Clima caldo
Donald Trump è convinto che l’economia americana si possa rilanciare a danno dell’ambiente e del futuro del nuove generazioni e decide di sconfessare l’accordo di Parigi sull’abbattimento delle emissioni in atmosfera per recuperare posti di lavoro nelle miniere.
Il carbone è di gran lunga il più inquinante dei combustibili fossili, perché produce il doppio di anidride carbonica rispetto al gas a parità di energia prodotta. Ma non è per questo che l’industria energetica gli ha voltato le spalle. È il costo per chilowattora dell’elettricità che conta, e il carbone è stato semplicemente scalzato da fonti di energia più economiche.
A gennaio la Cina ha annullato la costruzione di 104 nuove centrali a carbone e vuole investire 361 miliardi di dollari (pari a metà del bilancio militare degli Stati Uniti) in energie rinnovabili da qui al 2020. Il governo cinese spende così tanto perché è giustamente terrorizzato all’idea degli effetti del riscaldamento globale sull’economia della Cina, e in particolare sulle sue riserve alimentari.
Come gli indiani, gli europei e praticamente chiunque altro, i cinesi stanno mantenendo il loro impegno nei confronti degli obiettivi climatici concordati a Parigi nel dicembre 2015.
La scelta di Trump ha un suo aspetto positivo: il resto del mondo si è ricompattato riportando al centro del dibattito un tema che sembrava essere passato in secondo piano.
Ma il clima è caldo anche per il susseguirsi di atti terroristici che ieri hanno colpito l’Inghilterra e l’Afghanistan.
A Londra, in serata, un furgoncino è stato lanciato tra la folla ed una cellula terroristica è entrata in azione armata di coltelli, l’arma per eccellenza del sacrificio.
A Kabul, sempre ieri, il terzo attentato messo a segno in pochi giorni ha fatto contare 20 morti.
Ma la strategia del terrore colpisce anche senza armi o bombe e, forse, è questo il risultato più ambito.
Decine di migliaia di persone riunite per assistere ad un concerto rock in Germania sono state evacuate venerdì sera dopo che si era sparsa la voce di un possibile attentato.
Ieri sera, in piazza San Carlo a Torino, è bastato lo scoppio di un petardo perché si scatenasse l’inferno fra le migliaia di persone che gremivano la piazza per seguire la partita finale della Coppa dei Campioni. Il numero dei feriti, anche gravi, nella calca causata dal generale tentativo di fuga è ancora incerto.
Il clima è caldo e la paura è ormai parte integrante della quotidianità.