Abdullahi, somalo, consigliere comunale

Rifugiato, eletto con oltre mille preferenze. «Lavoro per l’integrazione, rafforzare il dialogo interculturale e interreligioso. Sogno percorsi di educazione nelle scuole e diffondere politiche di buon vicinato. In alcune zone non è facile essere nero e dire “Voglio rappresentarti”

 

Bella la storia di Abdullahi, sbarcato tredici anni fa a Lampedusa. Passato attraverso quel percorso che molti suoi fratelli in arrivo dal continente africano hanno compiuto, lui ha fatto di più. Ha imparato la lingua italiana, questo per accorciare le distanze fra sé e gli italiani con i quali, dice lo stesso Abdullahi, non ha mai avuto discussioni sui temi razziali. Poi ha trovato un lavoro, prima saltuario, poi da mediatore, a fare da interprete per i suoi connazionali e quanti, neri come lui, arrivavano dall’Africa. Infine, la cittadinanza onoraria prima, la nazionalità italiana poi. E con quest’ultima, la possibilità di esprimere la propria opinione politica attraverso il voto. E, perché no, candidarsi. Rappresentare le minoranze, ma anche gli stessi italiani, quelli che si sono allontanati dalla politica, non hanno più fiducia dei propri rappresentanti,  «tanto sono tutti uguali…». E invece, lui, il somalo arrivato in Italia tredici anni fa, non solo fa attività sociale, scrive libri, si spende per il prossimo, ma sostenuto, incoraggiato da un sacco di amici, si candida pure. E la cosa bella è che Abdullahi viene anche eletto in Consiglio comunale. A Torino, millecentododici preferenze.

Bene ha fatto, dunque, con la solita puntualità a raccontare la sua storia la redazione del “ilfattoquotidiano”. Abdullahi sbarca nel giugno del 2008 a Lampedusa. Con lui, somalo, altri connazionali. Sette mesi di viaggio attraverso l’Africa, per essere poi trasferito a Settimo Torinese, nel Centro accoglienza della Croce rossa italiana.

 

«PRIMA IMPARA L’ITALIANO…»

«Primo obiettivo – spiega alla redazione del noto quotidiano – imparare l’italiano e lavorare; qualche anno dopo sono arrivate altri miei connazionali». Giunto in Italia prima di loro, Abdullahi viene coinvolto come interprete. «Non solo, volevo migliorarmi, così ho fatto il corso di mediatore interculturale: l’inizio di un percorso…».

Comincia così, spiega il giornale online diretto da Peter Gomez (Marco Travaglio firma quello cartaceo) il suo impegno per favorire l’integrazione degli stranieri, ma anche per far conoscere la vita dei migranti agli italiani. Qualcosa di talmente impegnativo che sette anni fa il Comune di Settimo Torinese conferisce al giovane somalo la cittadinanza onoraria. Atto simbolico, si legge nella motivazione, per premiare «il forte senso civico che si traduce in impegno concreto svolto a favore della comunità».

Cinque anni fa arriva, poi, la cittadinanza vera. E co questa, tutti i doveri e i diritti che ne conseguono, come votare e candidarsi. Collabora con un’associazione come animatore sociale negli istituti superiori e nei due anni successivi, siamo nel 2018, dopo aver promosso il Festival dell’Europa solidale e del Mediterraneo, fonda un’associazione della quale entrano a far parte altri rifugiati come lui. Fra gli obiettivi: lavorare per l’integrazione, rafforzare il dialogo interculturale e interreligioso, realizzare percorsi di educazione nelle scuole e diffondere politiche di buon vicinato. «Siamo in dieci – spiega a “ilfattoquotidiano” – cinque ragazze e cinque ragazzi, nati in continenti differenti: primo progetto, dare a cinquanta ragazzi provenienti da trenta Paesi diversi l’abbonamento ai musei di Torino; un modo per far conoscere loro il posto dove in cui vivono. Questo piccolo, significativo strumento serve a coinvolgerli, a non allontanarsi, piuttosto a vedere un futuro: ogliamo rendere Torino una città capace di far sentire tutti cittadini del posto».

Lo scorso anno sembra quello buono. Dopo i dodici anni trascorsi in Italia, potrebbe tornare a visitare la sua famiglia e i suoi amici in Somalia, ma la pandemia ferma il suo viaggio. Nonostante quel grave contrattempo, lo stesso 2020 arrivano altre soddisfazioni: pubblica il suo libro “Lo sguardo avanti” e riceve dalla Commissione europea il premio “Alterio Spinelli”, «per la sua attività di sensibilizzazione».

Nei mesi scorsi arriva la decisione di candidarsi con il centrosinistra. E’ la sua prima campagna elettorale. «Ho fatto soltanto un incontro pubblico – racconta – per il resto, ho preferito incontrare la gente sui trasporti pubblici o alle fermate. Approfittavo dei pochi minuti di attesa. In alcune zone non è facile essere nero e dire “Voglio rappresentarti”, ma non ho subito attacchi di stampo razzista. Ascoltavo i problemi e le proposte dei cittadini, ero lì e la gente si apriva. Ne ho ascoltate di tutti i colori».

 

«NO STRANIERI PER SEMPRE»

Per questo Abdullahi promette di impegnarsi per le periferie, le politiche giovanili e l’inclusione. «Ci sono molte case vuote e inutilizzate – le parole del neoconsigliere comunale – che potrebbero avere un utilizzo sociale con accordi tra privati e l’Amministrazione; bisogna potenziare le linee che collegano i quartieri periferici, soprattutto la sera, e rendere accessibili più facilmente ad anziani e disabili alcuni tram molto vecchi».

C’è poi un altro tema su cui poi vorrebbe lavorare. «Non si può essere stranieri per sempre. La composizione della nostra città è chiara: una grandissima percentuale dei residenti viene da altre città, regioni o Stati. A Torino abbiamo circa trentottomila persone nate all’estero e iscritte all’anagrafe elettorale – conclude Abdullahi – e una parte dell’astensionismo riguarda anche queste persone e i loro figli; molti non hanno mai votato, non sanno chi votare o non conoscono gli schieramenti, oppure sono delusi dalla politica; ecco: aumentare la loro partecipazione è uno degli obiettivi che mi pongo. È un compito difficile, ma dobbiamo lavorare molto e dare spazi di protagonismo alle associazioni di migranti e della diaspora. Ne ho già parlato col sindaco e tornerò a parlarne ancora, a breve…».