E’ Vieste la star del turismo

Bari registra il maggior numero di arrivi, Lecce quello delle presenze

“Arrivi” e “presenze” confermano che la Puglia è sempre più una destinazione di riferimento sia a livello nazionale che internazionale. «La crescita del turismo straniero, rafforzata dalle ottime performance di mercati emergenti come Polonia, Argentina e Brasile, testimonia l’efficacia della nostra strategia di promozione all’estero», sostiene Gianfranco Lopane, assessore al Turismo della Regione Puglia

 

La Puglia, turisticamente parlando, spicca il volo. Cambia, in qualche modo, la geografia delle città più visitate in questo 2024. I dati, secondo i dati forniti dall’Osservatorio regionale del Turismo della Puglia (PugliaPromozione), sono stati presentati al TTG Travel Experience di Rimini, considerato a ragione il punto di riferimento per le analisi legate al turismo.

In totale, raccontano i dati forniti dalla Regione Puglia, da gennaio ad agosto sono arrivate nella nostra regione ben 4.234.445 persone, per un totale di quindici milioni di presenze. Due dati sostanzialmente in crescita. Uno dei primi dati che salta agli occhi è un sensibile calo delle presenze degli italiani. Leggera flessione. Se c’è, invece, un exploit, bene, quello riguarda gli stranieri: +20,1% rispetto allo scorso anno, nel periodo da gennaio ad agosto 2023. Il mese con più arrivi, ma non avevamo dubbi a riguardo, è stato agosto. Nonostante i vantaggi più volti espressi riguardo vacanze ragionate e meno dispendiose, i turisti coniugano il periodo di vacanze con il mese di agosto. Dello stesso avviso, gli italiani.

 

 

TUTTI I NOMI

Facciamo i nomi. E’ Bari la città con più arrivi: 573.000 totali. Vieste si conferma come la località con più presenze. Sul podio degli “arrivi”, si conferma anche Vieste e Lecce. A seguire, Monopoli e Ostuni. Scorrendo la classifica dei primi posti, troviamo Gallipoli: nona. Se diamo un’occhiata alle “presenze”, scopriamo invece che Vieste ha la meglio su Bari e, a seguire, su Ugento, Lecce e Gallipoli, che se la giocano meglio in virtù delle vacanze più lunghe fatte nelle città di mare. A nostro avviso – ma non è confutare proiezioni e sondaggi di PugliaPromozione – mancherebbero cittadine come Alberobello, Martina Franca e Locorotondo. Ma è un punto di vista, nessuno in Puglia può lamentarsi. Tutt’altro.

Ma torniamo a cifre e percentuali fornite da PugliaPromozione. Nei primi otto mesi del 2024, si è registrato un significativo incremento sia degli “arrivi” (4.234.000) che delle “presenze” turistiche (15.339.000). Gli arrivi hanno fatto segnare un aumento pari al +9%, mentre le presenze hanno registrato un incremento del +4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La crescita ha interessato sia i turisti italiani che stranieri. Questi ultimi hanno evidenziato un aumento maggiore: +20% per gli “arrivi” e +15% per le “presenze”. I flussi turistici nazionali registrano un incremento del +3% per gli arrivi a fronte di un andamento stazionario delle presenze.

 

 

SETTEMBRE-OTTOBRE, PREVISIONI

Settembre e ottobre, in una sorta di previsione, descrivono una crescita degli arrivi del +4% e un mantenimento dei valori dello scorso anno per le presenze. Nel periodo gennaio-agosto 2024, in fatto di “arrivi” sono stati registrati incrementi superiori al 10% nei mesi di marzo (periodo pasquale), maggio e giugno. Nei mesi di luglio e agosto gli arrivi sono cresciuti del +3,5% e le presenze hanno mostrato una sostanziale stabilità (+1%), con una buona performance del mercato estero che ha compensato il rallentamento interno. «Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti dal turismo pugliese nei primi mesi del 2024 – dichiara Gianfranco Lopane, assessore al Turismo della Regione Puglia – in quanto crescita di “arrivi” e “presenze” conferma che la Puglia è sempre più una destinazione di riferimento sia a livello nazionale che internazionale».

 

 

CONCLUDENDO…

«La crescita del turismo straniero – riprende Lopane – rafforzata dalle ottime performance di mercati emergenti come Polonia, Argentina e Brasile, testimonia l’efficacia della nostra strategia di promozione all’estero. Allo stesso tempo manteniamo alta l’attenzione sul mercato nazionale, sui flussi italiani, e lavoriamo per garantire una crescita sostenibile e rispettosa delle comunità locali e dell’ambiente, a partire dalle iniziative volte alla valorizzazione dei nostri Prodotti turistici di punta; adesso ci attende una nuova ed importante sfida, che passa anzitutto dalla collaborazione con gli operatori, le amministrazioni, le imprese pugliesi e le associazioni di categoria; puntiamo a favorire percorsi di qualificazione dell’offerta attraverso l’organizzazione turistica dei nostri territori; a breve avvieremo incontri mirati in questo senso e ci saranno novità interessanti».    

Troupe Tg3 aggredita, muore autista

Ahmad, circondato da gente esasperata, crolla per infarto

Lucia Goracci racconta l’esperienza drammatica vissuta insieme con i suoi due compagni di viaggio. «Hezbollah non c’entra nulla, si è trattato solo di uno sfogo senza alcun risvolto politico», spiega. «Abbiamo perso uno splendido compagno di lavoro, profondo e dotato di grande dolcezza», prosegue la giornalista Rai. La scia di sangue non si ferma…

 

Troupe del Tg3 Rai aggredita in un villaggio del Libano appena bombardato. La notizia la fornisce per primo il notiziario di rete. Notizia di prima mano fornita dalla stessa Lucia Goracci, una delle giornaliste italiane più impegnate nel raccontarci i danni che provocano i conflitti in Medio oriente, in particolare quelli che sta provocando quest’ultimo conflitto con Israele impegnata in una guerra senza un attimo di pausa a Palestina e Libano.

Durante il Tg3 di martedì scorso, la Goracci racconta l’aggressione. Non è l’unica ad averla subita, c’è purtroppo anche un morto nella troupe, Ahmad Akil Hamzeh, l’autista colpito da infarto che scortava la giornalista e Marco Nicois, il cameraman.

«Siamo a nord di Sidone – racconta in una concitata diretta al Tg3 Lucia Goracci – sul luogo del bombardamento; la nostra presenza era stata segnalata dal fixer, Kinda Mahaluf, a Hezbollah. Marco, il cameraman, stava riprendendo quanto accaduto senza problemi, la gente, disperata, ci parlava; quando ad un certo punto è spuntato un uomo che ha tentato di strappare la telecamera all’operatore: avvertendo questa minaccia siamo tornati in auto pronti per allontanarci in fretta».

 

 

UN RACCONTO DOLOROSO

Prosegue il racconto. «In quel momento sono arrivati altri, anche loro a spintonarci, mentre il primo uomo insisteva provando a scagliarci contro una grossa pietra; scena controversa: c’era chi lo tratteneva – spiegandogli il nostro lavoro – e chi lo aizzava; siamo andati via veloci in auto, mentre sempre lo stesso uomo – quando il nostro autista si è fermato ad un distributore – ci è venuto addosso, ha strappato le chiavi dalle mani all’autista tentando di rompere la telecamera a Marco, tutto questo infilandosi all’interno del mezzo attraverso i finestrini aperti: nessuno, nel frattempo, ci veniva in aiuto».

Gli aggressori non avevano insegne – racconta l’agenzia Ansa – non erano armati, ma la paura fa presto a salire in zona di guerra e, prima che venisse alla luce che si trattava solo di uno sfogo disperato, Ahmad, l’autista libanese, si è accasciato a terra, stroncato da un infarto. Per l’inviata Lucia Goracci, Marco, l’operatore, e Kinda, la fixer, rimasti incolumi, sono stati minuti da incubo, con il fiato sospeso anche ai piani alti della Rai.

L’episodio ha inizio in una concitata mattina alle nove, a Jiyeh, città tra Beirut e Sidone. Nell’inaudita gragnuola di fuoco sul Libano, un bombardamento aveva già centrato e disintegrato alcune case. Al Tg3 hanno intenzione di documentare, mantenendosi a distanza di sicurezza e con tutti i permessi necessari, l’avanzata della minaccia israeliana. In tutte le zone costiere l’Idf ha diramato uno stato di allerta ai residenti. La giornalista prova a rivolgere una domanda a una donna.

 

 

AHMAD, IL CUORE NON HA RETTO

Ed è proprio in quel momento che un certo numero di persone esagitato si scatena contro la troupe. L’impressione che i tre, giornalista, operatore e autista, abbiano a che fare con bande armate politicizzate. La troupe si rifugia nel mezzo: uno degli aggressori, il più esagitato, è trattenuto da alcuni e istigato da altri. Vuole rendere inutile la telecamera, così scaglia un sasso all’interno del mezzo.

Ahmad, autista esperto, fede sciita, sa come controllare i nervi. Senza agitarsi più di tanto, mette in moto l’auto e si dirige verso Beirut, inseguito dall’aggressore più scatenato che segue la troupe a bordo di uno scooter. Forse per ricondurre l’uomo che più degli altri appare esasperato alla ragione, o forse perché accusa i primi sintomi di quello che sarà un malore fatale, si ferma ad una stazione di servizio. Prova a parlare con l’uomo, vorrebbe forse ridurlo alla ragione, ma non ci riesce. Qualche momento dopo, a causa di una cardiopatia e alla paura, Ahmad si accascia a terra: è il suo ultimo segno di vita.

«A chiamare l’ambulanza – ha raccontato alla stessa agenzia Ansa Lucia Goracci – è stato lo stesso aggressore, poi dileguatosi mentre sul posto si raccoglievano un po’ di persone che hanno tentato invano di soccorrere Ahmad».

«Hezbollah non c’entra nulla – conclude Goracci – si è trattato solo di uno sfogo senza alcun risvolto politico, frutto della tensione diffusa tra la popolazione delle aree sotto attacco; tutto si è svolto nel giro di pochi minuti: Ahmad era uno splendido compagno di lavoro, profondo e dotato di grande dolcezza». E, purtroppo, aggiungiamo noi, la scia di sangue non si ferma davanti al povero, incolpevole Ahmad. 

In Puglia l’ultimo femminicidio

Quarantaquattro delitti, vittime donne succubi della violenza degli uomini

«Mi voleva uccidere, mi ha chiuso in auto tra le fiamme», Maria Arcangela prima di morire. E’ l’ultima donna sulla quale si è abbattuta la furia omicida del marito. E’ accaduto domenica sera a Gravina di Puglia. Prima l’uomo ha lanciato l’auto contro un muro, darle fuoco e simulare un incidente. La poveretta era riuscita ad uscire dalla vettura, ma una volta raggiunta è stata soffocata. Un breve video inchioda l’uomo, che quindici anni prima aveva accoltellato il figlio

 

Ma basta. Ancora un femminicidio. La follia omicida di un uomo che si scaglia contro una donna per sopraffarla, per cancellarla dall’esistenza e dal futuro. Con quello accaduto a Gravina di Puglia domenica sera, sarebbero quarantaquattro gli episodi finiti nella tragedia, che hanno come protagonisti uomini sull’orlo di una crisi di nervi e donne, inermi, incapaci di difendersi, di tentare la pur minima difesa.

Perché non hanno il fisico, né il lontano sospetto che l’uomo, nel caso della sessantenne Maria Arcangela Turturo, suo marito, il sessantacinquenne Giuseppe Lacarpia, avesse in mente un piano diabolico. Lacarpia, dicono le cronache, aveva pensato di simulare un incidente: scagliare la sua vettura contro un muro e dare fuoco al mezzo con dentro la moglie. Purtroppo per lui, e soprattutto per la donna, il disegno criminoso non si è concretizzato: la vittima è riuscita ad uscire dalla macchina, ma è stata raggiunta dal marito che ha approfittato delle sue condizioni (ridotta in fin di vita): Lacarpia, nemmeno lontanamente mosso a compassione, si è seduto con tutto il suo peso sul corpo della donna per stringerle forte il collo.

 

 

«MA COSA FAI?», UNA COPPIA RIPRENDE L’ACCADUTO

Una coppia di fidanzati, insieme con un amico, hanno visto tutto, hanno perfino ripreso il tentativo di omicidio, diventato poco dopo omicidio a causa delle ferite riportate dalla donna. Quindici secondi che inchiodano inequivocabilmente l’uomo che quindici anni prima era stato condannato per aver sferrato una coltellata al figlio messosi in mezzo ad un altro furioso litigio.

«Mi voleva uccidere, mi ha chiuso in auto tra le fiamme», sono le ultime parole che Maria Arcangela ha  appena sibilato a un poliziotto e poi a sua figlia, in ospedale. Lacarpia che lunedì avrebbe dovuto sottoporsi a una visita per problemi neurologici, si diceva, avrebbe fatto finire l’auto contro un muro. Una volta scagliato il mezzo contro l’ostacolo, avrebbe chiuso la donna nella vettura e acceso il fuoco. Quando la donna, nonostante le ustioni, è riuscita a uscire dall’abitacolo dell’auto, l’uomo l’ha bloccata sull’asfalto, ponendosi su di lei con un peso enorme, un corpo di quasi cento chili. La povera Maria Arcangela, trasportata d’urgenza in ospedale purtroppo non ce l’ha fatta: è morta nel nosocomio, riuscendo però a raccontare cosa fosse accaduto in quei momenti drammatici e così concitati. A testimoniare i fatti, si diceva, un filmato di una quindicina di secondi ripreso con un cellulare da una coppia di fidanzati che, in quel momento, passava da lì e spaventata da un’auto in fiamme.

 

 

«SOFFRIVA DI SINDROME DEPRESSIVA»

A nulla è valso il tentativo di urlare al sessantacinquenne «Ma cosa stai facendo?». La donna appena soccorsa, con un filo di voce ha rivelato ai suoi ai soccorritori: «Mi voleva togliere davanti!». A quanto emerso qualche ora più tardi, le liti in famiglia sarebbero state spesso causate dai debiti che l’azienda di Lacarpia, impegnato nell’allevamento di mucche e produzioni casearie, aveva contratto.

L’uomo, inoltre, era finito a processo anche per maltrattamento di animali. Nel procedimento penale, svoltosi lo scorso gennaio sulla base di una perizia disposta dal tribunale di Bari, Lacarpia era stato dichiarato incapace di stare in giudizio, con invalidità per sindrome depressiva.

Nel 2024 sono state almeno quarantaquattro le donne uccise da mariti, compagni, ex, nel nostro Paese. Non è il caso di applicare misure restrittive alle prime denunce, ai primi segnali di insofferenza? Specie quando un uomo, come nel caso dell’omicida di Gravina presentasse scompensi psichici spesso sfociati in episodi di inaudita violenza.

“Salvata” da un terremoto

Guardia Perticara, provincia di Potenza, cinquecento abitanti

A centotrenta chilometri da Taranto. Prima un salto a Matera, poi a Stigliano, fra paesini e colline. Finalmente ecco quella cittadina risorta dopo il disastro dell’Irpinia. Restituito il suo aspetto medievale, fra vicoli stretti e case di pietra. Da non perdere…

 

Niente da fare, i veri gioielli stanno a Sud. A Su dell’Italia e a Sud del mondo. Basta prendere la Puglia, e non per campanilismo, ma – un tempo si diceva – dove caschi, caschi bene: dalla provincia di Foggia al Tacco della regione, la provincia di Lecce. Poi vogliamo parlare delle altre località, dall’entroterra alle zone collinari e di mare? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma il Sud è unico. Con il passare degli anni, dei decenni e, diciamolo, dei secoli, abbiamo assistito a una vera desertificazione dei nostri luoghi a causa di un motivo al quale non si può contrapporre nemmeno il più razionale dei ragionamenti: la fame. Se non mangiavi almeno un pasto al giorno, era finita. Abbiamo raccolto storie di famiglie numerose che mandavano i propri figlioli dalle nonne, dalle zie, a causa della scarsa disponibilità di materie prime: il cibo. Era triste.

Questo partire per il Nord in cerca di fortuna, ha fatto in modo che molte delle cittadine del nostro circondario non fossero rase al suolo e cementificate. Uno dei motivi: nell’immediato circondario non esistevano risorse per essere autosufficienti, in quello che era un tacito scambio “dare avere”: io produco più grano, ti do farina; tu olio e barbabietole, mi dai lo zucchero.

 

 

C’E’ UN MOTIVO, ANZI DUE…

E allora, secondo motivo: non c’erano risorse e nemmeno tempo per abbattere quelle cittadine desolate, avvitate in posti che nessuno si sarebbe lontanamente sognato. Premessa doveroso anche stavolta, per introdurre l’ultimo dei gioielli nel quale stavolta intendiamo accompagnarvi. La cittadina è Guardia Perticara, cinquecento abitanti, provincia di Potenza. Dunque Basilicata, ma confinante con altri piccoli comuni in provincia di Matera. Da Taranto dista centotrenta chilometri, poco più di un’ora di auto. Pare abbia compiuto e superato da poco il millennio, mille anni portati in modo rispettoso.  

Lo stemma, il gonfalone e la bandiera, come ci ricorda Wikipedia, sono stati concessi proprio di recente, aggiungiamo noi, e precisamente con decreto presidenziale nel 2004. Sfondo azzurro sul quale campeggia una torre d’argento su un monte verde a tre cime, sormontata da una stella dorata. Non è un caso che la cittadina oltre a Perticara, si chiama anche Guardia: la torre cui accennavamo, è una delle sette guardiole – quelle torrette con feritoie riservate alle sentinelle in difesa delle fortezze – poste a difesa del territorio comunale.

 

BENEDETTI SITI…

In questi giorni è tornata ad interessarsi a questo affascinante comune lucano anche il sito “True Riders”. Con un esaustivo servizio, se n’è occupato Alessio Gabrielli, che spiega: “il viaggio per raggiungere Guardia Perticara parte da Matera, la celebre città dei Sassi; quando ti trovi a Matera non puoi che ammirare le sue meraviglie; dopo una passeggiata per i vicoli di una delle città più famose al mondo (Matera, appunto n.d.r.) occorrerà percorrere strade panoramiche che attraversano la campagna lucana, un panorama  che vi accompagnerà per tutto il viaggio”.

Ad un certo punto, commenta il cronista, il paesaggio si fa più aspro, fino ad arrivare a Craco, il famoso borgo fantasma che sorge arroccato su un colle (e del quale qualche tempo fa abbiamo anche scritto (“Che tesoro che sei”, febbraio 2022 https://www.costruiamoinsieme.eu/che-tesoro-sei/).

 

 

…“COSTRUIAMO” COMPRESO

Dopo aver visitato Craco, la tappa successiva è Stigliano: colline, boschi e paesini, immersi in una natura incontaminata. Da Stigliano, verso Guardia Perticara: uno dei borghi più belli d’Italia: vallate, colline, un panorama che pare dipinto a mano tanto sprigiona fascino. Benvenuti a Guardia Perticara, gioiellino avvitato incastonato fra le montagne e noto per le sue case in pietra e i vicoli minuscoli, stretti e belli a vedersi.

Gli studi, indica ancora Wikipedia, fanno pensare ad una forte influenza greco-ortodossa attorno al X secolo.

Ma è nel XVIII secolo che Guardia Perticara entra a far parte del dipartimento di Maratea come feudo del marchese d’Altavilla, prima che fino al 1806 andasse nelle mani degli Spinelli. Purtroppo, nel 1857, un violento terremoto causa poco meno di un centinaio di vittime per danneggiare vistosamente la struttura urbanistica. Nel 1980, la svolta. Ancora un terremoto, quello dell’Irpinia. In quel momento il borgo trova la forza di progettare il recupero dell’antica dimensione architettonica e artistica, che restituisce al centro storico la sua antica forma medievale.

«Cambio vita, in meglio, spero…»

Trentasette anni, con marito e figli ha preso “la decisione della vita”

Andare in un Paese straniero è una decisione complicata. E’ piena di incognite, specie per una famiglia. Da una parte, i problemi, subordinati all’adattamento. Non è facile imparare una nuova lingua, inserirsi in una cultura diversa. Soprattutto per i figli che vanno incontro a un sistema scolastico e sanitario non sempre identico a quello di origine. Ma qui, è andata bene. La protagonista ha cominciato a pensare positivo…

 

Basta, faccio la valigia e parto. Quante volte abbiamo pensato a soluzioni così radicali. Chi poco, chi tanto. Col passare degli anni, è un’idea che si matura, spesso. Di storie simili ne abbiamo raccontato e continueremo a raccontarne. Quanti dei nostri ragazzi, ospiti nella nostra struttura ci hanno raccontato, emozionato, commosso, fatto piangere, pensando a quale viaggio (della speranza, abbiamo spesso sottolineato noi…) stessero per sottoporsi. Continueremo a farlo.

Stavolta però, la nostra attenzione si orienta verso un articolo apparso sulla stampa nazionale, sul Messaggero come sul Mattino, sulla filiera del Gazzettino. Parliamo di una stampa attenta, critica più di quanto non facciano quotidiano una volta molto, ma molto più considerati con il loro milione di copie vendute (altri tempi). Dunque, la storia è di quelle interessanti, trattata con particolare attenzione dal cronista che è intervenuto per raccontare la storia di una persona che un bel giorno (stando ai successivi risultati possiamo parlare di lieto fine…) ha preso una decisione di quelle importanti: dare una svolta alla propria vita, con la prospettiva di cambiare il futuro. Insomma, prendi la valigia, ci metti dentro l’essenziale, ti dai un’ultima occhiata a casa e te la lasci alle spalle.

 

 

DA SOLI E’ PIU’ FACILE…

Quando sei solo, sei sola. Ma quando hai una famiglia, un marito, quella decisione non pesa cinque volte tanto? Ecco, è quanto accaduto a una mamma, che ha convinto marito, che nel frattempo ha avuto un lavoro proprio lì, in Germania, e figli. E’ cominciato così il secondo capitolo della vita di Celia, trentasette anni.

Andare in un Paese straniero è una decisione che porta con sé tutta una serie di incognite, specie per una famiglia. Da una parte, i problemi, mica da poco, subordinati a quello che gli psicologi e il cronista, garbo e sensibilità, definisce “adattamento”.

Insomma, non è facile imparare una nuova lingua, inserirsi in una cultura diversa e, soprattutto per i figli, andare incontro a un sistema scolastico e sanitario non sempre identico a quello di origine. Le questioni legate alla ricerca di una casa, la costruzione di una nuova rete sociale, sicuramente possono provocare un dissesto all’interno del nucleo familiare: non parliamo di una, due persone, ma di un intero nucleo familiare.

 

 

CON UNA FAMIGLIA, NO

D’altro canto, una esperienza così totalizzante offre diverse opportunità di crescita. I ragazzi possono diventare bilingue, sviluppare una mentalità aperta e multiculturale, imparando a vedere il mondo da diverse prospettive (una cosa alla quale dovremmo spesso sottoporci con una certa umiltà…). Per papà e mamma, vivere in un altro Paese può significare nuove opportunità lavorative e personali, arricchire il proprio bagaglio di esperienze.

Celia, trentasette anni, ha cambiato radicalmente la sua vita quando, insieme alla sua famiglia, si è trasferita a Berlino dopo che il marito ha ottenuto un lavoro in Germania. Abituata ad un altro tenore di vita, altri ritmi, altra cultura, Celia ha trovato sorprendente la grande indipendenza dei bambini nella capitale tedesca. Con il tempo, ha imparato a mettere da parte l’ansia genitoriale, dando ai propri figli la libertà di crescere in modo autonomo. Fine della storia. Nemmeno per idea. La storia è appena cominciata, Ma è già a lieto fine.