Buteina
Ricordate Buteina? Abbiamo raccontato la sua storia qualche tempo fa.
Nel frattempo è stata promossa a scuola con ottimi voti e uno dei desideri che aveva espresso è stato esaudito: ha un computer tutto suo regalatole, come premio per l’impegno dimostrato nello studio, da quelle che definisce, a modo suo, una specie di angeli custodi.
E diventa un fiume in piena quando inizia a parlare di loro: «Nicole e Barbara mi hanno organizzato la festa di compleanno. Il primo agosto ho compiuto 11 anni anche se la festa l’abbiamo fatta il giorno dopo. Mi hanno regalato un vestito nuovo bellissimo e la bambola della Principessa Ariel. C’erano tante persone e io sono stata felice perché era la mia festa».
Il computer lo usa per studiare e, ammette, anche per giocare.
Con Patrizia, una delle operatrici del CAS di Bitonto dove è ospite Buteina, ha letto la prima intervista e ha detto che le è piaciuta molto «se no non avrei parlato un’altra volta con te!». È schietta, mostra una intelligenza impressionante e una padronanza di linguaggio che rendono quasi superflua la presenza di Abbas, operatore del Centro, che spesso mi affianca in questi incontri in qualità di mediatore.
Arguta fino al punto che quando le chiedo del «vestito dell’uomo ragno» mi risponde senza pensarci sopra: «E tu che ne sai? Non lavori qua! Come hai fatto a sapere del vestito?».
Io e Abbas scoppiamo in una risata spontanea e le spiego, facendole vedere sul telefonino le foto, che lavoro per la Cooperativa e lei mi riconduce subito alle sue figure di riferimento, Nicole e Barbara, ricordando l’episodio del computer: «E’ vero! Tu lo hai scritto e loro me lo hanno regalato! Ma il vestito l’ho fatto da sola. Non mi ha aiutato nessuno». Le chiedo come e se è la prima volta: «Si, è stato il primo vestito che ho fatto. Quando decido di fare una cosa, cerco le cose che mi servono e la faccio».
Le chiedo come sta trascorrendo l’estate e se incontra gli amici di scuola: «Qualche giorno sono andata al mare con mia madre e mia zia. Mi piace il mare ma non so nuotare. Gli amici di scuola non li vedo. Ma anche prima mi evitavano e mi escludevano perché sono araba. Ora cambierò classe perché passo direttamente in quinta elementare. Spero che i nuovi compagni di classe abbiano un atteggiamento diverso nei miei confronti. A me piace molto andare a scuola e mi piacciono la matematica e la storia. I compiti li faccio da sola e quando non capisco qualcosa mi aiutano loro (gli operatori)».
Si rattrista quando le chiedo come va la vita nel Centro: «All’inizio stavo bene, ora non ho un spazio mio. Ci sono i bambini piccoli e i grandi decidono sempre cosa vedere in televisione». Le scende una lacrima e ci trascina in un vortice di tristezza. Cerchiamo di consolarla ma vede anche le nostre lacrime scendere.
«Voglio andare a vivere in una casa mia, avere una stanza mia. Sono qua già da nove mesi e mi dite sempre che presto cambierà questa situazione. Ma quanto presto? Io voglio bene alle persone che lavorano nel Centro ma penso sempre ad una casa».
Pur sapendo di poter far poco, le prometto di interessarmi e, chissà, così come è arrivato il computer non arrivi anche una condizione di vita diversa per Buteina che chiede di abbracciare Abbas per la foto di rito.