Aldo Cazzullo provoca, i colleghi rispondono
Ottimo Fabio Caressa, che scuote. «Fate attenzione, rischiamo che il calcio diventi uno sport per ricchi e non è questo il senso dello sport…», dice. Riflessioni a voce alta di Calciomercato.com che, alla fine, provoca. C’è chi, a ragione, ironizza: «Non ci va di scappare come una volta e se vediamo un “nero italiano” ci dissociamo: ma che Paese è?»
«La crisi del calcio italiano è morale e culturale: la vita non è solo milioni, veline, procuratori e scommesse». Così Aldo Cazzullo, il noto giornalista del Corriere della sera, ma anche volto popolare della tv. Riporta questa e altre condivisibili considerazioni nella sua rubrica delle lettere per il quotidiano “Corriere della Sera”.
Senza giri di parole, Cazzullo mette alla berlina tutti quei soloni, quei parrucconi che in questi giorni hanno pontificato sul calcio. Tutti che spostavano i problemi, senza invece la volontà di risolverli. Le supercazzole, sia detto con tutto il rispetto di questo mondo, del presidente FIGC, Gabriele Gravina, che tra l’altro è pugliese, delle nostre parti (Castellaneta, provincia di Taranto!); o del Commissario tecnico, Luciano Spalletti. Insieme, presidente e commissario, hanno parlato dei pochi italiani presenti nelle squadre di serie A, piene invece di stranieri, troppi. Abbiate il coraggio, ammettetelo: imbottite di neri, di ragazzi che arrivano dall’Est. «E allora?», aggiungiamo noi, qual è il problema. Oltremanica non esiste forse il campionato più bello e più ricco del mondo, la Premier League? Tutti i club fatturano miliardi, reinvestono cifre spropositate, non solo nelle squadre giovanili, ma anche nelle strutture, per i piccoli, i giovani, ma anche per le gare di campionato e quelle internazionali. Funziona tutto velocemente, e alla perfezione, aggiungiamo noi. Non ci sono beghe politiche, burocrazie da snellire con bustarelle fatte passare per “consulenze”, lavori che durano un’eternità tanto da scavalcare intere generazioni.
ABBATTIAMO LE BARRIERE MENTALI
Ma grazie al Cielo, non esistono sciocche barriere. Gioca chi è bravo, non chi è raccomandato. Diciamo piuttosto che oggi, in Italia, non ci sono più gli spazi di una volta: per “fare due tiri” devi chiedere a tuo fratello maggiore, a papà, al nonno, se può accompagnarti fuori città, dove esiste ancora un campetto di calcio occupato dal compagno più disponibile. Ci sono le scuole-calcio, ma devi pagare un conto salato. In questo, Fabio Caressa, in un suo post è stato illuminante.
«Gira un mio video di dieci anni fa – dice il giornalista di Sky – non è che io fossi Nostradamus, le cose erano già lì: ma come funzionano le scuole calcio? Sicuramente costano. Ma siamo sicuri che tutti possano mandare uno o due figli alle scuole calcio? Siamo sicuri che la forza economica non aiuti alcuni ragazzi a crescere più di altri?».
Una certa forza economica può aiutare, spiega, a fare carriera ad alcuni giocatori giovani. E questo è un grave problema perché la prima selezione diventa una “selezione sociale”. E questo non è ammissibile. Bisogna agire e in fretta, perché i risultati dimostrano che la crisi del calcio italiano è ancora molto grave. «Bisogna fare delle cose concrete – conclude Caressa – bisogna fare sistema: se continuano ad avere degli interessi delle grandi squadre e delle Federazioni le cose non possono funzionare perché il sistema è unico e quando perdiamo, perdiamo tutti».
MA GLI ALTRI SPORT SONO IN SALUTE!
Lo sport italiano in crisi? L’atletica azzurra ha dominato gli Europei di Roma e può fare molto bene ai Giochi di Parigi, così come il nuoto. Pallavolo e pallanuoto sono da medaglia olimpica. Abbiamo ottime sciatrici, ottime fiorettiste, ottimi tennisti. Molti sport attirano giovani disposti a sacrificarsi, a faticare, a competere, a fare squadra. Perché allora non il calcio, il nostro sport nazionale? I ragazzi non giocano più a pallone per strada, è vero. Ma non è tutto lì.
È abbastanza incredibile, ad esempio, che nel calcio non sia ancora emerso un fuoriclasse tra i milioni di nuovi italiani che innervano altri sport, si pensi al campione olimpico Marcell Jacobs e al fenomeno che avrà la sua consacrazione a Parigi, Yeman Crippa. Ma la cosa più grave è che le poche squadre italiane che hanno fatto bene nelle coppe europee in questi anni, da ultima l’Atalanta, sono composte quasi esclusivamente da stranieri.
CALCIOMERCATO.COM E CAZZULLO…
In ultimo, piccolo problema statistico, i ragazzi italiani, di cui faccio parte pure io, sono pochi. Punto. Siamo in un rapporto 2:1 con chi ci ha preceduto e, soprattutto, mentre Francia, Inghilterra, Spagna etc. etc. bilanciano la perdita con l’integrazione di giovani asiatici o africani, noi urliamo non appena viene nominato il fatto che Moise Kean è italiano.
Concludiamo con Cazzullo, il giornalista con cui abbiamo aperto questa serie di riflessioni. «Nella sua autobiografia, “Più dritti che rovesci”, Adriano Panatta – scrive il giornalista sul Corriere della sera – racconta i suoi incontri con Mina, con Paolo Villaggio, con Ugo Tognazzi, gli articoli che leggeva, i film che guardava, e aggiunge che tutto questo arricchiva il suo tennis, il suo modo di stare in campo, la sua maniera di affrontare gli avversari».
«Ragazzi, un consiglio – conclude il giornalista del Corsera – almeno il libro di Panatta, leggetelo. E in ogni caso, correte di più. Scriveva Gianni Brera — lo so che non sapete chi è —: «Puoi essere anche il Gesù Cristo del calcio sulla terra, ma se trovi un brocco disposto a correre più di te, non puoi giocare».