Tunisino, ventuno anni, rischia il rimpatrio
Accusato per il furto di un cappotto con il quale ripararsi dal freddo, una sentenza ne dispone il rimpatrio. Repubblica mette al centro del suo giornale il tema dell’inclusione di extracomunitari. Mai rubato quel cappotto, il ragazzo, ancora minorenne fu fermato e poi rilasciato. Dopo un corso con Cannavacciuolo un posto di lavoro accanto a uno chef. Poi un giudice che si pronuncia. Proviamo a riesaminare il caso. Gli avvocati difensori e Baobab Experience, si oppongono
Sta per lasciare l’Italia, a meno di una sterzata all’ultimo momento per riesaminare il caso in seguito a fatti nuovi, il povero Hamdi, il ventunenne tunisino, che anni fa non ancora maggiorenne tentò il furto di un cappotto. Aveva freddo.
Un colpo andato a vuoto, e che risale a tempo fa. Nonostante ciò, il ragazzo, pur avendo un posto fisso in un ristorante italiano, potrebbe pagare le conseguenze di quanto accaduto anni addietro a causa di quel mancato furto. La legge è uguale per tutti, si dice. Non è compito nostro porre al centro di un tema così delicato la giustizia, ma evidentemente le ristrettezze cui fa riferimento la sentenza in questione, tiene conto, senza “se” e senza “ma”, dello status di extracomunitario di Hamdi.
Insomma, un sogno spezzato, come scrive Alessandra Ziniti nel suo articolo pubblicato da Repubblica. Hamdi, arrivato in Italia, con un provvedimento del governo italiano potrebbe essere rimpatriato con l’accusa di “tentato furto”.

REPUBBLICA RIPRENDE IL CASO
In men che non si dica, scrive il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, Hamdi sarebbe passato nel giro di poche ore dalla Scuola di cucina della “Fondazione Barilla” al Cpr di Potenza con un ordine di rimpatrio che potrebbe essere eseguito nei prossimi giorni se il suo ricorso al giudice (sostenuto dall’Associazione Baobab Experience di Roma), non venisse accolto.
“Il giudice – scrive Alessandra Ziniti – ha disposto l’immediato rilascio del giovane tunisino seppure con un decreto che lo invita a lasciare l’Italia in sette giorni perché il suo permesso di soggiorno è scaduto. Gli avvocati, però, hanno già presentato richiesta di protezione internazionale”.
Dopo quella storia, Hamdi aveva messo la testa a partito. Non solo aveva cominciato un percorso di inclusione, ma aveva partecipato a corsi di gastronomia, tanto da avere davanti una carriera da chef. Fra pochi giorni, Hamdi avrebbe iniziato a lavorare in un ristorante importante, dopo aver compiuto un primo incoraggiante percorso, poi uno stage sotto la direzione di Antonino Cannavacciuolo.
Insomma, un sogno che si trasforma in incubo. “Un sogno della sua vita – riprende Repubblica – interrotto bruscamente dall’ordine di rimpatrio per un tentato furto di una giacca commesso a diciotto anni quando, mandato via al compimento della maggiore età dalla comunità che lo accoglieva, rimase per strada d’inverno al freddo”.

ANDREA E BAOBAB, “NON CI STIAMO!”
Andrea Costa di Baobab Experience, che aveva raggiunto Potenza per sostenere Hamdi, racconta quella prima storia, quella che tutti noi vorremmo cancellare. “Ci stiamo abituando a convivere, per parafrasare Hannah Arendt, con “la banalità del male”: Tolgono la protezione ad Hamdi perché al compimento del diciottesimo anno di età fu buttato in strada dal centro per minori dove lo avevamo fatto accogliere dopo averlo trovato, a sedici anni, durante il Covid, in mezzo a una strada”.
“Aveva freddo – prosegue Costa nel racconto – e provò a rubare una giacca da Zara, furto che non avvenne; per questo motivo lo rinchiudono in un Cpr e, oggi, vogliono rimpatriarlo: nel frattempo, Hamdi, ha studiato, fa teatro, è stato scelto dalla “Fondazione Barilla” per un super corso di cucina a Parma e la settimana prossima avrebbe cominciato a lavorare con uno chef stellato a Rimini…”.
Speriamo di non aver scritto dell’ennesimo sogno infranto. Sarebbe una grave sconfitta, non solo per Hamdi, ma per tutti.