Francesco Ricci, ammiraglio e curatore dell’antica roccaforte tarantina
«Più di un milione di visitatori. Un successo dovuto a capacità e abilità delle nostre guide. Ottime cifre nonostante lockdown e distanziamento sociale. L’importanza dell’apertura alla città fortemente sostenuta dall’ammiraglio Salvatore Vitiello. La mostra su Alexandre Dumas promossa dal giornalista Tonio Attino, il libro di Tom Reiss e il lavoro di Mina Chirico. Qui è stato prigioniero il Conte di Montecristo…»
Francesco Ricci, ammiraglio e curatore del Castello aragonese, da anni uno dei principali attrattori turistici italiani. A novembre dello scorso anno il traguardo del milione di presenze, primato perfezionato negli anni, con centotrentamila visite gratuite in un solo anno, dalle nove e trenta del mattino alle tre di notte. Nonostante il Covid-19, nel mese di agosto, poco meno di ottomila sono stati i visitatori, grazie a diciassette turni giornalieri, più i quattro previsti in queste settimane, da quando cioè il Castello ospita la mostra “Oltre il muro, Dumas”, dedicata al generale di colore che nell’antica roccaforte fu prigioniero dal 1799 al 1800, promossa insieme con l’associazione Amici del Castello della quale è presidente il giornalista Tonio Attino.
Ammiraglio, cominciamo dal successo registrato in questi anni dal Castello, una vertiginosa escalation in fatto di visite.
«Da quando abbiamo aperto alle visite nel 2005, il Castello ha registrato oltre un milione di visitatori, traguardo raggiunto a novembre dello scorso anno; mediamente, nell’ultimo periodo, abbiamo contato qualcosa come centotrentamila visitatori l’anno; purtroppo, causa Covid-19 e conseguente lockdown, abbiamo chiuso la struttura dal 23 febbraio al 30 giugno; alla sua riapertura, a seguito delle norme sul distanziamento sociale, abbiamo ridotto il numero di visitatori e aumentato quello delle visite guidate, passate dalle nove giornaliere precedenti al coronavirus alle attuali diciassette, cui vanno aggiunte le quattro riservate alla mostra dedicata ad Alexandre Dumas, ispiratore del Conte di Montecristo, il più grande romanzo dell’Ottocento scritto dallo stesso figlio del primo generale coloured della storia».
Dovessimo tracciare il profilo del visitatore medio, da dove viene e cosa lo spinge ad entrare nel Castello.
«Un buon 70% è costituito da turisti, il restante 30% da tarantini; gli stranieri sono rappresentati dal 10-15%, percentuale ridotta causa coronavirus; negli ultimi due anni, grazie alla politica di grande apertura nei confronti della città, adottata dall’ammiraglio Salvatore Vitiello, si è registrato un deciso incremento dei visitatori tarantini; il visitatore medio, il più delle volte viene al Castello senza sapere fino in fondo cosa in realtà lo attenda, tanto che a fine giro esprime commenti di meraviglia e sorpresa, puntualmente riportati nei nostri registri, ma anche in rete su Tripadvisor e Google. Il motivo di questo successo penso risieda nella capacità e nell’abilità delle nostre guide, e per quello che la Marina militare ha fatto e fa per il Castello aragonese».
Ammiraglio Ricci, lei è un perfezionista. Potesse migliorare un aspetto del suo lavoro?
«Tutto è perfezionabile, il Castello aragonese è un’impresa in continuo divenire; tre le attività fondamentali: restauro, ricerca archeologica, visite guidate. Anno dopo anno abbiamo aumentato efficienza ed efficacia di queste attività, incrementate in maniera notevole a testimonianza dei risultati conseguiti e dalle reazioni positive di quanti hanno visitato il Castello; l’aspetto fondamentale di questo successo – che mi auguro possa essere sempre migliorato – credo sia costituito dalla motivazione che anima tutto il personale che opera con me; questo, infatti, condivide l’idea che valorizzare il Castello significhi difendere la cultura italiana, dunque difendere il nostro stesso Paese, l’identica missione della nostra Marina. E, alla fine, i visitatori avvertono tutto ciò e restano affascinati nel vedere una Forza armata nella difesa della cultura».
Nelle ultime settimane la stampa ha prestato massima attenzione alla mostra “Oltre il muro, Dumas”, allestita in queste settimane.
«Il merito di questa mostra va attribuito al giornalista Tonio Attino, presidente dell’associazione Amici del Castello, nata nel 2014 per aiutarci nella promozione, nella valorizzazione e nella ricerca di fondi per la ricerca archeologica; è stato lui, insieme, animatore, ideatore e assertore dell’iniziativa: affascinato dalle vicende del primo generale di colore della storia, non solo europea, Attino ha lavorato tantissimo nel sormontare difficoltà di ogni tipo – anche una certa dose di indifferenza – per realizzare alla fine qualcosa di importante che vedesse al centro del progetto la figura del grande ufficiale dell’esercito napoleonico; lui stesso ha coinvolto un grande disegnatore, Nico Pillinini, che ha fatto rivivere la nelle sue tavole i sedici mesi di prigionia del generale, vicenda che ha poi ispirato il romanzo “Il conte di Montecristo”, scritto dal figlio, Alexandre Dumas».
Anche la mostra ha avuto una fonte di ispirazione.
«Tom Reiss, sì, autore e vincitore del prestigioso Premio Pulitzer con il libro “The Black Count”, il Conte nero, pubblicato in Italia con il titolo “Il diario segreto del Conte di Montecristo”. Prima della pubblicazione, Reiss, che aveva studiato la vicenda di Dumas, è venuto a Taranto per visitare il Castello; personalmente conoscevo la storia in modo marginale e lacunosa, avendo letto solo qualcosa su “Storia Militare di Taranto negli ultimi cinque secoli” di Carlo Giuseppe Speziale; non nascondo di aver fornito informazioni generiche, anche se, a quel punto, dopo la visita dello scrittore americano ci siamo attivati per acquisire qualsiasi tipo di informazione riguardo Dumas; prezioso l’impegno della studiosa Mina Chirico, che ci ha fornito materiale dell’Archivio di Stato di Taranto e trascritto – cosa di importanza fondamentale – documenti del ‘700, che vi assicuro non è una cosa semplice; acquisendo, infine, il rapporto che il generale compilò al termine della sua prigionia».
Ancora un prezioso lavoro di squadra.
«Con questo studio siamo riusciti a contestualizzare le vicende del generale nel Castello e ad individuare la prigione in cui è stato rinchiuso per sedici mesi, dal suo arrivo all’assegnazione dei locali di prigionia, dai tentativi di assassinio ai rapporti con gli elementi filo-francesi vivi e presenti a Taranto, e, ancora, il duello con il Marchese della Schiava, il castellano, con cui il generale aveva avuto un rapporto difficilissimo, infine il trasferimento di Dumas a Brindisi e la conclusione della sua prigionia: documenti che gettano nuova luce sui principali eventi che hanno riguardato il primo valoroso ufficiale mulatto della storia. Il figlio, scrittore di successo, ha idealizzato la figura del padre, uomo coraggiosissimo, spadaccino formidabile, riverberando il suo carattere nelle figure di D’Artagnan e Porthos, e in quella di Edmond Dantès, protagonista del romanzo “Il Conte di Montecristo”, ambientato nel castello d’If. Senza ombra di dubbio, però, l’opera che ha ispirato Dumas figlio, prende le mosse dalla prigionia del celebre papà nel Castello aragonese di Taranto».