L’Europa non autorizza i voli a chi non è in possesso del visto
Barconi, scelta obbligata. «C’è chi muore perché non sa nuotare, scappa dalla fame e dalle persecuzioni». «I nostri passaporti servono solo per viaggiare in Africa e nemmeno in tutti i Paesi…». «Ho visto morire una bambina di due anni, risucchiata dal mare, davanti ai miei occhi e quelli della madre…»
«Venire in aereo in Italia ci costerebbe molto meno, ma c’è un motivo perché non lo facciamo: non possiamo farlo, ecco perché: avere il visto con il quale salire su un aereo è impossibile, così ci tocca viaggiare sui barconi, rischiare la vita, e pagare duemila euro».
Nei giorni scorsi il Corriere della sera ha posto l’accento su storie a lieto fine di extracomunitari che sono arrivati nel nostro Paese. Ragazzi che si sono industriati, messi sul mercato per fare lavori umili, assunzioni a spizzichi e bocconi, comunque attività che permettono di poter dividere le spese di un appartamento e poter mandare soldi a casa. In particolare hanno polarizzato la nostra attenzione due storie, quella di un senegalese e di un ghanese. Ragazzi, come molti dei quali sono passati dalla nostra cooperativa e che ci hanno raccontato storie terrificanti.
Anche due extracomunitari intervistati da Jacopo Storni, autore di un servizio molto interessante pubblicato dal Corriere della sera, hanno attraversato il Mediterraneo su un barcone. Esperienze con tanto di sciagure annesse, come vedere connazionali inghiottiti dal mare o, comunque, emigranti come loro che non hanno avuto la stessa sorte. Picchiati, ricattati, ammazzati.
CORSERA, IL RACCONTO
Uno di loro racconta di aver lasciato il Senegal perché nel suo Paese stava male, come la maggior parte dei suoi connazionali. Miseria, futuro incerto, genitori con salute cagionevole, male assistiti e, soprattutto assenza di lavoro, dunque nessuna risorsa economica. Il primo dei due aveva pensato anche di prendere l’aereo. Facile a dirsi, impossibile da mettere in pratica. Salire su un aereo e venire in Europa. «Sarebbe costato meno, poche centinaia di euro, di sicuro non i duemila euro come per il grande viaggio, quello al quale si sono sottoposti a milioni in questi anni: prima via terra e poi sul barcone. «Non ho nemmeno provato a bussare a una delle ambasciate europee – ha spiegato – per ottenere un visto, magari soltanto turistico, perché già sapevo, come tutti del resto, che le ambasciate europee, quei visti li negano a prescindere».
Viaggiare è impossibile – ricorda il Corsera – se non sei nato nel Paese giusto. Il Senegal, in questo senso, non è certo un Paese giusto. L’Italia invece sì. Esistono passaporti di serie A e passaporti di serie B, come riporta capillarmente la classifica di Passport Index. Con il passaporto italiano si possono visitare 174 Paesi. Con il passaporto senegalese soltanto 66, con il passaporto somalo 44 Paesi. Se sei nato in Africa, non si scappa, puoi viaggiare solo in Africa. Con il passaporto siriano e afghano si possono visitare 38 Paesi. Sono in molti, in Siria e Afghanistan a voler scappare dalla guerra e dai talebani ma non possono farlo. Possono arrivare in Europa solo per vie illegali e poi, una volta qui, chiedere un visto umanitario. Ma, attenzione, prima devono rischiare la vita superando frontiere, muri, mari e spendere migliaia di euro. E’ così si moltiplicano i trafficanti di uomini. Per dare un filo di speranza alla disperazione di questi ragazzi, si fanno dare soldi, tanti soldi, promettendo viaggi sicuri e nei quali, invece, come abbiamo visto di recente, si rischia la vita. E’ quanto accaduto ai migranti naufragati a Cutro, al largo di Crotone.
«ERAVAMO 120, SALVI IN 60!»
«Il barcone sul quale sono arrivato si è rotto: eravamo in centoventi, se ne sono salvati solo la metà. Una bambina di due anni è morta affogata di fronte alla mamma, ho visto la scena con i miei occhi. Un mio connazionale inghiottito dal mare: prima di morire mi aveva lasciato il numero di telefono di sua mamma e quello di suo babbo, per avvertirli nel caso fosse morto».
Storie che conosciamo, che abbiamo raccontato tante di quelle volte e che non sempre hanno intercettato la sensibilità dei politici. La tragedia sulle Coste calabresi, costata la vita a decine e decine di poveri ragazzi, donne e bambini, forse – e sottolineiamo forse con il dolore nel cuore – potrà avere insegnato qualcosa a quella gente che liquida vicende come questa e tante altre come una sciagura prevedibile. Provate a pensare anche per pochi istanti di stare dall’altra parte del Mediterraneo, in Africa: sotto le bombe, vittime di persecuzioni religiose o politiche, sottoposti a torture, alla mancanza di cibo e lavoro. Poi ne riparliamo.
E non per pochi istanti, ma per giorni e giorni, come quei giorni che in molti trascorrono fra onde del mare alte dieci piani, senza saper nuotare e, dunque, a stringersi all’imbarcazione per paura che sia arrivato il loro momento. E’ triste, vero? Diciamo, invece, che è una sciagura, una grave sciagura in una società nella quale si parla di libertà e di rispetto, mentre più di qualcuno ignora appelli e si gira dall’altra parte.