Massimo Brambati e i medicinali presi da calciatore
«Assumevo Micoren come fossero caramelle, ora mi affido al Signore». «Col passare del tempo devi vedere l’effetto di certi integratori», aggiunge Dino Baggio. «Dobbiamo chiederci perché si verificano queste morti premature, in un’età piuttosto giovane», l’opinione del romeno Florin Raducioiu
Domenica sera durante la Domenica sportiva su Raidue, un breve salotto su un tema che andrebbe approfondito. Quello del doping o presunto tale, esercitato nelle infermerie del calcio. In tv sono in pochi ad assumere posizioni significative. Pochi, nomi che si possono contare sulla punta delle dita di una mano: Massimo Brambati, Dino Baggio, Florin Raducioiu. Dopo la prematura scomparsa di due grandi ex calciatori come Mihajlovic e Vialli, il mondo del calcio torna ad interrogarsi. L’argomento andrebbe trattato con la massima cura, magari ponendo il tema al centro di un lungo dibattito. Sicuramente con ex calciatori, ma anche con chi si occupa di Medicina dello sport, possibilmente non legato a questa o a quella federazione.
E non per mancanza di fiducia, ma per avere un’idea complessiva e finalmente totale di cosa abbia potuto rappresentare fare ricorso ad “aiutini”, una volta consentiti, ora banditi categoricamente, per ottenere prestazioni sportive superiori a quelle degli avversari. Così si va dal Micoren, «che assumevo come fossero caramelle» dice Brambati, a diserbanti e «flebo di color rosa» secondo Baggio. Ma Brambati nel suo intervento al “Processo” televisivo su 7Gold, ha pure aggiunto: «Certe cose che ti portavano a prestazioni straordinarie dovevi prenderle, altrimenti il primo ad arrabbiarsi era il tuo allenatore».
ZEMAN, LOTITO…
«Anche nel calcio c’è del marcio – dice il giornalista Pier Augusto Stagi, in una riflessione su TuttobiciWeb – quindi doping: ma non è una notizia, anche perché, è bene ricordarlo, così tanto per rinfrescare le memorie, l’Acqua Acetosa nel 1998 fu chiusa per provette di calciatori sparite o mai processate. Oggi riaffiora preoccupazione (eufemismo) dopo le gravi perdite di Mihajlovic e Vialli. Il presidente della Lazio Claudio Lotito è stato il primo ad alzare la testa e a dire una cosa simile a quella di Zeman sempre nel ’98. Il boemo all’epoca ammonì tutti con il celebre “il calcio deve uscire dalle farmacie…”, Lotito ha ripuntato il dito accusatorio dopo la morte di Mihajlovic con un “forse queste malattie sono legate alle cure dei calciatori”».
Dino Baggio, ex giocatore, tra le altre, di Juve, Inter, Lazio e Parma oltre che della Nazionale, e Florin Raducioiu, l’ex attaccante rumeno di Bari, Verona, Brescia e Milan. «C’è sempre stato l’antidoping – ha spiegato l’azzurro ad Andrea Schianchi sulla Gazzetta dello Sport – comunque sia, robe strane non sono mai state prese perché c’è sempre una percentuale che tu devi tenere. Però col tempo bisogna vedere se certi integratori fanno bene oppure no».
Se si trattava sempre di sostanze lecite? Chiaro che sì, assicura Dino Baggio. «Sì. Integratori, per la maggior parte. Figuratevi se i medici ci davano sostanze dopanti: avevamo controlli ogni tre o quattro giorni. No, semplicemente vorrei sapere dagli scienziati se gli integratori che prendevamo, a lungo andare, possono creare problemi nel nostro corpo. Sono preoccupato, lo ammetto. Tanti morti, persone ancora giovani, non sono normali. Un’indagine seria andrebbe condotta».
«TROPPE MORTI PREMATURE»
E poi c’è Florin Raducioiu. «Dobbiamo chiederci perché si verificano queste morti premature, in un’età piuttosto giovane – ha detto l’ex attaccante rumeno ai microfoni di ‘Sport Report’ su Orange Sport – Sono sincero, anche io ho preso dei medicinali e parlerò con il medico che ci seguiva per sapere che sostanze ho preso. Ci hanno detto che erano vitamine, glucosio. Ricordo che la sera prima della partita in albergo facevamo flebo con questo liquido rosa. A Milano prendevamo altre cose, pillole. L’ho detto prima e dopo la morte di Gianluca Vialli, c’era anche Gheorghe Popescu».
Infine ancora Brambati, uno molto schietto quando si tratta di parlare di calcio e non solo di calcio. Torna sui medicinali e la dice tutta. «Anche io ho paura», ha dichiarato al “Processo” su 7Gold l’ex calciatore, tra le altre, di Bari, Torino, Empoli, Lucchese e Palermo. «Lo dissi venti anni fa, e ricevetti una lettera della Figc che mi minacciava perché avevo detto in tv che prendevo Micoren come caramelle e avevo prestazioni eccezionali: ora sono nelle mani del Signore». E non che tutto questo non fosse vero. Ma, magari, con quella lettera la Figc chiedeva al calciatore di non creare allarmismi. Ipotesi. Fatto sta che stiamo vivendo un altro momento buio del calcio. Specie in Italia, dove a tenere banco non è solo il doping amministrativo di alcune squadre della massima serie. Ma anche quello che forse, e sottolineiamo forse, preoccupa più di ogni altra cosa: la salute. La salute, che rappresenta in assoluto il valore in assoluto più importante, rispetto ai bilanci delle società sportive.