“Ho incontrato Costruiamo Insieme nel periodo più brutto della vita”
Piove a dirotto a Bitonto e Adel arriva all’appuntamento con quaranta minuti di ritardo dopo che per telefono mi ha chiesto la cortesia di aspettarlo. Ha tanta voglia di raccontare anche la sua storia dopo aver letto tutte le storie che abbiamo raccolto e pubblicato.
E’ arrivato in Italia nei primi anni novanta dalla Tunisia, poco meno di 30 anni fa ed oggi considera Bitonto la sua seconda città e l’Italia la sua seconda patria. Oggi Adel ha 50 anni e conosce parla cinque lingue.
“Certo –racconta- i primi tempi non sono stati facili. Notti trascorse a dormire per strada, un pasto caldo alla mensa della Caritas e, col tempo, la solidarietà di amici e connazionali che mi hanno ospitato in casa. Nel frattempo, lavori saltuari, occasionali, il minimo per sopravvivere”.
Sempre a Bitonto conosce Rosa, si innamorano, si sposano.
Un matrimonio che per Adel significa anche ottenere il permesso di soggiorno, quei documenti che finalmente gli consentono di emergere dal sommerso nel quale è stato costretto a lavorare fino ad allora.
Adel e Rosa arricchiscono la loro famiglia con tre figli mentre lui gira l’Italia per svolgere diversi lavori soprattutto mettendo a frutto le sue competenze nel settore elettromeccanico rinvenienti dal Diploma conseguito in Tunisia.
Ma la vita gli riserva brutte sorprese: il suo secondogenito, Alessandro, nato con una lesione celebrale provocata dal mancato afflusso di ossigeno al cervello al momento del parto, muore a soli 19 anni e, nello stesso periodo, muoiono in Tunisia uno dei suoi cinque fratelli e la cognata.
“E’ stato il periodo più brutto della mia vita, mi sentivo perso, sconfitto, avevo perso la voglia di andare avanti nonostante gli sforzi di mia moglie e delle mie figlie. Mia figlia Annalisa, che oggi ha 25 anni, ha anche lasciato gli studi per starci vicina e per assistere la sorellina Cosma Damiana che ha 5 anni ed è affetta da sindrome di Down.
Ma è proprio in questo momento che mi è capitata una cosa inaspettata che mi ha cambiato la vita, non solo la mia, ma anche quella della mia famiglia”.
Gli occhi gli si illuminano, appare in volto una felicità che spezza la tristezza della narrazione che fino ad allora aveva segnato il nostro incontro. Non lo interrompo, resto attento di fronte alla sua inarrestabile voglia di raccontare.
“Vito Masciale, Presidente dell’ASP Maria Cristina di Savoia di Bitonto, mi ha presentato il Direttore Generale di Costruiamo Insieme, una Cooperativa Sociale che opera anche nel settore dell’accoglienza dei migranti. Maurizio Guarino, nonostante io stessi attraversando un brutto periodo per le vicende familiari o, non so se proprio per questo, mi ha offerto un lavoro come operatore e mediatore nella sua Cooperativa. Ricorderò quel giorno per tutta la vita e ancora oggi ringrazio Dio tutti i giorni per aver fatto trovare sulla mia strada queste persone straordinarie. Maurizio, la Presidente Nicole, Barbara mi hanno restituito quella voglia di vivere che avevo perso. Ormai da tre anni lavoro stabilmente con loro e adoro il mio lavoro. Non smetterò mai di ringraziarli per questo!”.
Conosco bene Costruiamo Insieme e le sue pratiche di integrazione reale, la voglia quotidiana di poter dare risposte e soluzioni a quanti sono portatori di problemi e il racconto di Adel non è che una conferma.
E Adel è uno dei tanti operatori di Costruiamo Insieme che spesso, anche fuori dal suo orario di lavoro, si presta a dare supporto agli ospiti delle strutture.
Ma è la naturalezza con la quale Adel dice di adorare il suo lavoro che mi incuriosisce e mi spinge a chiedergli perché.
“Io non ho dimenticato le mie origini, la mia storia. Ho lasciato la Tunisia trent’anni fa perché non vedevo un futuro per me in quel Paese e capisco le ragioni di tutte le persone che lasciano i loro Paesi per diverse ragioni. Non è solo la guerra ad ammazzare le persone, le persone muoiono per condizioni di povertà estrema, perché perseguitata e, soprattutto i giovani, perché nei loro Paesi non hanno futuro, la possibilità di dare un senso alla propria vita diverso dalle violenze e dai soprusi. Stare vicino, aiutare quanti riescono ad arrivare in Italia e sono ospiti dei nostri Centri di Accoglienza da un senso diverso anche alla mia vita, mi arricchisce, mi rende sereno, una persona completa. Vedere queste persone vittime della burocrazia mi rattrista perché in tanti sono costretti a lavorare in nero quando potrebbero avere un regolare contratto di lavoro. E quando li vedo uscire dalla struttura alle prime ore del mattino con i giubbini fluorescenti e le torce comprate ad un euro nei negozi cinesi per camminare al buio mentre si recano al lavoro, mi si stringe il cuore al pensiero che una burocrazia più efficiente potrebbe risolvere tanti problemi e dare dignità a tante persone”.
Cerco di dire ad Adel che il problema della burocrazia è generalizzato, colpisce tutti, anche gli italiani.
Mi interrompe con garbo e riprende il suo racconto: “Vedi, io vivo a Bitonto da 30 anni, conosco tanta gente e ho avuto la fortuna di incontrare Costruiamo Insieme per poter dire che oggi un futuro migliore ce l’ho e con me la mia famiglia. E posso dire che Bitonto è una città accogliente. Ma la gente, gli italiani, sono stanchi di vedere servizi che non funzionano, pensioni e stipendi bassi, e quando sento parlare di razzismo o di intolleranza penso che sia semplicemente una valvola di sfogo per non affrontare problemi reali che niente hanno a che fare con la presenza di migranti. In Italia, e questo vale per tutti, si parla sempre di doveri e sono d’accordo che vadano rispettati, ma quando si parla di diritti…”.
Adel mi confessa che ha la passione per il gioco del biliardo “perché è un gioco di precisione, di calcolo” e queste convinzioni le ha maturate nei luoghi di aggregazione che frequenta, luoghi “misti” come li definisce.
La sua voglia di raccontare è tanta ma, ormai, si è fatto tardi.
Mi chiede di ritornare a parlare sull’opportunità lavorativa e sulle prospettive di vita che ha ricevuto da Costruiamo Insieme e gli evidenzio che tanti suoi colleghi hanno alle spalle una storia di migrazione perché la Cooperativa “accoglie”, non “raccoglie”.
Alla fine patteggiamo e saluta le persone che porta nel cuore in un video messaggio.