Stefania Baldassari, consigliere comunale
«Non facciamo teoria, occorre un impegno da parte di tutti e la creazione di una rete sociale». La candidatura e l’impegno da consigliere comunale. «Sono al servizio della città, la politica strumento per il confronto e il rispetto dei diritti».
Stefania Baldassari, direttore della Casa circondariale di Taranto, candidata sindaco della coalizione di centrodestra, oggi consigliere comunale. Partiamo dall’argomento accoglienza. Un secolo fa gli italiani emigravano in terre lontane appellandosi al diritto a una vita migliore; oggi che sarebbe un dovere, qualcuno si smarca da responsabilità.
«Non è il mio caso, intanto perché l’argomento mi vede coinvolta anche come direttore della Casa circondariale di Taranto. Se l’accoglienza – è di questo che parliamo – sul territorio non presenta una condivisione a 360 gradi, questa diventa un problema che, purtroppo, ha come risultato finale la convergenza all’interno di quel contenitore che considero un “minestrone sociale”; all’interno della Casa circondariale finisce tutto quello che non può essere gestito a seguito della mancanza di un’attività di coordinamento che andava condivisa. Questa mancanza di contatto fra i diversi interessati alla soluzione del tema-immigrazione, infatti non ha fatto altro che generare un problema dietro l’altro; talvolta per alcuni soggetti l’esperienza migratoria si è conclusa con la detenzione, quando la missione umana da svolgere dovrebbe essere un’altra. Avvertiamo l’assenza di una gestione ragionata di chi arriva nel nostro Paese. Accoglienza, a mio avviso, invece, significa riconoscimento della dignità di ciascun soggetto attraverso una programmazione più corale. Ciò detto, ben vengano i Centri nei quali ospitare migranti, ma attiviamoci nella creazione di una rete sociale di supporto affinché l’accoglienza non sia solo teorica, ma sostanziale».
E veniamo all’attività politica. Qual è stata la molla che l’ha convinta a candidarsi a sindaco di Taranto e affrontare, in una sfida all’ultimo voto, un ballottaggio con l’attuale primo cittadino, Rinaldo Melucci?
«Il senso di appartenenza a questo territorio. La voglia di contribuire, mettermi al servizio dei miei concittadini, provare a scrivere una nuova pagina per una città che, purtroppo, continua a presentare diverse problematiche; solo parte di queste sono state affrontate: il resto di queste, richiede una presa di coscienza, è necessario amministrare a 360 gradi senza distinzioni politiche. Taranto, è bene dirselo, è una città che chiede risposte a domande che non possono più attendere».
Si ricandiderebbe?
«La spontaneità con la quale ho accettato di candidarmi a sindaco, considerando lo scenario odierno, non sarebbe più tale: la mia è stata una candidatura al buio, non conoscevo a fondo cosa significasse la politica, mentre dal primo momento era fin troppo chiaro cosa volessi fare per questa città. Mi sono invece resa conto che le condizioni sottese alla candidatura, alla voglia di fare insieme, alla voglia di creare dei percorsi, per altri erano rappresentati da interessi diversi: per qualcuno emergeva la sola voglia di trovare un carro sul quale salire per essere accompagnato una volta di più a fare una politica poco al servizio del bene comune e molto per i propri interessi.
Dal punto di vista umano è stata un’esperienza forte: ti segna, ti fa guardare con altri occhi persone che consideravi amiche, così da aver collezionato una delusione dietro l’altra. In sostanza, una lezione più umana che politica».
Che aria tira nella politica locale. E’ stata considerata una sorta di stampella per questa Amministrazione comunale.
«Uno degli insegnamenti di vita me lo ha lasciati mio padre: qualsiasi cosa un giorno tu faccia nella vita – ebbe a dire – ricorda che solo se sei libera potrai fare; se non sei libera ti faranno fare; in sostanza: resto libera, qualsiasi cosa io possa fare per il bene di questa città, secondo una modalità per il perseguimento del bene comune, la farò; il tutto, beninteso, nel rispetto di lealtà, dignità, coerenza, tutte cose che mi caratterizzano: non mi farò imbrigliare da dinamiche di partito o appena sottese. Andrò a parlare con il sindaco della mia città, Rinaldo Melucci, tutte quelle volte che parlare con il primo cittadino possa essere utile per contribuire al bene comune. Stampelle, terze, quarte gambe, non so nemmeno cosa siano e non mi interessa saperlo».
Di cosa necessità la città.
«L’ho ribadito a chiare lettere nell’ultima fase della mia esperienza in qualità di candidato-sindaco, proprio uno degli ultimi giorni relativi al periodo di ballottaggio: la prima che farei fatto per Taranto, dissi, sarebbe stato ripulirla, intanto, dal punto di vista materiale: è evidente il degrado, specie in quelle che vengono definite periferie; poi ripulirla nell’approccio con la “cosa pubblica”, ancora oggi fatta di pregiudizi, prevenzioni, dinamiche che non aiutano a crescere come invece si dovrebbe; forse solleciterei – anche se oggi sono soddisfatta che questa sia più di una ipotesi – un tavolo permanente per la problematica Ilva: il cittadino deve sentirsi parte integrante per la soluzione delle problematiche che riguardano ambiente, salute, il lavoro, senza sentirsi orfani di un riferimento sicuro al quale appellarsi: l’idea, sbagliata, è che se c’entra la politica non si fa più l’interesse della città; la politica, invece, deve essere strumento attraverso il quale i problemi di un territorio, di una regione, di un Paese, vanno risolti. Chiunque entri a fare politica deve mettersi a disposizione per la soluzione delle necessità reclamate dai cittadini».