Trentasette anni, con marito e figli ha preso “la decisione della vita”
Andare in un Paese straniero è una decisione complicata. E’ piena di incognite, specie per una famiglia. Da una parte, i problemi, subordinati all’adattamento. Non è facile imparare una nuova lingua, inserirsi in una cultura diversa. Soprattutto per i figli che vanno incontro a un sistema scolastico e sanitario non sempre identico a quello di origine. Ma qui, è andata bene. La protagonista ha cominciato a pensare positivo…
Basta, faccio la valigia e parto. Quante volte abbiamo pensato a soluzioni così radicali. Chi poco, chi tanto. Col passare degli anni, è un’idea che si matura, spesso. Di storie simili ne abbiamo raccontato e continueremo a raccontarne. Quanti dei nostri ragazzi, ospiti nella nostra struttura ci hanno raccontato, emozionato, commosso, fatto piangere, pensando a quale viaggio (della speranza, abbiamo spesso sottolineato noi…) stessero per sottoporsi. Continueremo a farlo.
Stavolta però, la nostra attenzione si orienta verso un articolo apparso sulla stampa nazionale, sul Messaggero come sul Mattino, sulla filiera del Gazzettino. Parliamo di una stampa attenta, critica più di quanto non facciano quotidiano una volta molto, ma molto più considerati con il loro milione di copie vendute (altri tempi). Dunque, la storia è di quelle interessanti, trattata con particolare attenzione dal cronista che è intervenuto per raccontare la storia di una persona che un bel giorno (stando ai successivi risultati possiamo parlare di lieto fine…) ha preso una decisione di quelle importanti: dare una svolta alla propria vita, con la prospettiva di cambiare il futuro. Insomma, prendi la valigia, ci metti dentro l’essenziale, ti dai un’ultima occhiata a casa e te la lasci alle spalle.
DA SOLI E’ PIU’ FACILE…
Quando sei solo, sei sola. Ma quando hai una famiglia, un marito, quella decisione non pesa cinque volte tanto? Ecco, è quanto accaduto a una mamma, che ha convinto marito, che nel frattempo ha avuto un lavoro proprio lì, in Germania, e figli. E’ cominciato così il secondo capitolo della vita di Celia, trentasette anni.
Andare in un Paese straniero è una decisione che porta con sé tutta una serie di incognite, specie per una famiglia. Da una parte, i problemi, mica da poco, subordinati a quello che gli psicologi e il cronista, garbo e sensibilità, definisce “adattamento”.
Insomma, non è facile imparare una nuova lingua, inserirsi in una cultura diversa e, soprattutto per i figli, andare incontro a un sistema scolastico e sanitario non sempre identico a quello di origine. Le questioni legate alla ricerca di una casa, la costruzione di una nuova rete sociale, sicuramente possono provocare un dissesto all’interno del nucleo familiare: non parliamo di una, due persone, ma di un intero nucleo familiare.
CON UNA FAMIGLIA, NO
D’altro canto, una esperienza così totalizzante offre diverse opportunità di crescita. I ragazzi possono diventare bilingue, sviluppare una mentalità aperta e multiculturale, imparando a vedere il mondo da diverse prospettive (una cosa alla quale dovremmo spesso sottoporci con una certa umiltà…). Per papà e mamma, vivere in un altro Paese può significare nuove opportunità lavorative e personali, arricchire il proprio bagaglio di esperienze.
Celia, trentasette anni, ha cambiato radicalmente la sua vita quando, insieme alla sua famiglia, si è trasferita a Berlino dopo che il marito ha ottenuto un lavoro in Germania. Abituata ad un altro tenore di vita, altri ritmi, altra cultura, Celia ha trovato sorprendente la grande indipendenza dei bambini nella capitale tedesca. Con il tempo, ha imparato a mettere da parte l’ansia genitoriale, dando ai propri figli la libertà di crescere in modo autonomo. Fine della storia. Nemmeno per idea. La storia è appena cominciata, Ma è già a lieto fine.