E’ Vieste la star del turismo

Bari registra il maggior numero di arrivi, Lecce quello delle presenze

“Arrivi” e “presenze” confermano che la Puglia è sempre più una destinazione di riferimento sia a livello nazionale che internazionale. «La crescita del turismo straniero, rafforzata dalle ottime performance di mercati emergenti come Polonia, Argentina e Brasile, testimonia l’efficacia della nostra strategia di promozione all’estero», sostiene Gianfranco Lopane, assessore al Turismo della Regione Puglia

 

La Puglia, turisticamente parlando, spicca il volo. Cambia, in qualche modo, la geografia delle città più visitate in questo 2024. I dati, secondo i dati forniti dall’Osservatorio regionale del Turismo della Puglia (PugliaPromozione), sono stati presentati al TTG Travel Experience di Rimini, considerato a ragione il punto di riferimento per le analisi legate al turismo.

In totale, raccontano i dati forniti dalla Regione Puglia, da gennaio ad agosto sono arrivate nella nostra regione ben 4.234.445 persone, per un totale di quindici milioni di presenze. Due dati sostanzialmente in crescita. Uno dei primi dati che salta agli occhi è un sensibile calo delle presenze degli italiani. Leggera flessione. Se c’è, invece, un exploit, bene, quello riguarda gli stranieri: +20,1% rispetto allo scorso anno, nel periodo da gennaio ad agosto 2023. Il mese con più arrivi, ma non avevamo dubbi a riguardo, è stato agosto. Nonostante i vantaggi più volti espressi riguardo vacanze ragionate e meno dispendiose, i turisti coniugano il periodo di vacanze con il mese di agosto. Dello stesso avviso, gli italiani.

 

 

TUTTI I NOMI

Facciamo i nomi. E’ Bari la città con più arrivi: 573.000 totali. Vieste si conferma come la località con più presenze. Sul podio degli “arrivi”, si conferma anche Vieste e Lecce. A seguire, Monopoli e Ostuni. Scorrendo la classifica dei primi posti, troviamo Gallipoli: nona. Se diamo un’occhiata alle “presenze”, scopriamo invece che Vieste ha la meglio su Bari e, a seguire, su Ugento, Lecce e Gallipoli, che se la giocano meglio in virtù delle vacanze più lunghe fatte nelle città di mare. A nostro avviso – ma non è confutare proiezioni e sondaggi di PugliaPromozione – mancherebbero cittadine come Alberobello, Martina Franca e Locorotondo. Ma è un punto di vista, nessuno in Puglia può lamentarsi. Tutt’altro.

Ma torniamo a cifre e percentuali fornite da PugliaPromozione. Nei primi otto mesi del 2024, si è registrato un significativo incremento sia degli “arrivi” (4.234.000) che delle “presenze” turistiche (15.339.000). Gli arrivi hanno fatto segnare un aumento pari al +9%, mentre le presenze hanno registrato un incremento del +4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La crescita ha interessato sia i turisti italiani che stranieri. Questi ultimi hanno evidenziato un aumento maggiore: +20% per gli “arrivi” e +15% per le “presenze”. I flussi turistici nazionali registrano un incremento del +3% per gli arrivi a fronte di un andamento stazionario delle presenze.

 

 

SETTEMBRE-OTTOBRE, PREVISIONI

Settembre e ottobre, in una sorta di previsione, descrivono una crescita degli arrivi del +4% e un mantenimento dei valori dello scorso anno per le presenze. Nel periodo gennaio-agosto 2024, in fatto di “arrivi” sono stati registrati incrementi superiori al 10% nei mesi di marzo (periodo pasquale), maggio e giugno. Nei mesi di luglio e agosto gli arrivi sono cresciuti del +3,5% e le presenze hanno mostrato una sostanziale stabilità (+1%), con una buona performance del mercato estero che ha compensato il rallentamento interno. «Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti dal turismo pugliese nei primi mesi del 2024 – dichiara Gianfranco Lopane, assessore al Turismo della Regione Puglia – in quanto crescita di “arrivi” e “presenze” conferma che la Puglia è sempre più una destinazione di riferimento sia a livello nazionale che internazionale».

 

 

CONCLUDENDO…

«La crescita del turismo straniero – riprende Lopane – rafforzata dalle ottime performance di mercati emergenti come Polonia, Argentina e Brasile, testimonia l’efficacia della nostra strategia di promozione all’estero. Allo stesso tempo manteniamo alta l’attenzione sul mercato nazionale, sui flussi italiani, e lavoriamo per garantire una crescita sostenibile e rispettosa delle comunità locali e dell’ambiente, a partire dalle iniziative volte alla valorizzazione dei nostri Prodotti turistici di punta; adesso ci attende una nuova ed importante sfida, che passa anzitutto dalla collaborazione con gli operatori, le amministrazioni, le imprese pugliesi e le associazioni di categoria; puntiamo a favorire percorsi di qualificazione dell’offerta attraverso l’organizzazione turistica dei nostri territori; a breve avvieremo incontri mirati in questo senso e ci saranno novità interessanti».    

Troupe Tg3 aggredita, muore autista

Ahmad, circondato da gente esasperata, crolla per infarto

Lucia Goracci racconta l’esperienza drammatica vissuta insieme con i suoi due compagni di viaggio. «Hezbollah non c’entra nulla, si è trattato solo di uno sfogo senza alcun risvolto politico», spiega. «Abbiamo perso uno splendido compagno di lavoro, profondo e dotato di grande dolcezza», prosegue la giornalista Rai. La scia di sangue non si ferma…

 

Troupe del Tg3 Rai aggredita in un villaggio del Libano appena bombardato. La notizia la fornisce per primo il notiziario di rete. Notizia di prima mano fornita dalla stessa Lucia Goracci, una delle giornaliste italiane più impegnate nel raccontarci i danni che provocano i conflitti in Medio oriente, in particolare quelli che sta provocando quest’ultimo conflitto con Israele impegnata in una guerra senza un attimo di pausa a Palestina e Libano.

Durante il Tg3 di martedì scorso, la Goracci racconta l’aggressione. Non è l’unica ad averla subita, c’è purtroppo anche un morto nella troupe, Ahmad Akil Hamzeh, l’autista colpito da infarto che scortava la giornalista e Marco Nicois, il cameraman.

«Siamo a nord di Sidone – racconta in una concitata diretta al Tg3 Lucia Goracci – sul luogo del bombardamento; la nostra presenza era stata segnalata dal fixer, Kinda Mahaluf, a Hezbollah. Marco, il cameraman, stava riprendendo quanto accaduto senza problemi, la gente, disperata, ci parlava; quando ad un certo punto è spuntato un uomo che ha tentato di strappare la telecamera all’operatore: avvertendo questa minaccia siamo tornati in auto pronti per allontanarci in fretta».

 

 

UN RACCONTO DOLOROSO

Prosegue il racconto. «In quel momento sono arrivati altri, anche loro a spintonarci, mentre il primo uomo insisteva provando a scagliarci contro una grossa pietra; scena controversa: c’era chi lo tratteneva – spiegandogli il nostro lavoro – e chi lo aizzava; siamo andati via veloci in auto, mentre sempre lo stesso uomo – quando il nostro autista si è fermato ad un distributore – ci è venuto addosso, ha strappato le chiavi dalle mani all’autista tentando di rompere la telecamera a Marco, tutto questo infilandosi all’interno del mezzo attraverso i finestrini aperti: nessuno, nel frattempo, ci veniva in aiuto».

Gli aggressori non avevano insegne – racconta l’agenzia Ansa – non erano armati, ma la paura fa presto a salire in zona di guerra e, prima che venisse alla luce che si trattava solo di uno sfogo disperato, Ahmad, l’autista libanese, si è accasciato a terra, stroncato da un infarto. Per l’inviata Lucia Goracci, Marco, l’operatore, e Kinda, la fixer, rimasti incolumi, sono stati minuti da incubo, con il fiato sospeso anche ai piani alti della Rai.

L’episodio ha inizio in una concitata mattina alle nove, a Jiyeh, città tra Beirut e Sidone. Nell’inaudita gragnuola di fuoco sul Libano, un bombardamento aveva già centrato e disintegrato alcune case. Al Tg3 hanno intenzione di documentare, mantenendosi a distanza di sicurezza e con tutti i permessi necessari, l’avanzata della minaccia israeliana. In tutte le zone costiere l’Idf ha diramato uno stato di allerta ai residenti. La giornalista prova a rivolgere una domanda a una donna.

 

 

AHMAD, IL CUORE NON HA RETTO

Ed è proprio in quel momento che un certo numero di persone esagitato si scatena contro la troupe. L’impressione che i tre, giornalista, operatore e autista, abbiano a che fare con bande armate politicizzate. La troupe si rifugia nel mezzo: uno degli aggressori, il più esagitato, è trattenuto da alcuni e istigato da altri. Vuole rendere inutile la telecamera, così scaglia un sasso all’interno del mezzo.

Ahmad, autista esperto, fede sciita, sa come controllare i nervi. Senza agitarsi più di tanto, mette in moto l’auto e si dirige verso Beirut, inseguito dall’aggressore più scatenato che segue la troupe a bordo di uno scooter. Forse per ricondurre l’uomo che più degli altri appare esasperato alla ragione, o forse perché accusa i primi sintomi di quello che sarà un malore fatale, si ferma ad una stazione di servizio. Prova a parlare con l’uomo, vorrebbe forse ridurlo alla ragione, ma non ci riesce. Qualche momento dopo, a causa di una cardiopatia e alla paura, Ahmad si accascia a terra: è il suo ultimo segno di vita.

«A chiamare l’ambulanza – ha raccontato alla stessa agenzia Ansa Lucia Goracci – è stato lo stesso aggressore, poi dileguatosi mentre sul posto si raccoglievano un po’ di persone che hanno tentato invano di soccorrere Ahmad».

«Hezbollah non c’entra nulla – conclude Goracci – si è trattato solo di uno sfogo senza alcun risvolto politico, frutto della tensione diffusa tra la popolazione delle aree sotto attacco; tutto si è svolto nel giro di pochi minuti: Ahmad era uno splendido compagno di lavoro, profondo e dotato di grande dolcezza». E, purtroppo, aggiungiamo noi, la scia di sangue non si ferma davanti al povero, incolpevole Ahmad. 

In Puglia l’ultimo femminicidio

Quarantaquattro delitti, vittime donne succubi della violenza degli uomini

«Mi voleva uccidere, mi ha chiuso in auto tra le fiamme», Maria Arcangela prima di morire. E’ l’ultima donna sulla quale si è abbattuta la furia omicida del marito. E’ accaduto domenica sera a Gravina di Puglia. Prima l’uomo ha lanciato l’auto contro un muro, darle fuoco e simulare un incidente. La poveretta era riuscita ad uscire dalla vettura, ma una volta raggiunta è stata soffocata. Un breve video inchioda l’uomo, che quindici anni prima aveva accoltellato il figlio

 

Ma basta. Ancora un femminicidio. La follia omicida di un uomo che si scaglia contro una donna per sopraffarla, per cancellarla dall’esistenza e dal futuro. Con quello accaduto a Gravina di Puglia domenica sera, sarebbero quarantaquattro gli episodi finiti nella tragedia, che hanno come protagonisti uomini sull’orlo di una crisi di nervi e donne, inermi, incapaci di difendersi, di tentare la pur minima difesa.

Perché non hanno il fisico, né il lontano sospetto che l’uomo, nel caso della sessantenne Maria Arcangela Turturo, suo marito, il sessantacinquenne Giuseppe Lacarpia, avesse in mente un piano diabolico. Lacarpia, dicono le cronache, aveva pensato di simulare un incidente: scagliare la sua vettura contro un muro e dare fuoco al mezzo con dentro la moglie. Purtroppo per lui, e soprattutto per la donna, il disegno criminoso non si è concretizzato: la vittima è riuscita ad uscire dalla macchina, ma è stata raggiunta dal marito che ha approfittato delle sue condizioni (ridotta in fin di vita): Lacarpia, nemmeno lontanamente mosso a compassione, si è seduto con tutto il suo peso sul corpo della donna per stringerle forte il collo.

 

 

«MA COSA FAI?», UNA COPPIA RIPRENDE L’ACCADUTO

Una coppia di fidanzati, insieme con un amico, hanno visto tutto, hanno perfino ripreso il tentativo di omicidio, diventato poco dopo omicidio a causa delle ferite riportate dalla donna. Quindici secondi che inchiodano inequivocabilmente l’uomo che quindici anni prima era stato condannato per aver sferrato una coltellata al figlio messosi in mezzo ad un altro furioso litigio.

«Mi voleva uccidere, mi ha chiuso in auto tra le fiamme», sono le ultime parole che Maria Arcangela ha  appena sibilato a un poliziotto e poi a sua figlia, in ospedale. Lacarpia che lunedì avrebbe dovuto sottoporsi a una visita per problemi neurologici, si diceva, avrebbe fatto finire l’auto contro un muro. Una volta scagliato il mezzo contro l’ostacolo, avrebbe chiuso la donna nella vettura e acceso il fuoco. Quando la donna, nonostante le ustioni, è riuscita a uscire dall’abitacolo dell’auto, l’uomo l’ha bloccata sull’asfalto, ponendosi su di lei con un peso enorme, un corpo di quasi cento chili. La povera Maria Arcangela, trasportata d’urgenza in ospedale purtroppo non ce l’ha fatta: è morta nel nosocomio, riuscendo però a raccontare cosa fosse accaduto in quei momenti drammatici e così concitati. A testimoniare i fatti, si diceva, un filmato di una quindicina di secondi ripreso con un cellulare da una coppia di fidanzati che, in quel momento, passava da lì e spaventata da un’auto in fiamme.

 

 

«SOFFRIVA DI SINDROME DEPRESSIVA»

A nulla è valso il tentativo di urlare al sessantacinquenne «Ma cosa stai facendo?». La donna appena soccorsa, con un filo di voce ha rivelato ai suoi ai soccorritori: «Mi voleva togliere davanti!». A quanto emerso qualche ora più tardi, le liti in famiglia sarebbero state spesso causate dai debiti che l’azienda di Lacarpia, impegnato nell’allevamento di mucche e produzioni casearie, aveva contratto.

L’uomo, inoltre, era finito a processo anche per maltrattamento di animali. Nel procedimento penale, svoltosi lo scorso gennaio sulla base di una perizia disposta dal tribunale di Bari, Lacarpia era stato dichiarato incapace di stare in giudizio, con invalidità per sindrome depressiva.

Nel 2024 sono state almeno quarantaquattro le donne uccise da mariti, compagni, ex, nel nostro Paese. Non è il caso di applicare misure restrittive alle prime denunce, ai primi segnali di insofferenza? Specie quando un uomo, come nel caso dell’omicida di Gravina presentasse scompensi psichici spesso sfociati in episodi di inaudita violenza.

“Salvata” da un terremoto

Guardia Perticara, provincia di Potenza, cinquecento abitanti

A centotrenta chilometri da Taranto. Prima un salto a Matera, poi a Stigliano, fra paesini e colline. Finalmente ecco quella cittadina risorta dopo il disastro dell’Irpinia. Restituito il suo aspetto medievale, fra vicoli stretti e case di pietra. Da non perdere…

 

Niente da fare, i veri gioielli stanno a Sud. A Su dell’Italia e a Sud del mondo. Basta prendere la Puglia, e non per campanilismo, ma – un tempo si diceva – dove caschi, caschi bene: dalla provincia di Foggia al Tacco della regione, la provincia di Lecce. Poi vogliamo parlare delle altre località, dall’entroterra alle zone collinari e di mare? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma il Sud è unico. Con il passare degli anni, dei decenni e, diciamolo, dei secoli, abbiamo assistito a una vera desertificazione dei nostri luoghi a causa di un motivo al quale non si può contrapporre nemmeno il più razionale dei ragionamenti: la fame. Se non mangiavi almeno un pasto al giorno, era finita. Abbiamo raccolto storie di famiglie numerose che mandavano i propri figlioli dalle nonne, dalle zie, a causa della scarsa disponibilità di materie prime: il cibo. Era triste.

Questo partire per il Nord in cerca di fortuna, ha fatto in modo che molte delle cittadine del nostro circondario non fossero rase al suolo e cementificate. Uno dei motivi: nell’immediato circondario non esistevano risorse per essere autosufficienti, in quello che era un tacito scambio “dare avere”: io produco più grano, ti do farina; tu olio e barbabietole, mi dai lo zucchero.

 

 

C’E’ UN MOTIVO, ANZI DUE…

E allora, secondo motivo: non c’erano risorse e nemmeno tempo per abbattere quelle cittadine desolate, avvitate in posti che nessuno si sarebbe lontanamente sognato. Premessa doveroso anche stavolta, per introdurre l’ultimo dei gioielli nel quale stavolta intendiamo accompagnarvi. La cittadina è Guardia Perticara, cinquecento abitanti, provincia di Potenza. Dunque Basilicata, ma confinante con altri piccoli comuni in provincia di Matera. Da Taranto dista centotrenta chilometri, poco più di un’ora di auto. Pare abbia compiuto e superato da poco il millennio, mille anni portati in modo rispettoso.  

Lo stemma, il gonfalone e la bandiera, come ci ricorda Wikipedia, sono stati concessi proprio di recente, aggiungiamo noi, e precisamente con decreto presidenziale nel 2004. Sfondo azzurro sul quale campeggia una torre d’argento su un monte verde a tre cime, sormontata da una stella dorata. Non è un caso che la cittadina oltre a Perticara, si chiama anche Guardia: la torre cui accennavamo, è una delle sette guardiole – quelle torrette con feritoie riservate alle sentinelle in difesa delle fortezze – poste a difesa del territorio comunale.

 

BENEDETTI SITI…

In questi giorni è tornata ad interessarsi a questo affascinante comune lucano anche il sito “True Riders”. Con un esaustivo servizio, se n’è occupato Alessio Gabrielli, che spiega: “il viaggio per raggiungere Guardia Perticara parte da Matera, la celebre città dei Sassi; quando ti trovi a Matera non puoi che ammirare le sue meraviglie; dopo una passeggiata per i vicoli di una delle città più famose al mondo (Matera, appunto n.d.r.) occorrerà percorrere strade panoramiche che attraversano la campagna lucana, un panorama  che vi accompagnerà per tutto il viaggio”.

Ad un certo punto, commenta il cronista, il paesaggio si fa più aspro, fino ad arrivare a Craco, il famoso borgo fantasma che sorge arroccato su un colle (e del quale qualche tempo fa abbiamo anche scritto (“Che tesoro che sei”, febbraio 2022 https://www.costruiamoinsieme.eu/che-tesoro-sei/).

 

 

…“COSTRUIAMO” COMPRESO

Dopo aver visitato Craco, la tappa successiva è Stigliano: colline, boschi e paesini, immersi in una natura incontaminata. Da Stigliano, verso Guardia Perticara: uno dei borghi più belli d’Italia: vallate, colline, un panorama che pare dipinto a mano tanto sprigiona fascino. Benvenuti a Guardia Perticara, gioiellino avvitato incastonato fra le montagne e noto per le sue case in pietra e i vicoli minuscoli, stretti e belli a vedersi.

Gli studi, indica ancora Wikipedia, fanno pensare ad una forte influenza greco-ortodossa attorno al X secolo.

Ma è nel XVIII secolo che Guardia Perticara entra a far parte del dipartimento di Maratea come feudo del marchese d’Altavilla, prima che fino al 1806 andasse nelle mani degli Spinelli. Purtroppo, nel 1857, un violento terremoto causa poco meno di un centinaio di vittime per danneggiare vistosamente la struttura urbanistica. Nel 1980, la svolta. Ancora un terremoto, quello dell’Irpinia. In quel momento il borgo trova la forza di progettare il recupero dell’antica dimensione architettonica e artistica, che restituisce al centro storico la sua antica forma medievale.

«Cambio vita, in meglio, spero…»

Trentasette anni, con marito e figli ha preso “la decisione della vita”

Andare in un Paese straniero è una decisione complicata. E’ piena di incognite, specie per una famiglia. Da una parte, i problemi, subordinati all’adattamento. Non è facile imparare una nuova lingua, inserirsi in una cultura diversa. Soprattutto per i figli che vanno incontro a un sistema scolastico e sanitario non sempre identico a quello di origine. Ma qui, è andata bene. La protagonista ha cominciato a pensare positivo…

 

Basta, faccio la valigia e parto. Quante volte abbiamo pensato a soluzioni così radicali. Chi poco, chi tanto. Col passare degli anni, è un’idea che si matura, spesso. Di storie simili ne abbiamo raccontato e continueremo a raccontarne. Quanti dei nostri ragazzi, ospiti nella nostra struttura ci hanno raccontato, emozionato, commosso, fatto piangere, pensando a quale viaggio (della speranza, abbiamo spesso sottolineato noi…) stessero per sottoporsi. Continueremo a farlo.

Stavolta però, la nostra attenzione si orienta verso un articolo apparso sulla stampa nazionale, sul Messaggero come sul Mattino, sulla filiera del Gazzettino. Parliamo di una stampa attenta, critica più di quanto non facciano quotidiano una volta molto, ma molto più considerati con il loro milione di copie vendute (altri tempi). Dunque, la storia è di quelle interessanti, trattata con particolare attenzione dal cronista che è intervenuto per raccontare la storia di una persona che un bel giorno (stando ai successivi risultati possiamo parlare di lieto fine…) ha preso una decisione di quelle importanti: dare una svolta alla propria vita, con la prospettiva di cambiare il futuro. Insomma, prendi la valigia, ci metti dentro l’essenziale, ti dai un’ultima occhiata a casa e te la lasci alle spalle.

 

 

DA SOLI E’ PIU’ FACILE…

Quando sei solo, sei sola. Ma quando hai una famiglia, un marito, quella decisione non pesa cinque volte tanto? Ecco, è quanto accaduto a una mamma, che ha convinto marito, che nel frattempo ha avuto un lavoro proprio lì, in Germania, e figli. E’ cominciato così il secondo capitolo della vita di Celia, trentasette anni.

Andare in un Paese straniero è una decisione che porta con sé tutta una serie di incognite, specie per una famiglia. Da una parte, i problemi, mica da poco, subordinati a quello che gli psicologi e il cronista, garbo e sensibilità, definisce “adattamento”.

Insomma, non è facile imparare una nuova lingua, inserirsi in una cultura diversa e, soprattutto per i figli, andare incontro a un sistema scolastico e sanitario non sempre identico a quello di origine. Le questioni legate alla ricerca di una casa, la costruzione di una nuova rete sociale, sicuramente possono provocare un dissesto all’interno del nucleo familiare: non parliamo di una, due persone, ma di un intero nucleo familiare.

 

 

CON UNA FAMIGLIA, NO

D’altro canto, una esperienza così totalizzante offre diverse opportunità di crescita. I ragazzi possono diventare bilingue, sviluppare una mentalità aperta e multiculturale, imparando a vedere il mondo da diverse prospettive (una cosa alla quale dovremmo spesso sottoporci con una certa umiltà…). Per papà e mamma, vivere in un altro Paese può significare nuove opportunità lavorative e personali, arricchire il proprio bagaglio di esperienze.

Celia, trentasette anni, ha cambiato radicalmente la sua vita quando, insieme alla sua famiglia, si è trasferita a Berlino dopo che il marito ha ottenuto un lavoro in Germania. Abituata ad un altro tenore di vita, altri ritmi, altra cultura, Celia ha trovato sorprendente la grande indipendenza dei bambini nella capitale tedesca. Con il tempo, ha imparato a mettere da parte l’ansia genitoriale, dando ai propri figli la libertà di crescere in modo autonomo. Fine della storia. Nemmeno per idea. La storia è appena cominciata, Ma è già a lieto fine.

Cara maestra, da quanto tempo…

Isole Tremiti, chiusa nel 2003, riapre la scuola

«Era ora», dicono gli abitanti. Del resto, l’istruzione è un diritto per tutti. E c’è già chi vuole fare un monumento all’insegnante che ha accettato l’incarico, nel frattempo rifiutato da due colleghe. «Accogliamo con entusiasmo la nuova maestra», dice la sindaca, Annalisa Lisci. «Sono felice di essere qui: ho ricevuto un’accoglienza a dir poco meravigliosa dalle famiglie dei miei alunni», confessa la docente, Michela Liuzzi

 

Le Tremiti dopo quasi venti anni, hanno daccapo un’insegnate e una classe di alunni ai quali insegnare a leggere e scrivere. Evviva. Fosse stato ancora in vita, Lucio Dalla, cittadino onorario delle Isole Tremiti, elette a suo “buen retiro”, e attracco della sua imbarcazione, il “Catarro”, di cui andava fiero, minimo avrebbe scritto una canzone. Di più, si sarebbe fatto promotore nei confronti del Governo centrale, come dell’Amministrazione comunale, che in questa vicenda – sia chiaro – non ha colpe, di una protesta: quando cominciamo a crescere e a fare lezione ai bambini, per pochi che siano, che sono nati in un’isola affascinante, ma distante dalla terra ferma. Possibile che non ci sia qualcuno che si muova? Ma, quando nessuno aveva più speranza, ecco che si vede uno spiraglio. Uno spiraglio dalle sembianze di una insegnate, che ha un nome e un cognome: Michela Liuzzi, che il Cielo la benedica. Ha 64 anni e la cosa ci dice che abbiamo tre anni per trovare una collega che la sostituisca quando Michela andrà meritatamente in pensione.

 

 

DOPO VENT’ANNI

Insomma, da queste parti la scuola, chiusa poco più di venti anni fa, era stata chiusa. Non c’era un numero sufficiente di studenti. Chi aveva voglia di studiare, poteva farlo collegandosi con il pc. Una classe virtuale, non c’è da farsi meraviglia, ormai qua è tutto virtuale. Non si prende più un caffè al mattino, un tè insieme con un’amica, un amico. Si va di corsa. E se c’è un problema che interessa un piccolo concittadino, la comunità c’entra poco. Anzi, fa spallucce. Da queste parti, detto alla pugliese, ma traduciamo per gli amici che non hanno dimestichezza con la lingua del posto: chi ha il prurito, se lo grattasse. Ce ne sarebbe uno ancora più forte, che rende il senso, ma considerando la scelta di un esempio, ci fermiamo qua.

Così, se il problema non ci vede parte interessata, pazienza, della sua risoluzione se ne interessassero i genitori, gli zii, i nonni. Perché, si sa come vanno le cose in Italia: fai una segnalazione, spieghi qual è l’emergenza e passano gli anni. Tant’è che siamo intorno ai due decenni.

 

 

L’AGENZIA ANSA: SCUOLA RIAPERTA!

Questa la notizia ufficiale, ripresa dall’Ansa, l’agenzia giornalistica italiana di riferimento: la scuola dell’infanzia delle Isole Tremiti, con due settimane di ritardo – ma l’importante era dare inizio alle lezioni – ha ufficialmente riaperto: l’insegnate Michela Liuzzi, residente ad Apricena, sessantaquattro anni – come si diceva – e ancora precaria, ha accettato l’incarico. Non è stato come bere un bicchier d’acqua: due altre sue colleghe, destinatarie del ruolo, avevano rifiutato, gettando ancora una volta la “ridente, affascinante, accogliente cittadina” nella desolazione.

La scuola, infatti, era chiusa dal 2003. Mancavano gli alunni e anche quest’anno, nonostante ci fosse una classe composta da sette piccoli studenti, rischiava di rimanere chiusa ancora a lungo per mancanza di docente.

L’inizio delle lezioni, infatti, previsto il 16 settembre, rischiava di slittare ancora una volta: nessuna maestra era disponibile ad affrontare il viaggio in traghetto che occorre fare per raggiungere l’arcipelago nel Foggiano. La “Signora Maestra” ha deciso che resterà sull’isola dal lunedì al venerdì e poi, condizioni meteo permettendo, tornerà a casa dove l’attende suo marito. I figli da tempo hanno lasciato Apricena: si sono trasferiti a Roma.

 

 

«FELICITA’ E’ TORNARE FRA I BANCHI…»

«Sono così felice di essere qui, alle Tremiti: ho ricevuto un’accoglienza a dir poco meravigliosa dalle famiglie dei miei alunni; sono consapevole che non sarà facile, anche perché sono ad un passo dalla pensione: con tanti comuni presenti in provincia di Foggia, l’arcipelago delle Tremiti mi terrà più spesso lontana da casa; ma ho accettato questa nuova sfida perché amo insegnare e amo i bambini, tanto da essere anche catechista e volontaria in parrocchia ad Apricena». 

Raggiante la sindaca delle Tremiti, che non sono ha accolto, ma ha anche abbracciato la nuova insegnante. «Accogliamo – il commento della sindaca, Annalisa Lisci – con entusiasmo la nuova maestra: la riapertura della scuola segna un nuovo capitolo pieno di energia positiva». “Un bell’applauso!”, si dice in momenti solenni come questo. Perché come vogliamo chiamarlo un momento atteso per venti anni? Se non “solenne”.

Sarah Scazzi, parte la fiction

“Avetrana: Qui non è Hollywood”, Disney+, da venerdì 25 ottobre

A nulla sono servite le rimostranze dell’intera cittadina in provincia di Taranto. La fiction sull’omicidio della quindicenne parte a breve. Quattro episodi, ognuno dei quali esplora un singolo punto di vista sull’omicidio della quindicenne: della cugina Sabrina Misseri e dei genitori di quest’ultima, Michele Misseri, Cosima e Concetta Serrano.

 

Nulla hanno potuto le levate di scudi dei cittadini di Avetrana riguardo la fiction “Qui non è Hollywood”. Non solo l’indignazione di sindaco, rappresentanti del commercio e cittadini del paese in provincia di Taranto, sono risultati irricevibili (arrivate in grave ritardo, ma al punto giusto nel dare una spinta alla produzione che si giova del can-can mediatico che circonda la serie televisiva), c’è di più: la messa in onda della prima puntata, proprio come fosse un istant-movie, ha già data e canale di programmazione: venerdì 25 ottobre, su Disney+.

La serie tv sul delitto di “Avetrana: Qui non è Hollywood” (questo il titolo completo sarà presentata alla Festa del Cinema di Roma, sta già scatenando i social e non solo. Sono tanti, infatti, i giornali, i siti che hanno ripreso le diverse posizioni messe in campo, si dice in questo caso dai vari attori (intesi come protagonisti del braccio di ferro mediatico). In particolare quelli pugliesi e i siti che si occupano di tv e cinema (fra questi, l’interessato thewom.it e everyyeye.it).

 

 

AVETRANA, LA SERIE…

La serie “Avetrana: Qui non è Hollywood” ha una sceneggiatura. E ispirata, come si dice in questi casi, al libro “Sarah la ragazza di Avetrana”, scritto a quattro mani da Carmine Gazzanni, molisano di Isernia, e Flavia Piccinni, pugliese di Taranto. Un libro edito da Fandango Libri che racconta del delitto di Avetrana in cui perse la vita la giovane Sarah Scazzi. La seie tv è suddivisa in quattro episodi, della durata di un’ora circa. La narrazione è molto semplice e, forse, anche per questo non mancherà di suscitare dibattiti e schieramenti per questo o quel protagonista di una vicenda torbida. Ogni episodio sarà il punto di vista di uno dei quattro protagonisti (Sarah, Sabrina, Michele e Cosima). In realtà, protagonista sarà l’intero can-can mediatico che scaturì, prima il “rapimento”, poi il ritrovamento, infine l’omicidio che coinvolse l’intero Paese (indimenticabile la puntata di “Chi l’ha visto?”, diventata non stop per via delle rivelazioni di Misseri padre).

“Avetrana – Qui non è Hollywood” diretta dal pugliese Pippo Mezzapesa (Bitonto), è una serie scritta dallo stesso regista insieme ad Antonella Gaeta e Davide Serino, ha come obiettivo il raccontare l’omicidio della quindicenne Sarah Scazzi avvenuto nell’omonima cittadina della provincia di Taranto.

 

 

QUATTRO PUNTATE

Ad Avetrana, un paese bruciato dal sole nella periferia pugliese – le note diffuse sui media – a ridosso del mare, è il 26 agosto 2010 quando una giovane ragazza di nome Sarah (interpretata da Federica Pala, attrice di “America Latina” Federica Pala) scompare. Tutto il paese è in subbuglio, in particolare la cugina di Sarah, Sabrina (Giulia Perulli, “Il sesso degli angeli”), che nella sua casa di via Deledda, proprio quel pomeriggio, l’aspettava per andare al mare insieme.

Sembra una fuga innocente, in realtà non lo è. Perché, mentre tutti la cercano, Sarah è già stata inghiottita dall’oscurità. Troveranno la sfortunata vittima in fondo a un pozzo, senza vita, mentre un paese lotta con l’imponente risonanza mediatica del caso e l’Italia intera assiste sgomenta ai risvolti di una triste vicenda “intrafamiliare”, come la definì Franco Sebastio a capo della Procura di Taranto che indusse Misseri alla confessione.

 

 

A CIASCUNO IL SUO…

Ciascun episodio, si diceva, esplora un singolo punto di vista delle persone coinvolte nella vicenda: quello di Sarah, di Sabrina Misseri e dei genitori di quest’ultima Michele Misseri (Paolo De Vita, “Don Matteo”) e Cosima Serrano (Vanessa Scalera, “Imma Tataranni – Sostituto procuratore”, “Palazzina Laf”). Completano il cast Imma Villa (“L’amica geniale”) nel ruolo di Concetta Serrano, la madre di Sarah; Anna Ferzetti (“Rocco Schiavone”) di Daniela, una giornalista; Giancarlo Commare (“SKAM Italia”) di Ivano Russo, un cuoco di Avetrana che Sabrina e Sarah avevano conosciuto alcuni mesi prima; e Antonio Gerardi (“I Leoni di Sicilia”) in quello del Maresciallo Persichella.

Prof fantasma, licenziato!

Sarebbe di origini tarantine, ma residente nel Lazio il docente assenteista

Cinquecentocinquanta giorni di assenza, praticamente tre anni. Tanti certificati di malattia, perfino un’aspettativa, lasciando classi letteralmente sguarnite. L’istituto, nel Trevigiano, non poteva nemmeno nominare sostituzioni: l’uomo, sessant’anni, dava disponibilità di domenica e nei giorni festivi. Nei mesi scorsi una visita medica ne aveva certificato l’assoluta idoneità al lavoro

 

E’ una delle storie più lette del web e sul cartaceo, sia essa riportata nel portale dell’agenzia giornalistica Ansa, oppure ripresa dalla Gazzetta del Mezzogiorno, dal Nuovo Quotidiano di Puglia, giornali, questi ultimi, fra i più letti in Italia. Subito una puntualizzazione, stando a quanto riportato dai quotidiani locali di Treviso (dove è accaduto l’episodio) ma altrettanto importanti come i due giornali pugliesi appena menzionati: il protagonista della vicenda, originario della provincia tarantina, era da anni residente nel Lazio. L’uomo al quale alludiamo e che in un solo giorno si è attirato la scarsa simpatia del web e dei lettori, è il prof sessantenne licenziato dopo 550 giorni di assenza.

L’uomo si era presentato giorni fa all’istituto scolastico superiore di Treviso dove lo attendevano – ormai senza più speranze, dice qualcuno – da quasi tre anni. Purtroppo per il docente, dopo questa sua lunghissima assenza nell’istituto dove tutto questo tempo avrebbe dovuto insegnare, non l’hanno nemmeno fatto entrare. Il motivo, molto semplice: il docente assenteista, insegnante di diritto risultava essere già stato licenziato.

 

 

PROFESSORE, DOVE SEI?

I suoi colleghi, i suoi studenti, quell’insegnante mancato per circa tre anni “lavorativi” praticamente non l’avevano mai visto. Vinto un concorso e immesso in ruolo a tempo indeterminato dal 2011, il prof aveva accumulato negli anni, come riferiscono i giornali locali, assenze per 550 giorni totali. Di questi 550 giorni, il primo anno il docente non si era mai seduto ad una cattedra per fare un appello. Motivo: si era messo in aspettativa. Gli altri due anni, sono stati scanditi, sempre secondo il racconto, da continue assenze per malattia (non continuative, ma spezzettate), spesso tra il lunedì e il sabato, e, secondo l’istituto, altre assenze considerate “ingiustificate”.

Lunedì scorso il prof “fantasma” si era improvvisamente presentato nella scuola dove era stato immesso in ruolo nel 2021 (aveva firmato un contratto a tempo indeterminato). Fermato all’ingresso.

L’istituto superiore trevigiano aveva già timbrato il provvedimento per il licenziamento del docente. Se vogliamo dirla tutta, e capire meglio in quale ginepraio si sia andato a infilare il docente sessantenne, un procedimento non semplice, che va motivato con la massima precisione (pare che, nello specifico, le “pezze d’appoggio” non mancassero. Motivo basilare del provvedimento: il superamento dei limiti massimi di assenza: L’insegnante, di giorni di assenza ne aveva messi in fila centinaia e centinaia nel giro di tre anni.

 

 

«PER NOI E’ FUORI»

Per l’istituto la vicenda è chiusa, dello stesso tenore per l’ufficio scolastico di Treviso. Il docente in questione se dovesse ritenere il provvedimento un “abuso d’ufficio”, potrà impugnare il licenziamento facendo ricorso.

Detto che nessuno criminalizza le assenze per malattia, va detto che il docente di assenze ne ha messe insieme decine a singhiozzo, inviando con puntualità i certificati in questione. Non un’assenza prolungata, quindi, ma tante assenze spezzettate.

Forse ha indispettito istituto e l’ufficio scolastico, il fatto che il docente tornasse a disposizione nei fine settimana e nei giorni festivi, vale a dire proprio quando l’istituto era chiuso. Un modus che ha messo l’istituto interessato nelle condizioni di non poter nominare al suo posto dei supplenti annuali.

Stando alle norme che regolano le sostituzioni di docenti assenti, come è facile intuire, non è stato possibile far altro che continuare a tappare i buchi assegnando un’infinita sfilza di supplenze brevi.

I primi a farne le spese di queste certificazioni a pioggia sono stati gli studenti, costretti ad assistere alle frequenti staffette tra supplenti. Infine, stando a quanto emerso, nei mesi scorsi lo stesso “prof fantasma” si sarebbe anche sottoposto a una visita davanti a una Commissione medica di Bari, che ha certificato che la sua assoluta idoneità al lavoro.

«Avetrana, qui non è Hollywood!»

L’ira di sindaco, Amministrazione, commercianti, cittadini

La cittadina in provincia di Taranto, prima dell’inizio delle riprese diventa un caso nazionale. Sindaco, rappresentanti del commercio e cittadini si ribellano al can-can mediatico. «L’amministrazione Comunale disconosce la scelta di utilizzare la denominazione del Comune nel titolo del film sull’omicidio di Sarah Scazzi», dice il sindaco Antonio Iazzi. «Quel delitto è una ferita ancora aperta per la comunità locale», aggiunge Toni Greco, presidente di Confcommercio Avetrana

 

Avetrana diventa un caso nazionale. Forse anche di più, considerando che di mezzo ci sarebbe anche la Disney, o meglio la branca italiana della multinazionale americana impegnata a tutto campo in veste di editrice fra libri, fumetti, cinema e tv.

Il comune, buona parte dei cittadini si ribella all’idea di realizzare una serie televisiva sulla vicenda di Sarah Scazzi, la piccola barbaramente uccisa nella cittadina in provincia di Taranto. “Avetrana – Qui non è Hollywood”, secondo la locale Amministrazione comunale e rappresentanti del commercio cittadino, la realizzazione di questa fiction provocherebbe un danno di immagine alla stessa cittadina, che già in occasione della tumultuosa storiaccia durata settimane fu messa duramente alla prova.

Detto che Avetrana è una bella cittadina che costeggia uno dei litorali più azzurri e affascinanti del nostro Paese, vive di attività laboriose, è anche vero che quando avvenne l’omicidio della piccola Sarah (26 agosto 2010), attraverso politici e cittadini si prestò volentieri a giornalisti e telecamere per rilasciare dichiarazioni e, perché no, ospitalità e generi di conforto a telecronisti, giornalisti e maestranze. Qui piombarono perfino tv straniere, dunque non solo Rai, Mediaset, La 7 e via discorrendo. Insomma, chi battezzò quel momento di tv del dolore “circo mediatico” non andò così lontano dalla realtà.

 

 

DOPO QUATTORDICI ANNI…

Oggi, a quattordici anni di distanza da quell’omicidio “intrafamiliare” – come acutamente lo definì il procuratore Franco Sebastio – pare sia cambiato qualcosa: la politica e quanti svolgono attività sul territorio, raccogliendo un comune pensare, pare abbiano cambiato opinione sulla storia. In che senso: va bene documentare la cronaca, ma speculare sull’intera vicenda, dando ad essa un alone di “fiction” – una realtà mistificata – questo proprio no.

Ma andiamo per gradi, prima di dare voce ad alcuni dei protagonisti di questa levata di scudi. La storia di Avetrana, salvo bruschi ripensamenti andrà in tv. A curarne la regia sarà il bitontino Pippo Mezzapesa (Il paese delle spose infelici, Il bene mio, Ti mangio il cuore) racconta la vicenda di Avetrana, paese nel quale la piccola fu uccisa.  Per quel delitto, Sabrina Misseri e la mamma Cosima Serrano stanno scontando l’ergastolo mentre lo zio, Michele Misseri, è tornato di recente in libertà dopo aver scontato la pena per soppressione di cadavere.

Ma è l’impiego del nome della cittadina, “Avetrana”, ad indisporre il sindaco Antonio Iazzi. «L’amministrazione Comunale di Avetrana – ha dichiarato – disconosce la scelta di utilizzare la denominazione del Comune nel titolo del film inerente all’omicidio di Sarah Scazzi; disconosce altresì voci di presunti accordi o partecipazione a introiti per il Comune, pertanto si riserva di valutare possibili azioni legali».

 

 

«NO AL TURISMO DEL DOLORE»

Quando Michele nel febbraio è tornato in libertà, il sindaco ha emesso un’ordinanza per interdire la strada dove ha sede la villetta della famiglia Misseri. Ciò per evitare che potesse diventare meta di curiosi, giornalisti e fotografi. Un’ordinanza che non si rese affatto necessaria: Michele Misseri non tornò ad Avetrana. Ma ora alla vicenda si aggiunge questo nuovo scomodo capitolo con la realizzazione della serie televisiva che ha già avviato casting, sopralluoghi per le location, personale e comparse da utilizzare sul posto. Ammesso che la produzione abbia intenzione di girare sul posto, anziché scegliere zone limitrofe per evitare sopralluoghi di curiosi e manifestazioni di dissenso.

«Quando il dolore diventa spettacolo e non ci si preoccupa dell’impatto che un film possa avere sulla immagine di una comunità. Il caso Scazzi è una ferita ancora aperta per la comunità locale e la serie tv “Avetrana – Qui non è Hollywood”, di imminente programmazione, appare come la spettacolarizzazione di una tragedia profonda, un atto di disprezzo verso il dolore dei familiari delle vittime e della comunità stessa». E’ l’opinione di Toni Greco, presidente di Confcommercio Avetrana, una dichiarazione con la quale si fa portavoce di un sentimento popolare, che vede in prima fila  commercianti e operatori delle attività del turismo verso una narrazione cinematografica che riporta alla luce un trauma che la comunità locale ha faticosamente cercato di superare negli ultimi anni e che purtroppo si basava sullo stereotipo e il luogo comune di una comunità e di un ambiente culturale arretrato in cui sarebbe maturato il delitto».

«E il Salento diventa set…»

Nuovi investimenti per realizzare resort e produrre film e serie tv

L’ultimo acquisto è quello di Marco Chimenez, uno che ha fiuto. In vacanza con la famiglia, è rimasto affascinato dalla bellezza dei luoghi, così da acquistare non una, ma due masserie. Una a Veglie, l’atra ad Ugento. Per ospitare personalità internazionali e girare sceneggiati e fiction per cinema e televisione

 

E anche Marco Chimenez, produttore dell’arcinoto e premiatissimo “Gomorra”, ci fa un pensierino. Anzi, due. Acquista nn una, ma due masserie in Salento. Ne farà, stando a quanto dichiarato al Nuovo Quotidiano di Puglia, in un servizio di Pierpaolo Spada, «un resort e un set per le serie tv». Insomma, tombola. Non è la prima masseria presa in seria considerazione per girare film o comunque una delle tante serie così di moda fra Netflix e Sky. Basti ricordare una delle ultime celebrate opere di Lino Banfi, protagonista insieme con Ron Moss (il Ridge del “Beautiful” più famoso), che sempre da queste parti – Martina Franca, masseria Don Cataldo, per la precisione – decise di realizzare un numero importante di riprese di “Viaggio a sorpresa”. Dunque, di che stupirsi.

Chimenz, produttore cinematografico, ha nel suo più o meno recente passato una serie indescrivibile di produzioni e di successi: “Gomorra”, “Romanzo criminale” e “Suburra”, tanto per citare alcuni titoli. Bene il suo ultimo successo, in fatto di investimenti, è l’acquisto di due masserie: “Vocettina” (Veglie) e “La Vecchia” (Ugento), con lo scopo di farne nel giro di due anni, attrattori per turisti deluxe e, al tempo stesso, alla bisogna, set cinematografici o produzioni televisive.

 

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«MASSERIE, CHE FASCINO!»

«In vacanza da queste parti – ha raccontato Chimenez al giornalista del quotidiano salentino primo nelle vendite in Puglia – con la mia famiglia, quando ebbi modo di visitare il Salento, fummo colpiti dalla bellezza di posti mai visti, fra questi Leuca, Gallipoli e Otranto. Fatale la sosta alla Masseria Diso – Il Tabacchificio, un’esperienza che considero unica; bene, quella masseria mi incantò al punto tale da convincermi non solo a tornarci, ma anche a cercarne una che potesse diventare di nostra proprietà».

L’intuizione di Chimenez è il riuscire a mettere insieme ospitalità, dunque un resort, e disporre di uno, due potenziali set, per realizzare riprese per una delle tante produzioni richieste in questi ultimi anni. Inutile girarci intorno, contributi cinematografici a parte, per le opere prime, un certo numero di sale che stanno chiudendo in tutta Italia, e non solo, il futuro risiede proprio nelle serie ospitate da Netflix, Sky, Mediaset, Rai e via di questo passo.

«L’idea principale – ha spiegato il produttore al Nuovo Quotidiano – è quella di utilizzare “Vecchia” e “Vocettina” intanto come strutture ricettive, ponendo anche attenzione a soluzioni complementari o alternative: ospitare personalità di statura internazionale o impiegare queste due accoglienti location come set per film o serie».

 

 

RITORNO ECONOMICO, NON SOLO…

L’eventuale ricaduta in fatto di immagine ed economia. «Dopo il successo di una serie – riprende Marco Chimenez – il pubblico si incuriosisce, anzi fa di più, visita quei luoghi, il set, fino a restare affascinato da quanto lo circonda». Fa un paio di esempi, il produttore, parte da “White Lotus”. «La seconda stagione – spiega – girata in Sicilia e ha interessato turisti arrivati dagli Stati Uniti; “Benvenuti al Sud”, prodotto da Cattleya, girato a Castellabate, in Cilento: il successo del film interpretato da Bisio e Siani cambiò l’economia del posto: la Puglia è già un marchio importante, va da sé che da un eventuale successo – parliamo di ipotesi – lo stesso territorio, principalmente il Salento, se ne gioverebbe».

Dunque, il Salento non come “Gomorra” o “Romanzo criminale”, ma una cartolina vista con gli occhi di un produttore. Uno che per fare questo mestiere deve avere innanzitutto fiuto, provare ad arrivare con il pensiero, il progetto, il sogno, laddove altri non possono neanche pensare di aggrapparsi minimamente.