A ottantaquattro anni venerdì 24 febbraio si è spento il popolare giornalista
Il suo impegno più forte: la lotta alla Mafia. Amico di Giovanni Falcone, Cosa nostra gli “dedicò” novanta chili di tritolo in un attentato. «Matteo Messina Denaro aveva fatto un sopralluogo al teatro Parioli: sarebbe stata una strage», disse. I programmi televisivi, le invenzioni in radio e tv, e altri episodi passano in secondo piano rispetto al coraggio che mostrò negli Anni Novanta. Il cordoglio del presidente Mattarella e Maria Falcone
«Mi risulta dai magistrati di Firenze che Messina Denaro sia venuto al Teatro Parioli di Roma, durante il Maurizio Costanzo Show per vedere se si poteva fare lì l’attentato: sarebbe stata una strage. Invece decisero di farlo quando uscivo dal Parioli», raccontò un giorno in una intervista, Maurizio Costanzo, il giornalista morto venerdì 24 febbraio. Aveva ottantaquattro anni, una vita dedicata al giornalismo, a radio e tv. Bene ha fatto il Corriere della sera, a ricordare che aveva scritto e condotto programmi ottimi e meno ottimi, buoni e meno buoni. Quando sdoganò il trash in “Buona domenica”, cambiò tutto. Aveva svoltato e dato voce a una tv “mordi e fuggi” che non aveva più niente a che fare con “Bontà loro”, “Acquario” e “Grand’Italia”, i primi talk-show televisivi. Anche lì, ci volle una torta rovesciata addosso al presentatore da Marina Lante della Rovere, nei panni di una cameriera fra i tavolini del programma televisivo, per capire che stava cambiando un mondo.
C’è stato sempre uno spartiacque nella vita di Costanzo. Quando il personaggio si impossessava dell’anima geniale del giornalista, era la fine. Pur di restare a galla, Costanzo dava l’impressione di accettare piccoli compromessi, contrabbandandoli con «una televisione che sta cambiando», quando la tv degli ultimi cinquant’anni l’aveva scritta lui, compresi gli “acchiappascolti” di Maria De Filippi, sua moglie.
VA BENE I PERSONAGGI, MA…
Costanzo ha lanciato decine di personaggi, Vittorio Sgarbi e Fiorello, Enzo Iacchetti e Giobbe Covatta, Valerio Mastrandrea e Ricky Memphis; anche un esercito di personaggini degni di Lilliput, il paese inventato da Jonathan Swift nei Viaggi di Gulliver. Molti fra questi ultimi si sono persi per strada, pensando di aver dato un senso alla loro vita. Dunque meriti, ma anche qualche scheggia impazzita sulla coscienza.
Qualcuno nello scrivere di Costanzo ha menzionato la tessera della P2 di Licio Gelli. Vero, passò i suoi guai, molti colleghi si indignarono; altri, come Gigi Vesigna, direttore di TV Sorrisi e canzoni (ai tempi dei tre milioni e mezzo di copie settimanali), ed Enzo Tortora, suoi amici e per questo ancora più incazzati, non gliele mandarono a dire: gli scrissero “lettere aperte”, condannandolo senza appello. La colpa di Costanzo era stata quella di assicurare che con Gelli e “Propaganda 2” (questo il significato di P2) non c’entrasse nulla. Salvo, qualche giorno dopo, rilasciare una lunga intervista, con tanto di riprese video, al quotidiano “Repubblica” di Eugenio Scalfari. Apriti cielo.
Noi, invece di scrivere tutte le imprese “grandi ascolti”, le sue invenzioni televisive, maneggiamo qualcuno dei suoi impegni sociali, il più coraggioso: quello contro la mafia. Un impegno così forte – come confermato dagli inquirenti – da essere indicato da Cosa Nostra un bersaglio da colpire, costasse quel che costasse. Costanzo, insomma, aveva posto sul piatto della bilancia la sua vita sfidando la mafia. Amico di Giovanni Falcone, aveva condotto numerose battaglie a favore della Sicilia.
«IO E LA MAFIA…»
«Perché la mafia scelse proprio me? Io faccio il giornalista, avevo molto parlato di mafia al Maurizio Costanzo Show e la mafia si difese a modo suo. Arrivavano lettere con la mia testa in un vassoio, che mandavo alla Digos». Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in queste ore ha espresso il suo cordoglio per la scomparsa del popolare presentatore. «Non esitò – il pensiero di Mattarella – a schierarsi con coraggio contro la criminalità mafiosa, che reagì rabbiosamente organizzando un attentato contro di lui».
«Ricordo con gratitudine – spiegava Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone – quando fu concretamente vicino a mio fratello dandogli voce e spezzando così l’isolamento che soffriva in quella fase della sua vita: il suo impegno nella lotta alla mafia e nel far crescere la consapevolezza degli italiani sulla criminalità organizzata, che gli costò un terribile attentato, conferma quanto fosse prezioso il suo lavoro, una carriera che lo ha visto protagonista e innovatore dell’informazione italiana».
MATTEO MESSINA DENARO, ARRESTATO
L’ultimo evento epocale vissuto da Costanzo, proprio l’arresto di Matteo Messina Denaro, il mese scorso a Palermo, dopo trent’anni di latitanza. «E’ la dimostrazione che lo Stato ha vinto e soprattutto che non è colluso, ma ci tengo a ringraziare molto anche i Carabinieri: quando ho appreso la notizia dell’arresto mi sono emozionato, io per fortuna sono qui e posso essere testimone di questa giornata storica».
Maurizio Costanzo ospitò il giudice Giovanni Falcone (ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992). Un messaggio chiaro contro la criminalità, in un momento storico difficile come quello dei primi Anni Novanta, che rende Costanzo un bersaglio. Il 14 maggio 1993, infatti, una “Fiat Uno” imbottita di novanta chili di tritolo esplode a Roma in via Fauro proprio mentre transita l’auto con a bordo Costanzo e la moglie, Maria De Filippi. I due coniugi restano incolumi. Costanzo in un’intervista definisce quel giorno come «…il più brutto e il più bello della mia vita: la mafia mi dedicò 90 chili di tritolo mentre tornavo a casa in macchina con Maria; il bello è stato accorgerci che eravamo vivi».