Scagionato dopo trentatré anni l’allevatore sardo

Estraneo ai fatti, qualcuno aveva intossicato le indagini. Dopo tantissimi anni, chi aveva rivolto l’accusa, ha ritrattato. Centrale la figura del suo difensore e dei suoi consulenti. «Nessuno potrà restituirmi quello che ho perso in tutti questi anni, a partire da una famiglia: non sento rabbia, ma ora voglio riposarmi mentalmente…»

 

Beniamino Zuncheddu, sardo, pastore all’epoca dei fatti, cinquantanove anni, più della metà dei quali trascorsi in carcere. Il suo, è il più lungo errore giudiziario della storia della Repubblica italiana. Trentadue anni recluso ingiustamente. Lo ha stabilito la Corte d’Assise d’Appello di Roma. Beniamino è stato assolto nel processo di revisione per la strage di Sinnai, in Sardegna, in cui furono uccisi tre pastori. Alla fine di novembre, per lui era arrivata la prima bella notizia: poteva uscire dal carcere, sull’istanza di libertà condizionale inoltrata dal suo avvocato, Mauro Trogu. Ma, da oggi, Zuncheddu non solo è un uomo libero, ma è anche ufficialmente innocente.

Ad accusare l’ex pastore, era stata la testimonianza dell’unico sopravvissuto all’agguato: Luigi Pinna. Proprio Pinna, dopo circa trentatré anni, roso dai morsi della coscienza aveva rivelato presunte pressioni ricevute nell’indicare l’allevatore – ventisette anni all’epoca dei fatti – come colpevole del triplice omicidio. Queste pressioni sarebbero state esercitate da una terza persona, protagonista della vicenda: Mario Uda, ex ispettore di polizia, che invece aveva manifestato la sua estraneità circa l’esito delle indagini.

 

 

ESTRANEO AI FATTI

Zuncheddu, estraneo ai fatti, purtroppo era stato condannato all’ergastolo. Solo grazie alla decisione dei giudici, che hanno accolto la richiesta di sospensione della pena, l’uomo è uscito dal carcere per tornare, finalmente, un uomo libero. Ci sono voluti trentatré anni per stabilire la verità, dopo che nel gennaio del ’91 era finito in manette con l’accusa (e la successiva condanna) di triplice omicidio.

«Nessuno potrà restituirmi quello che ho perso in tutti questi anni, a partire da una famiglia: non sento rabbia, perché credo siano state vittime anche quelle persone che mi hanno accusato: non per colpa loro, ma di un poliziotto che ha esercitato “ingiustizia” e non quella giustizia che ognuno di noi invoca».

«Avrei voluto costruire qualcosa – prosegue Zuncheddu – essere un libero cittadino come tutti: trent’anni fa ero giovane, oggi, purtroppo, sono vecchio, un uomo segnato da un grave dolore, che ha convissuto con il tormento dell’innocenza e a cui pochi, negli anni, avevano creduto: mi sento derubato del bene più prezioso, trentatré anni di vita; non scrivete “trent’anni”, per arrotondare la cifra: ho sofferto per trentatré lunghi anni, giorno dopo giorno: qualcuno mi ha sussurrato che almeno ho potuto sentire la Corte rimettermi in libertà: e se questa sentenza non fosse mai arrivata, nonostante la mia innocenza? E se non ce l’avessi fatta e per il dolore non fossi sopravvissuto a a quei trent’anni di supplizio? Cosa farò adesso: la prima cosa a cui penso, è il massimo riposo mentale, non penso ad altro».

 

 

«UOMO STRAORDINARIO», DICE IL LEGALE

«Beniamino, una persona straordinaria, non meritava quanto subìto – dichiara l’avvocato Mauro Trogu, difensore di Zuncheddu – insieme con i consulenti, che mi hanno sostenuto in questa battaglia, ci siamo convinti nell’intimo dell’innocenza di Beniamino: le carte parlavano di prove a carico del mio assistito assolutamente contraddittorie; le indagini difensive hanno dimostrato la falsità di quelle prove a suo carico, restavano pertanto solo quelle a suo discarico: abbiamo conosciuto Beniamino, persona incredibile, tanto che mi auguro a chi abbia anche un minimo dubbio sulla sua innocenza, possa prendersi un caffè insieme al sottoscritto che sarà felice di sciogliere anche quest’ultimo dubbio».

Un plauso, dunque, alla difesa di Zuncheddu, all’avvocato Mario Trogu, che ha dimostrato la totale estraneità del suo assistito ai fatti del ’91, facendo del povero Beniamino – come si diceva – non solo è un uomo libero, ma ufficialmente anche un uomo innocente.