passo indietro e a fermare il piano annunciato.

Ma a margine della chiusura si registrano gli interventi di sigle sindacali. «Ora Italcementi – dichiara Francesco Bardinella della Fillea Cgil – chiederà la sospensione dell’Autorizzazione integrata ambientale al ministero della Transizione ecologica. Per un obbligo di legge, dovrà fare gli interventi necessari per mettere in sicurezza il complesso industriale. Se ci fosse una nuova attività, è chiaro che questa dovrà anzitutto assorbire i disoccupati. L’età media degli addetti è intorno ai cinquanta anni. Non si può traguardare per loro la pensione nel breve termine. Se invece l’attività in quel sito non riprenderà più, avremo purtroppo una fabbrica deserta, abbandonata, e che andrà verso il degrado».

«Facciamo in modo che il personale ex Cementir – dichiara Silvio Gullì della Filca Cisl – sia riconvertito nelle bonifiche a partire da quelle dello stabilimento. Considerata l’assenza di imprese specializzate in questo territorio nonostante il gran numero di bonifiche di cui Taranto ha bisogno, ritengo sia di fondamentale importanza fornire a Taranto un bacino di lavoratori formati e specializzati proprio nelle bonifiche».