Ancora bombe, ancora stragi: San Pietroburgo.
Altra bomba, altri morti, altri feriti. Ancora nessuna rivendicazione.
Questa volta è toccato a San Pietroburgo, in un tunnel della metropolitana, raccogliere il sangue di innocenti. Un pacco o una valigetta carica di tritolo e chiodi ha dilaniato un vagone uccidendo dieci persone e ferendone cinquanta. La pista è, come sempre, quella terroristica anche se questa volta viene esclusa la pista del kamikaze votato a qualche martirio: solo un pacco lasciato sotto un sedile per uccidere.
Un’altra bomba, posizionata in un’altra stazione della metropolitana (nel frattempo evacuata), è rimasta inesplosa e disinnescata dalla polizia. Ordigni artigianali, ma con un grande potenziale omicida soprattutto se posizionati dove non c’è via di fuga. Una strategia vigliacca per fare più male possibile fra la gente comune. Un modo, diventato ormai di moda, per dire “io ci sono!”. Putin era a San Pietroburgo, la città in cui è nato, dove aveva in programma un incontro con il presidente bielorusso Alexander Lukashenko. E tante cose non succedono per caso. Soprattutto in un Paese come la Russia da anni votata alla repressione del dissenso da qualsiasi parte arrivi. Aleksey Navalny, blogger russo, è stato arrestato nel pomeriggio del 26 marzo, a Mosca in piazza Triumfalnaya. L’accusa è quella di aver manifestato contro la corruzione di Stato. Con lui sono stati fermati o arrestati, solo nella capitale russa, oltre 1000 manifestanti. 130 sono stati gli arresti a San Pietroburgo e centinaia quelli eseguiti in altre città. È stata la più grande manifestazione nel paese da 5 anni a questa parte. Nel 2012 la classe media scese in piazza contro il Cremlino per presunte frodi nel voto alla Duma. Ma lo scenario è completamente cambiato – dopo Crimea, Siria, e Trump. La crisi economica si trascina da tre anni. E stavolta anche se non mancano gli slogan politici anti-Putin, al centro della protesta c’è il disagio sociale che cresce. E il bersaglio è il premier col suo governo, poco amati per i drastici tagli al welfare.
Certo, il ruolo della Russia in Siria non è secondario, ma pare che Putin debba preoccuparsi più del fronte interno anche se, una buona manipolazione mediatica, in un Paese che pone censure all’informazione, forse tenterà di spostare l’attenzione sul “nemico” esterno, magari islamizzando una bomba confezionata in casa e utilizzando il solito piatto servito dal Califfato, pronto ad arruolare ex post i propri martiri pur di stare sulla scena, oppure partirà con una seria e severa campagna di criminalizzazione di chi pacificamente contesta il sistema corruttivo che governa il Paese.
Comunque sia, oggi sono rimasti dilaniati dieci corpi di persone innocenti che hanno perso la vita in un vagone della metropolitana.