«Ragazzi, mondo straordinario»

Luigi Garlando ospite dell’Istituto comprensivo “Alessandro Volta” di Taranto

 

«Domande mai banali, talvolta provocatorie, ma sempre divertenti: quanto guadagni, si “cucca”?». Il blocco dello scrittore, una sola volta nel 2006 e spiega perché. Prossimamente due sceneggiati Rai da due suoi titoli: “‘O maé” e “L’album dei sogni”

 

Nei giorni scorsi il giornalista-scrittore Luigi Garlando, è stato a Taranto, ospite di un progetto promosso dalla scuola “Alessandro Volta”, istituto comprensivo diretto dal dirigente scolastico Teresa Gargiulo. Garlando, una laurea in Lettere moderne, firma di punta della Gazzetta dello sport, tiene una rubrica settimanale anche su Sportweek. Più di trenta libri, best-seller, premi a non finire, centinaia di cronache fra campionati e gare di Champion’s, Mondiali di calcio, Olimpiadi e Tour de France.

Ai ragazzi della “Volta”, all’interno dello spazio “Aperitivo d’autore”, Garlando ha parlato del suo libro “Siamo come scintille”. Decine le domande poste dagli studenti, infine omaggi musicali. Gli stessi ragazzi a suonare pianoforte ed eseguire spartiti con formazioni di violini e chitarre.

E’ stato un bel corpo a corpo con studenti che hanno formulato decine di domande.

«E’ sempre importante per chi scrive confrontarsi con i suoi lettori, perché quanto scritto può essere percepito in modo diverso dai ragazzi. Questo tipo di confronto credo sia necessario, oltre a darti ulteriore carica per i libri futuri».

Una domanda che ti ha messo in difficoltà?

«Non una in particolare, se non quando mi chiedono quanto io guadagni, perché spiritosamente i ragazzi ti rivolgono anche domande provocatorie di questo tipo. C’è chi, per esempio, sempre per puro divertimento e alleggerire la conversazione, durante un incontro mi ha chiesto anche se uno scrittore “cucca”, cioè se è avvantaggiato nel rubare cuori…».

 

 

Gianni Brera prendeva appunti sul bianco della stagnola del pacchetto di sigarette; Umberto Eco sulla bustina di minerva, tanto da farne una rubrica. Tu che non fumi, dove riporti i tuoi appunti?

«Sull’agenda che mi porto sempre dietro. Sono ortodossamete legato all’agenda cartacea e, dunque, non scrivo o memorizzo note per esempio sul telefonino o sul cellulare. Approfitto delle pagine bianche dei giorni trascorsi, così che anche i giorni passati, che sembravano inutili tornano utili perché segno appuntamenti importanti».

Come è cambiata la cronaca di un cronista sportivo che scrive su un giornale, considerando che le tv il giorno prima hanno già commentato le gare e mostrato i gol da mille angolazioni? Cosa deve inventarsi un giornalista per catturare l’attenzione del lettore?

«E’ cambiato il modo di scrivere e raccontare la partita di calcio. Inutile fare la cronaca, quello lo diamo per perso, visto che televisioni e siti hanno già radiografato le azioni salienti della gara. Ci tocca, dunque, l’approfondimento: passare dallo snorkeling, cioè  dall’osservare in superficie, al diving, vale a dire andare in profondità. Una volta l’approfondimento lo facevi dal martedì in poi, adesso ti tocca farlo la domenica mentre racconti la partita: sai che la tv dirà cosa è successo, tu la domenica sera devi scrivere per il lunedì spiegando perché e come è successo».

Mai venuto il blocco dello scrittore, quando manca il concentrarsi e non avere alla portata quella fantasia indispensabile per chi racconta in modo romanzato il calcio?

«Il momento più drammatico della mia carriera è coinciso con uno dei risultati più belli conseguiti dalla Nazionale italiana. Semifinale 2006, Germania-Italia a Dortmund, 0-2. Non mi toccava scrivere la cronaca della partita, bensì il personaggio, cosicché a un minuto dai calci di rigore il personaggio non c’era, eravamo sullo zero a zero. Avevo praticamente la pagina bianca, poi Pirlo ha fatto quel passaggio magnifico a Grosso ed ecco che di colpo è spuntato il personaggio tanto desiderato. E in dieci minuti ho dovuto scrivere quelle settanta righe più veloci della mia carriera».

 

 

Nel libro presentato alla scuola “Volta” di Taranto, “Siamo come scintille”, edito da Rizzoli, c’è Scià (nick che viene da “shadow”, ombra), una instantpoet di appena sedici anni che ha due milioni di follower e viene affiancata da un ghostwriter, uno scrittore-fantasma, di cinquantacinque anni con all’attivo un solo romanzo di straordinario successo. Ricorda da lontano e di spalle, qualcosa come “Scoprendo Forrester”.

«Sì, l’ho fatto anche io, se vuoi, il ghostwriter per il libro di Ibrahimovic, “Adrenalina”, andato molto bene, centocinquantamila copie vendute: non appare il mio nome in copertina, una scelta editoriale che non mi ha del tutto convinto. Evidentemente “Ibra” è considerato un dio e non può comparire in copertina il nome di un umano accanto al suo. Il mio nome è riportato all’interno, mi sono divertito e poi lui, Zlatan, è simpatico, va bene anche così».

Dal libro alla tv, due tuoi libri diventano altrettanti sceneggiati.

«Sono contento. Il primo, un romanzo per ragazzi, “‘O maé”, la storia di Gianni Maddaloni, campione di judo che ha portato alla medaglia olimpica suo figlio Pino ed ha aperto una palestra bellissima a Scampia, dove educa i ragazzi ai valori dello sport strappandoli alla camorra: questo romanzo diventerà uno sceneggiato Rai in dieci puntate, ciascuna di venticinque minuti; a seguire, anche se ancora allo studio, la saga dei fratelli Panini, inventori delle figurine dei calciatori: tratto dal mio libro “L’album dei sogni”, anche questo dovrebbe diventare uno sceneggiato Rai». 

«Vogliamo chiarezza»

Attori contro Netflix, non fornirebbe informazioni sui compensi maturati

«Compensi totalmente inadeguati rispetto ai film e alle fiction che trasmette», dicono gli artisti. «C’è difficoltà nel misurare l’effettiva rappresentatività delle diverse società che fanno gli interessi degli assistiti e individuare il repertorio che tutelano»

 

Pensavamo che fra Netflix e il cinema realizzato per la tv fosse amore, invece era un calesse. O comunque una zona grigia che in molti, adesso, vogliono schiarire. Tanto che molti attori che vogliono finalmente vederci chiaro minacciano di far saltare il banco.

«Netfilx è la nuova frontiera, le sale cinematografiche sembrano superate: ci sono gli incassi, ma le produzuoni hanno costi sempre più alti: dunque, Netflix e piattaforme simili rappresentano per mlti che fanno questo lavoro il futuro». Carlo Verdone, in una intervista di qualche mese fa. Poi parte la sua produzione, “Vita da Carlo”, una fiction tra realtà e fantasia. Fa numeri importanti e resta in attesa. Riprende, intanto, la nuova stagione. Ma Verdone è uno degli artisti e registi che garantiscono ascolti. E allora? Può lavorare solo l’artista romano?

«Ormai la maggior parte di noi, sta conun piede qua e uno là, cioè fa il cinema, arriva nelle sale, sempre meno a favore anche delle multisala se vuoi, ma poi quando fai produzione con Netflix e firmi contratti legati agli ascolti, dunque a gratifiche in seguito al gradimento del pubblico? Ti fanno ok con il pollice, cioè che tutto va bene, ma tacciono sugli ascolti». Pietro Sermonti, scherzando in un salotto fra youtube e podcast, “Tintoria”, oltre mezzo milione di contatti.

 

 

DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Due facce della stessa medaglia, perché anche Verdone vorrà vederci chiaro nel contratto che lo lega alla nuova piattaforma che fa abbonamenti e ascolti, ma che non si pronuncia sul gradimento del pubblico. La storia è semplice: tempi complicati, non circolano molti soldi come un tempo e, allora, proviamo con Netflix. Contratto basico, legato però agli ascolti. Più gente vede un programma, un telefilm, una produzione – vendibile anche all’estero, perché no – e più guadagnano tutti. E qui nasce il malinteso. Perché attori, registi, maestranze accettano, scommettono sui progetti, ma quando c’è da tracciare una linea e fare due conti, nessuno di Netflix si pronuncia. C’è la consegna del silenzio. Ma passa il tempo, qualcuno chiede spiegazioni, gli rispondono che lui e i colleghi le spiegazioni (e i conteggi) le avranno e, nel frattempo, passano tre, quattro, cinque mesi, anche sei. E, adesso, basta.

Dopo mesi di richieste e trattative per compensi «equi e proporzionati», registra Fanpage.it, gli attori italiani hanno deciso di passare alle maniere forti e di fare causa nei confronti di Netflix depositando la denuncia al Tribunale di Roma. Solo alcuni dei nomi della squadra di attori decisi a farsi rispettare, perché il tempo dell’attesa è finito: Neri Marcoré, Alberto Molinari, Carmen Giardina Elio Germano, Michele Riondino e Claudio Santamaria, attaccano il colosso della televisione in streaming. Protestano. «Compensi totalmente inadeguati rispetto ai film e alle fiction che trasmette». Artisti 7607, l’agenzia che cura gli interessi degli attori e registi appena menzionati e tanti altri ancora, pensa che Netflix perda tempo, «butti la palla in tribuna» come si dice nel calcio. Al centro della discussione la scarsa trasparenza da parte della società sulle informazioni riguardo a quante persone seguano un film, una serie o una fiction, tanto in Italia quanto all’estero. E, dunque, quali sarebbero le cifre che guadagna su ciascuno dei progetti condivisi con attori e registi.

 

 

«PERCEPIAMO CIFRE RIDICOLE»

«Una mancanza di informazioni che permetterebbe a di versare ad attrici e attori cifre del tutto risibili», spiega Artisti 7607 e Fanpage.it riprende. Cinzia Mascoli, presidente dell’agenzia entra nel dettaglio. «La causa – dice – è l’inevitabile conseguenza di lunghe trattative nel corso delle quali la piattaforma non ha ottemperato agli obblighi di legge; non ha fornito dati completi sulle visualizzazioni; e i ricavi conseguiti in diverse annualità. Parliamo di opere di grande successo, casi in cui gli artisti si vedono corrispondere cifre insignificanti e totalmente slegate dai reali ricavi.

Già il fatto di disattendere richieste e chiudersi in una sterile difesa è motivo di tensione. «Per questo motivo – riprende la Mascoli – attendiamo sostegno e vigilanza da parte delle istituzioni per tutelare i nostri diritti: e norme oggi ci sono e bisogna farle rispettare».

Invitata a dare spiegazioni sulla vicenda, Netflix conferma «Gli accordi ufficiali firmati con diverse società che rappresentano gli attori: accordi che hanno preso forma sia in Italia che all’estero. Un’intesa è stata raggiunta con il Nuovo Imaie, che pure rappresenta tanti artisti, addirittura il 75-80% degli attori. L’Italia attualmente ha tre società che rappresentano attori e creativi. Circostanza secondo la piattaforma che non avrebbe favorito il dialogo, anche per la difficoltà di misurare l’effettiva rappresentatività delle diverse società e di individuare il repertorio che tutelano». Ecco, come dicevano alcuni attori, «palla in tribuna». E la prossima settimana si ricomincia. Anzi, non si è mai smesso.

Tarantini, i più educati

Uno studio di Preply considera pazienti i cittadini ionici

Pronuncerebbero mediamente non più di cinque parolacce al giorno. Un primato rispetto al resto dei capoluoghi italiani radiografati (una ventina). Imprecare pare sia anche salutare, purché non diventi un’abitudine. Venezia la città in cui si lasciano andare in modo più “feroce”: diciannove volte al giorno

 

Una volta tanto il fanalino di coda ci garba. Essere la città nella quale, grossomodo, si dicono meno parolacce rispetto alle altre città italiane, può essere motivo d’orgoglio. Comunque, un modo come un altro per pensare ai tarantini con atteggiamento severo. Certo, quando scappa, scappa. Qualche studioso ha sdoganato la parolaccia: potrebbe essere salutare. Insomma, liberare un momento di rabbia, piuttosto che farlo circolare nella testa, aiuta a vivere meglio. Certo, come in tutte le cose deve esserci una via di mezzo. Non abusare. Dunque, come in tutte le cose: parolaccia liberatoria purché non diventi un’abitudine.

Preply è piattaforma di apprendimento delle lingue. Bene, questa piattaforma ha realizzato uno studio sulle città italiane nelle quali si impreca di più, si dicono – senza tanti giri di parole… – più parolacce. Come spesso accade nel consultare studi attenti e attendibili, anche da questa ricerca scaturiscono risultati curiosi. E non solo per quanto riguarda la frequenza delle parole sulle quali molti ci metterebbero un bel “bip”, ma anche per le occasioni e le circostanze nelle quali queste vengono maggiormente impiegate.

 

 

PREPLY, ANALISI PUNTUALE

Secondo Preply, nello studio condotto su un campione di diciannove città italiane, i tarantini dicono mediamente solo cinque parolacce al giorno. Il che significa che Taranto in questa speciale classifica è all’ultimo posto o giù di lì, considerando che molti altri capoluoghi sono risultati ex aequo. L’italiano, da decenni considerata una lingua musicale ed elegante dai turisti di tutto il mondo, ha una storia parallela, informale, con la volgarità: le parolacce, diffuse e utilizzate di frequente nel linguaggio colloquiale, secondo lo studio darebbero forza a espressioni gioiose, rabbiose o divertenti. Non solo, ma anche spessore a momenti di difficoltà e malcontento.

L’analisi di Preply, riportata in questi giorni da TarantoBuonasera, il quotidiano diretto da Enzo Ferrari, spiega che in Italia si impreca in media 8,91 volte al giorno e che sono gli uomini a farlo più spesso: ben 11,6 volte al giorno, contro il 6,3 delle donne. Sono soprattutto i giovani a fare un utilizzo più consistente di parolacce ed espressioni volgari. Nella fascia d’età che va dai 16 ai 24 anni se ne dicono in media 14 al giorno. La media diminuisce con l’innalzarsi delle fasce d’età: 8,5 volte tra i 25 e i 34 anni; 8,6 tra i 35 e i 44 anni (poco più degli under 34) e solo 3,9 tra gli over 55.

Qual è stato il metodo con il quale la piattaforma di apprendimento delle lingue ha realizzato lo studio. Nello scorso novembre, sono stati intervistati 1.558 residenti in Italia, in 19 grandi città del Paese. Questo il campione studiato: 49,3% maschi, 50,7% femmine. Per determinare quali città si lasciano andare più facilmente alla parolaccia, è stato chiesto agli intervistati di confessare il numero di volte che esercitano questa pratica così “colorita” in un solo giorno.

 

TARANTO LA MIGLIORE, VENEZIA…

Venezia è la città che ha il primato negativo: diciannove imprecazioni al giorno. Come si spiega questo risultato in una delle località più visitate e amate d’Italia: la particolare posizione geografica della città lagunare la renderebbe più soggetta a problemi logistici, che si riversano su residenti e turisti, scatenandone così i malumori. Sempre nella classifica di Preply le altre città nelle quali si impreca di più seguono Brescia, Padova e Genova, anche meglio piazzate rispetto a Milano e Roma (quinto e settimo posto). Città sicuramente più caotiche – spiega l’analisi – ma nelle quali gli abitanti potrebbero essere più abituati a gestire gli imprevisti e quindi le proprie reazioni. Del resto al nono posto a pari merito con una media di 6 imprecazioni al giorno, troviamo Catania, Bologna, Bari, Parma, Verona e Napoli. Gli abitanti del nostro capoluogo, invece, gestirebbero in modo più sobrio contrattempi e intoppi giornalieri: Taranto, infatti, è la città nella quale si impreca di meno in assoluto tanto che, con sole cinque parolacce al giorno, si classifica al decimo posto. Se non è una buona notizia questa!

Domenica bestiale

Taranto, esplode un enorme falò, sette feriti

Inequivocabili le immagini circolate sui social. Sulle prime, causa la forte deflagrazione, si è pensato ad una tragedia. Una piramide di legna, un combustibile, una guasconata, un intero quartiere finisce nel dramma. I primi indagati. Dirette su Rai, Mediaset e La7

 

Si dice che alla follia umana non ci sia limite. Vero. Del resto, le guerre, il razzismo, violenza e mancanza di rispetto, la corsa alla ricchezza ad ogni costo, non sono forse solo alcuni gravi indizi che dicono quanto l’Uomo, in teoria essere pensante, ne abbia combinate a danno di se stesso?

Senza scomodare i grandi sistemi, veniamo al fatto. Come vogliamo chiamarla quella pazzia da periferia – detto che nei centri cittadini non siano da meno… – accaduta a Taranto domenica scorsa, se non follia pura. Poteva scapparci la strage in un solo istante. Volendo essere paradossali, deve essere stato proprio San Giuseppe cui quei cittadini tarantini avevano rivolto la loro attenzione con un enorme falò ad evitare una tragedia.

Per quei pochi che si fossero persi la notizia apparsa sui giornali, oppure in uno dei tanti collegamenti sulle reti Rai, Mediaset e La7, la storia è tanto semplice quanto idiota. Quattro imbecilli decidono di sfidare le ordinanze del Comune di Taranto, che nei giorni precedenti con la vicenda del corriere strattonato e “schienato” non aveva offerto il suo profilo migliore. I quattro, in senso metaforico – che siano di più o di meno, il virus dell’imbecillità ci mette poco a contagiare e fare proseliti – decidono che i falò di San Giuseppe si devono fare. Nonostante un comunicato dell’Assessorato alla Polizia locale di Taranto inviti alla prudenza e informi che sono già state sequestrate e smaltite cinque tonnellate di materiale infiammabile. Proprio per evitare che uno di questi falò – come poi accaduto – sfuggisse al controllo degli ingegneri della follia. Ce li immaginiamo mentre accatastano legna presa ovunque, raccattata agli angoli delle strade, accanto ai cassonetti per realizzare il più alto dei monumenti all’imbecillità umana.

 

 

INCURANTI DEL PERICOLO

Non si curano dell’effetto che possa avere, dalla loro parte hanno l’ignoranza che è la ruota di scorta di qualsiasi cretinaggine: “…Nessuno poteva immaginare quanto accaduto!”; “…Ma vi pare che se avessimo saputo, lo avremmo fatto?”. Le risposte, i furbastri del quartierino di periferia, le conoscono tutte: “Siamo ingenui, dunque innocenti!”. Certo, fosse accaduto a un loro figliolo o figliola, oppure a un congiunto, apriti cielo.

Non allarghiamo troppo il campo, perdiamo di vista la notizia all’interno della rubrica “I giorni”, i fatti di cronaca locali, nazionali, internazionali che destano clamore.

Secondo qualcuno, a caldo – è il caso di dire – poteva esserci stata anche una bombola a gas nella catasta di legna data alle fiamme per il falò di San Giuseppe in via Deledda a Taranto, nel rione Tamburi. Questa era stata una delle prime ipotesi degli inquirenti, poi abbandonata, per comprendere cosa avesse provocato l’esplosione della montagna di legna con il ferimento di sei, forse sette persone, tra queste tre minorenni. Pare che altri, feriti marginalmente, non abbiano voluto fare ricorso alle cure del Pronto soccorso per evitare di fornire generalità ed essere successivamente interrogati da chi sta ancora svolgendo le indagini.

Lunedì scorso lo riportava il Nuovo Quotidiano di Puglia. La Polizia aveva subito denunciato tre persone (fra queste un minore) ritenute presunte responsabili del reato di incendio doloso a seguito dell’esplosione del falò non autorizzato. Una cosa è certa, le urla e il pianto a dirotto di una ragazzina che chiede aiuto dopo l’esplosione del falò, sono strazianti. Quello scoppio investe chiunque sia in un raggio di decine di metri.

 

INCHIESTA DELLA “MOBILE”

Gli agenti della Squadra Mobile, dopo un attento esame delle immagini del momento dell’esplosione postate sui social, hanno raccolto elementi utili alla ricostruzione dei fatti riferiti alla Procura della Repubblica di Taranto e a quella dei Minori. Un uomo avrebbe versato sulla catasta di legna liquido infiammabile, aiutandosi con una scala allo scopo di assicurarsi un grande effetto. Che poi, come abbiamo visto, è purtroppo avvenuto.

Dopo poco un giovane, con in mano un bastone alla cui estremità aveva fissato una stoppa accesa, si avvicina alla piramide di legna e provoca una forte deflagrazione, seguita da tanto fumo e dal volo di schegge di materiale infiammato che finisce su molti degli spettatori, molti dei quali incautamente avvicinatisi al falò per assistere meglio allo “spettacolo”. Numerose, intanto, le auto danneggiate ed i vetri degli immobili vicini infranti.

Tra i feriti, si diceva, anche una bambina che se l’è cavata con alcuni punti di sutura. Pare si siano registrati momenti di tensione per la presenza di parenti dei feriti nei punti di accesso al pronto soccorso dell’ospedale. Per calmare i più facinorosi è stato richiesto l’intervento di pattuglie di polizia e carabinieri.

Questo è quanto. E non ci pare poco. Una domenica che stava per trasformarsi in bestiale a causa di quei pochi ai quali si sono accodati, non si sa nemmeno per quale spirito di partecipazione, centinaia di residenti. Flaiano diceva che la mamma dei cretini è sempre incinta. Vero. Quelli sfornati dalla Tizia cui faceva riferimento il grande scrittore, sono dei veri campioni.

«Viaggiare in aereo? Magari…»

L’Europa non autorizza i voli a chi non è in possesso del visto

Barconi, scelta obbligata. «C’è chi muore perché non sa nuotare, scappa dalla fame e dalle persecuzioni».  «I nostri passaporti servono solo per viaggiare in Africa e nemmeno in tutti i Paesi…». «Ho visto morire una bambina di due anni, risucchiata dal mare, davanti ai miei occhi e quelli della madre…»

 

«Venire in aereo in Italia ci costerebbe molto meno, ma c’è un motivo perché non lo facciamo: non possiamo farlo, ecco perché: avere il visto con il quale salire su un aereo è impossibile, così ci tocca viaggiare sui barconi, rischiare la vita, e pagare duemila euro».

Nei giorni scorsi il Corriere della sera ha posto l’accento su storie a lieto fine di extracomunitari che sono arrivati nel nostro Paese. Ragazzi che si sono industriati, messi sul mercato per fare lavori umili, assunzioni a spizzichi e bocconi, comunque attività che permettono di poter dividere le spese di un appartamento e poter mandare soldi a casa. In particolare hanno polarizzato la nostra attenzione due storie, quella di un senegalese e di un ghanese. Ragazzi, come molti dei quali sono passati dalla nostra cooperativa e che ci hanno raccontato storie terrificanti.

Anche due extracomunitari intervistati da Jacopo Storni, autore di un servizio molto interessante pubblicato dal Corriere della sera, hanno attraversato il Mediterraneo su un barcone. Esperienze con tanto di sciagure annesse, come vedere connazionali inghiottiti dal mare o, comunque, emigranti come loro che non hanno avuto la stessa sorte. Picchiati, ricattati, ammazzati.

 

 

CORSERA, IL RACCONTO

Uno di loro racconta di aver lasciato il Senegal perché nel suo Paese stava male, come la maggior parte dei suoi connazionali. Miseria, futuro incerto, genitori con salute cagionevole, male assistiti e, soprattutto assenza di lavoro, dunque nessuna risorsa economica. Il primo dei due aveva pensato anche di prendere l’aereo. Facile a dirsi, impossibile da mettere in pratica. Salire su un aereo e venire in Europa. «Sarebbe costato meno, poche centinaia di euro, di sicuro non i duemila euro come per il grande viaggio, quello al quale si sono sottoposti a milioni in questi anni: prima via terra e poi sul barcone. «Non ho nemmeno provato a bussare a una delle ambasciate europee – ha spiegato – per ottenere un visto, magari soltanto turistico, perché già sapevo, come tutti del resto, che le ambasciate europee, quei visti li negano a prescindere».

Viaggiare è impossibile – ricorda il Corsera – se non sei nato nel Paese giusto. Il Senegal, in questo senso, non è certo un Paese giusto. L’Italia invece sì. Esistono passaporti di serie A e passaporti di serie B, come riporta capillarmente la classifica di Passport Index. Con il passaporto italiano si possono visitare 174 Paesi. Con il passaporto senegalese soltanto 66, con il passaporto somalo 44 Paesi. Se sei nato in Africa, non si scappa, puoi viaggiare solo in Africa. Con il passaporto siriano e afghano si possono visitare 38 Paesi. Sono in molti, in Siria e Afghanistan a voler scappare dalla guerra e dai talebani ma non possono farlo. Possono arrivare in Europa solo per vie illegali e poi, una volta qui, chiedere un visto umanitario. Ma, attenzione, prima devono rischiare la vita superando frontiere, muri, mari e spendere migliaia di euro. E’ così si moltiplicano i trafficanti di uomini. Per dare un filo di speranza alla disperazione di questi ragazzi, si fanno dare soldi, tanti soldi, promettendo viaggi sicuri e nei quali, invece, come abbiamo visto di recente, si rischia la vita. E’ quanto accaduto ai migranti naufragati a Cutro, al largo di Crotone.

 

«ERAVAMO 120, SALVI IN 60!»

«Il barcone sul quale sono arrivato si è rotto: eravamo in centoventi, se ne sono salvati solo la metà. Una bambina di due anni è morta affogata di fronte alla mamma, ho visto la scena con i miei occhi. Un mio connazionale inghiottito dal mare: prima di morire mi aveva lasciato il numero di telefono di sua mamma e quello di suo babbo, per avvertirli nel caso fosse morto».

Storie che conosciamo, che abbiamo raccontato tante di quelle volte e che non sempre hanno intercettato la sensibilità dei politici. La tragedia sulle Coste calabresi, costata la vita a decine e decine di poveri ragazzi, donne e bambini, forse – e sottolineiamo forse con il dolore nel cuore – potrà avere insegnato qualcosa a quella gente che liquida vicende come questa e tante altre come una sciagura prevedibile. Provate a pensare anche per pochi istanti di stare dall’altra parte del Mediterraneo, in Africa: sotto le bombe, vittime di persecuzioni religiose o politiche, sottoposti a torture, alla mancanza di cibo e lavoro. Poi ne riparliamo.

E non per pochi istanti, ma per giorni e giorni, come quei giorni che in molti trascorrono fra onde del mare alte dieci piani, senza saper nuotare e, dunque, a stringersi all’imbarcazione per paura che sia arrivato il loro momento. E’ triste, vero? Diciamo, invece, che è una sciagura, una grave sciagura in una società nella quale si parla di libertà e di rispetto, mentre più di qualcuno ignora appelli e si gira dall’altra parte.

«Tono nazista contro i richiedenti asilo!»

L’ex calciatore Gary Lineker critica il governo britannico

«Identico a quello usato nella Germania di Hitler». Senza giri di parole l’idolo delle folle disapprova i provvedimenti politici dei Conservatori. Massima solidarietà dai colleghi, trasmissioni della BBC (rete televisiva nazionale) stravolte: sciopero dei commentatori e programmi di antiquariato e giardinaggio

 

Grande Gary Lineker. Il campione di calcio inglese la scorsa settimana aveva pubblicato sul proprio account personale un tweet nel quale, senza tanti giri di parole, come gli capita nei commenti in studio: «…il linguaggio utilizzato dai ministri del governo britannico sui richiedenti asilo paragonabile a quello usato nella Germania degli Anni Trenta», aveva detto. Niente a che vedere la Germania di oggi, sia chiaro, anche se l’ex calciatore un po’ ce l’ha con la Nazionale teutonica che vincerebbe spesso i Mondiali forse grazie ai buoni uffici di suoi rappresentanti. Provocatorio Lineker. Ma fermiamoci all’aspetto più interessante, quello nel quale ci spendiamo volentieri nella nostra rubrica (Storie) nella quale segnaliamo gli eventi che accadono in questi giorni in Italia e nel mondo.

Parliamo dalla notizia principale: la BBC ne uscirebbe con le ossa rotte – parliamo di immagine – per aver sospeso l’ex nazionale inglese: l’ex calciatore, oggi il più famoso commentatore sportivo del Regno Unito aveva criticato il governo britannico a proposito dei richiedenti asilo: a Lineker non sarebbe andato giù il tono con il quale i politici si sarebbero rivolti a quanti, disperati, cercano asilo. Da quel momento, apriti cielo: BBC nei guai, i suoi colleghi – giornalisti ed ex calciatori – stanno boicottando le diverse trasmissioni di calcio.

 

 

INDIETRO DI CENTO ANNI

Da giorni in Inghilterra, come nel resto del Regno Unito e nel resto del mondo, si sta parlando della sospensione di Gary Lineker, famosissimo conduttore di Match of the Day, di sicuro il principale programma sul calcio prodotto dalla BBC (una somma fra Domenica sportiva in Rai e Salotto di Sky). Lineker è stato sospeso per aver criticato la nuova proposta di legge del governo britannico sull’immigrazione, e non solo: soprattutto per i toni con cui il governo ne ha parlato tanto da riportare indietro con la memoria a quei film in bianco e nero che raccontavano un regime dittatoriale e contro ogni razza che non fosse quella ariana, la classe eletta.

La sospensione di Lineker non è passata in cavalleria, tutt’altro: ha provocato un numero imprecisato di gesti di solidarietà da parte di molti altri conduttori e presentatori dell’emittente, autosospesi dai propri ruoli per mostrare massimo sostegno al loro collega, costringendo di fatto la BBC a ripiegare su una programmazione che poco aveva a che fare con il calcio e lo sport più in generale.

Lineker, fra i più forti calciatori inglesi di tutti i tempi, è noto nel suo Paese per diversi motivi, fra questi: aver segnato 48 gol con la Nazionale inglese, ma anche perché nei sedici anni di attività professionale (Barcellona e Tottenham), non ha mai rimediato cartellino gialli o rossi. Lineker è, inoltre, una star di Twitter tanto da contare nove milioni di follower.

 

GOVERNO AL CONTRATTACCO

«Il governo britannico nel parlare dei richiedenti asilo ha utilizzato un linguaggio simile a quello usato dalla Germania negli Anni Trenta». Ai tempi di Hitler, tanto per capirci. Una similitudine ritenuta «offensiva» dalla ministra dell’Interno, Suella Braverman, e criticato da rappresentanti del partito conservatore. Venerdì scorso la BBC aveva annunciato la sospensione di Gary Lineker «per aver violato le linee guida di imparzialità dell’emittente».

Alla notizia, la protesta si è allargata tanto che molti conduttori di altri programmi sportivi della BBC hanno manifestato dissenso nei confronti del provvedimento e che non avrebbero lavorato nello stesso fine-settimana condividendo quanto riportato da Lineker e, naturalmente, contro la sua sospensione. La BBC, così, disorientata, ha dovuto riorganizzare il proprio palinsesto programmando due rubriche che poco avevano a che fare con il calcio: una trasmissione sull’antiquariato e un’altra sul giardinaggio.

E Lineker, dopo la bordata? Nessun commento pubblico sulla sua sospensione. Del resto un calciatore mai “cartellinato” sa come comportarsi: sa quando parlare e quando tacere. La risposta della BBC non ha tardato ad arrivare: «Gary Lineker sarà sospeso dalla conduzione del programma fino a quando non avremo una posizione concordata e chiara sul suo utilizzo dei social media». Anche la puntata successiva di “Match of the Day” è andata in onda senza conduttori e commentatori in studio. Solo i riflessi filmati con i gol. Ecco servito il Ciclone Lineker.

Tre vigili contro un corriere

Mattinata violenta martedì in pieno centro a Taranto

Multato per aver parcheggiato controsenso e sulle strisce, il giovane lavoratore si rifiuta di fornire i documenti. Scatta la rissa, si crea subito un capannello, in molti riprendono immagini violente: gli agenti di Polizia locale strattonano l’autista del furgone, lo stendono a terra. Interviene la Polizia di Stato. Consiglieri dell’opposizione interrogano, il sindaco risponde

 

Via Oberdan, angolo via Pupino, Taranto pieno centro. È dovuta intervenire la Polizia di Stato per riportare la calma martedì, tarda mattinata, dopo che due vigili urbani – un terzo, fino ad allora solo spettatore, è entrato in scena pochi attimi dopo – avevano bloccato su un marciapiedi un corriere della SDA, successivamente messo contro un muro perché questi si sarebbe rifiutato di fornire loro i propri documenti.

Il giovane, come mostrano le immagini, viene letteralmente tirato fuori dall’abitacolo del suo furgone. Strattonato, comincia ad urlare, attira l’attenzione di alcuni passanti che prima si fermano e poi, a loro volta, inveiscono prima a parole, poi con gesti eloquenti contro i tre agenti di Polizia locale, perché lascino andare il lavoratore.

 

EPISODIO SOCIAL

Come spesso accade, passanti e residenti in zona, hanno realizzato video con smartphone, rapidamente diventati virali sui social. Secondo quanto raccolto dai primi cittadini che hanno assistito all’accaduto, il corriere avrebbe parcheggiato il furgone di una ditta di spedizioni (SDA) sulle strisce pedonali, si diceva, all’angolo tra via Oberdan e via Pupino.

Gli agenti della Polizia locale lo hanno multato, ma quando gli hanno chiesto un documento il tutto è rapidamente degenerato. Intanto numerose persone – parliamo di ora di punta – si sono avvicinate e hanno cominciato a prendersela con i vigili, mentre il giovane, ancora stretto nella morsa dei vigili, chiedeva aiuto urlando.

Immediato l’intervento di tre consiglieri comunali tarantini di opposizione: Massimo Battista, Luigi Abbate e Francesco Battista: «Abbiamo assistito indignati a dalle immagini pubblicate da liberi cittadini sui canali social, riguardanti una reazione fisica apparentemente violenta e sproporzionata posta in essere da alcuni vigili urbani nei confronti di un lavoratore. Crediamo che questo non sia il modo di controllare il territorio».

 

UNA PRIMA RICOSTRUZIONE  

Secondo una prima ricostruzione, ma ancora da chiarire, il corriere si sarebbe rifiutato di fornire i documenti del veicolo e le generalità. Da qui sarebbe scaturita l’intimazione al giovane di scendere dal mezzo nel quale nel frattempo si era rifugiato. Al suo rifiuto, due dei tre vigili – come si evince da uno dei video virali – l’hanno tirato fuori dall’abitacolo. A quel punto il ragazzo ha cominciato a urlare e a cercare di liberarsi dalla morsa nella quale gli agenti di Polizia locale lo avevano stretto.

Intanto sul posto, chiamata da alcuni cittadini, è arrivata una pattuglia della Polizia di Stato che ha separato la folla dai vigili, ha ristabilito la calma allontanando il corriere che ha fornito ai poliziotti la sua versione dei fatti. Il giovane, pare, sia stato denunciato a piede libero e dovrà rispondere di oltraggio, resistenza a pubblico ufficiale e violenza.

Fatto sta che nel pomeriggio sui siti nazionali alcuni quotidiani abbiano scritto di “intervento giudicato estremamente, forse inutilmente, energico”.

 

 

L’INTERROGAZIONE AL SINDACO

L’interrogazione rivolta al sindaco da tre consiglieri di opposizione, si diceva. «Nella giornata del 14 Marzo 2023 abbiamo assistito, indignati, a dalle immagini pubblicate da liberi cittadini sui canali social, riguardanti una reazione fisica apparentemente violenta e sproporzionata posta in essere da alcuni Vigili Urbani nei confronti di un lavoratore dell’azienda SDA. Tutto ciò è avvenuto in pieno centro cittadino. Crediamo che questo non sia il modo di controllare il territorio. Inoltre non rappresenta un bel biglietto da visita per la nostra città: sono immagini che stanno facendo il giro dell’Italia. I sottoscritti consiglieri comunali chiedono pertanto:

Dettagliata relazione del Comandante Matichecchia e dell’assessore al ramo su quanto accaduto e sugli eventuali provvedimenti immediati che si intendono applicare nei confronti degli agenti coinvolti nello spiacevole episodio;

La sospensione dal servizio dei Vigili responsabili dei comportamenti avuti nei confronti del lavoratore, se detta condotta violenta fosse confermata». Nota a firma di Massimo Battista (Una città per cambiare – Taranto), Luigi Abbate (Taranto senza l’Ilva), Francesco Battista (Prima l’Italia).

 

LA RISPOSTA DEL PRIMO CITTADINO

Questa la risposta a riguardo da parte del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. «La Direzione competente – spiega in un comunicato giunto nelle redazioni nel pomeriggio – ha avviato gli accertamenti del caso e siamo in attesa di una relazione dettagliata da parte degli operatori coinvolti, affinché si possa ricostruire l’esatta dinamica degli eventi. Seguiremo con attenzione l’evoluzione della vicenda, confidando che si faccia presto piena chiarezza a garanzia dei diritti di tutti i soggetti coinvolti e del rispetto del codice. Al momento, ciò che si può osservare è una reazione molto scomposta da parte del conducente, davanti all’elevazione di una multa a carico di un furgone che sostava contromano, nei pressi di un’intersezione, ostruendo uno scivolo predisposto per i cittadini diversamente abili. Come detto, attendiamo la relazione ufficiale per avere un quadro più significativo, tuttavia, se confermate, deve essere inequivocabile per una città civile che certe infrazioni e reazioni sono intollerabili».