Un datore di lavoro gioca un brutto scherzo a un suo dipendente
Versa circa mille euro, il TFR, con l’equivalente di novantamila monetine e un biglietto: «Vai a fare…» . Al giovane dipendente non va giù. Denuncia, inchiesta ed intimazione di pagamento: quarantamila! Tanto è costato all’uomo il mandare al diavolo un proprio dipendente
«…Frégati!». Più o meno questo, per dirla all’inglese, il messaggio di un datore di lavoro che ha liquidato un suo dipendente con novantamila monetine. L’idea avrà fatto sorridere il titolare dell’attività che a quell’idea ci avrà pensato giorno e notte, fra un ghigno e una risatina. Evidentemente quel dipendente, fiscale nelle sue ore di lavoro come nei suoi diritti, era uno che non si faceva passare tanto facilmente la mosca da sotto al naso.
Finito per finito il rapporto di lavoro, il giovane disoccupato ha informato l’Ispettorato del lavoro che ha fatto le sue ricerche. Avete presente la pallina di neve che scivola da una montagna e arriva a valle che è valanga. Ci verrebbe da dire “Così impara, quello sciocco guascone!”, invece dispiace perfino sapere che una guasconata, appunto, è finita peggio di quanto il “poverino” pensasse.
La storia, individuata da Edoardo Ciotola per “Tuttonotizie”, comincia proprio dal proprietario dell’officina che, per canzonare un proprio dipendente rompiscatole, gli ha elargito l’ultimo stipendio con oltre novantamila monetine, con allegato un biglietto con insulti. Per il meccanico sembra che la storia finisca con il suo dipendente che si porta via, in carriola, il suo ultimo stipendio, quello di fine rapporto. Invece, pochi mesi dopo, la polizia bussa alla sua porta. Purtroppo per lui non ci sono buone notizie.

«COSE CHE SUCCEDONO…»
«Chi lavora nel settore privato – scrive Ciotola – potrebbe aver avuto una cattiva esperienza con il suo ex datore di lavoro; alcuni contratti terminano anzitempo o non vengono rinnovati a scadenza; motivi più disparati, fra questi l’incompatibilità che si viene a creare tra le due parti, datore e dipendente; più di qualcuno ha avuto un’esperienza simile o conosce qualcuno rimasto in pessimi rapporti con chi gli corrispondeva lo stipendio a fine mese: fa parte della natura umana e difficilmente potranno esserci cambiamenti nel futuro prossimo».
Insomma, a dimostrazione che, ancora oggi, molti rapporti lavorativi finiscono nel rancore, c’è la storia di Andreas, ex dipendente di un’officina in Georgia, negli Stati Uniti. Mesi fa la sua ultima busta paga di un’officina per la quale aveva lavorato alcuni mesi: 915 dollari. Un corrispettivo che il giovane dipendente ha giudicato troppo basso tanto da denunciare l’accaduto all’equivalente americano del Ministero del Lavoro. «Il mio datore di lavoro non mi ha versato il TFR, il trattamento di fine rapporto».
Da qui le notti insonni del suo datore di lavoro, fatte di esclamazioni del tipo «Vai a fidarti di chi ha bisogno di lavoro!», «Proprio vero, il personale è il nemico pagato!» e, ancora, «Ripaghi la mia generosità con questa moneta?». Moneta, ecco, deve essere scattato qualcosa nella testa dell’uomo non appena ha pensato a quella parola: moneta.

«GLIELA FACCIO PAGARE!»
Il giorno dopo comincia la sua personale battaglia contro Andreas. Un giorno dopo l’altro, il datore non si sa come, riesce a mettere insieme più di novantamila pezzi da un centesimo. Con tutte quelle monetine, con allegato biglietto, gli pagherà il Trattamento di fine rapporto. L’uomo, ostinato, si procura una carriola, carica i novantamila pezzi – resi viscidi anche per essere stati trattati con olio per motori, insomma un datore sui generis – e glieli versa nel vialetto che porta a casa sua. Non finisce qui: fra le monete, il giovane meccanico trovato un biglietto con dedica, molto pesante: «Vai a fare in c**o!». Andreas a questo punto si dimostra quel ragazzo pignolo che il suo datore aveva conosciuto sul posto di lavoro: denuncia l’episodio alla polizia che collabora con il Ministero del Lavoro.
Dopo qualche mese, la doccia gelata. L’ex datore di lavoro non aveva “pagato in maniera corretta” Andreas e altri otto dipendenti. Nello specifico, non avrebbe pagato regolarmente tutte le ore di straordinario, che per la legge americana hanno un costo più alto, considerandole “normali”. Fatti ulteriori accertamenti, si è scoperto inoltre che il proprietario dell’officina avrebbe dovuto corrispondere al ragazzo altri ottomila dollari, più altri seimila agli altri otto dipendenti che non erano stati pagati regolarmente. Se a queste cifre aggiungiamo i danni per il ritardo nel pagamento, si arriva presto a qualcosa come 40.000 dollari. Quel “Vaffa!” avrà alleggerito di molto il peso del datore di lavoro, ma in quanto a dollari, anche in questo caso l’uomo avrà alleggerito le proprie tasche. Morale della vicenda: Ma paga! Un assegno arrotondato a mille dollari e stop, chi si è visto si è visto. Invece? Invece, “Frégati!”. Chi dei due è rimasto…scottato?